Forum Sardegna - lingue o dialetti?
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Nota Bene: Capoterra Durante il periodo dell’Impero Romano, il territorio di Capoterra, vive momenti di grande splendore e di importanza strategico- militare e commerciale. Lo dimostrano tracce di antiche ville romane, di fabbriche di vetro e terra cotta, che sicuramente primi sfruttamenti delle miniere sulle montagne. Dopo la caduta dell’Impero Romano e le prime invasioni barbariche, soprattutto ad opera dei Vandali la zona di Capoterra, come tutta la costa sarda, si spopola e il territorio di Capoterra perde l’antica importanza.



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robur.q

Utente Senior



Inserito il - 20/12/2009 : 11:17:44  Link diretto a questa discussione  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di robur.q Invia a robur.q un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Che cosa è una lingua e cosa un dialetto?
Abbiamo sentito spessissimo usare questi termini soprattutto in relazione al sardo, ma non solo, e le idee non sembrano essere sempre del tutto chiare.
Questo perchè i due termini hanno avuto un'evoluzione storica e perchè sulla materia linguistica si discute utilizzando punti di vista talvolta linguistici, talaltra sociolinguistici.
Il linguista Einar Haugen diceva che una lingua non è altro che un dialetto con un esercito e una flotta.
In effetti per la linguistica moderna non esiste alcuna differenza tra i due termini: qualunque “dialetto” è una lingua, nel senso che è un codice di comunicazione potenzialmente completo.
Si preferisce usare altre definizioni come “varietà” di una lingua. Ma queste varietà possono essere di vario tipo: diatopiche, legate al territorio, diastratiche, legate allo strato sociale, diacroniche, nel tempo, diafasiche, legate alla situazione d'uso, diamesiche (lingua scritta contro lingua parlata).
Facciamo un esempio legato all'italiano: conosciamo, per averle studiate, le varietà diacroniche dell'italiano da Dante ad oggi; abbiamo abbastanza chiare le differenze tra l'italiano scritto e parlato, tra l'italiano parlato da chi ha un'istruzione superiore e chi non ce l'ha, tra la lingua parlata in casa e quella parlata in un'aula di tribunale o universitaria, molto più controllata.
E le varietà diatopiche? Il napoletano, il veneto, il genovese, il corso sono varietà territoriali dell'italiano?
La risposta è no! Questi “dialetti” sono storicamente fratelli dell'italiano, non figli! Tuttalpiù sono figli del latino. L'italiano è l'evoluzione dotta di uno di questi idiomi: il toscano.
Per classificare in qualche modo questi “dialetti” che sembrano avere molte cose in comune e garantire un certo livello di intercomprensione, si usa la definizione di “sistema linguistico”. La vedremo meglio dopo.
Ma allora, quali sono le varietà diatopiche dell'italiano?
Quando un sardo parla in tv, lo riconosciamo subito: quale che sia il suo livello di istruzione, la fonetica (l'accento o cadenza) ce lo fa individuare immediatamente; poi la sintassi e anche il lessico sono tipici nella nostra regione, e non sempre l'influenza deriva dal sostrato, cioè dal sardo: non so se si usi ancora, ma fino ad alcune decine di anni fa, almeno a Cagliari, la tuta da ginnastica veniva chiamata “canadese”; questa parola non è stata certo mutuata dal sardo, ma non era compresa con questo significato in nessuna altra parte d'Italia! Questo è “l'italiano regionale di Sardegna” ed è una varietà diatopica dell'italiano. Ovviamente c'è la varietà romana, quella siciliana, quella milanese ecc: le riconosciamo facilmente.
Il principio fondamentale con il quale la linguistica cerca di classificare sistemi linguistici a vari livelli è la “differenziazione”.
E' un concetto di facile comprensione ma di non altrettanto facile canonizzazione.
Le lingue neolatine sono un gruppo ben definibile di idiomi all'interno del gigantesco gruppo indo-europeo. Ma all'interno del loro gruppo, le suddivisioni non sono così facili, perchè in realtà esisteva un continuum linguistico nel quale le varietà gradualmente si modificavano da un territorio a quello accanto. Questo fino alla contemporainetà, nella quale l'istruzione obbligatoria, il servizio militare obbligatorio e i moderni mezzi di comunicazione di massa hanno diffuso le lingue ufficiali dei singoli stati, interrompendo il continuum. In alcune zone la diffusione delle lingue di prestigio è iniziata parecchi secoli prima per il prestigio e la comodità dell'uso delle lingue delle corti monarchiche. Così il francese e lo spagnolo soprattutto, che hanno la loro origine nelle varietà diastratiche superiori delle varietà diatopiche dell'Ile de France e della Castiglia. Sono lingue d'origine “cortigiana”.
In questo panorama il sistema linguistico sardo è sempre emerso per le sue particolarità che lo hanno sempre differenziato dal resto delle lingue romanze; ciò era evidente sia per i sardi che per i non sardi. Il sardo è un sistema linguistico autonomo, sulla base del principio della differenziazione, su questo non ci sono dubbi.
Ma dal punto di vista sociolinguistico?
Facciamo un esempio col basco: il basco non è un idioma romanzo, anzi, non è un idioma indo-europeo, è un sistema linguistico isolato, perchè nonostante tutti i tentativi, non si è riusciti a trovare delle affinità con nessuna altra lingua al mondo. Che le varietà basche (peraltro di difficile intercomprensione reciproca) costituiscano un sistema linguistico autonomo, non c'è dubbio. Ma, dal punto di vista della percezione che i suoi stessi locutori hanno da sempre, il basco non è una lingua di prestigio, è un dialetto. Durante la dittatura di Franco non veniva insegnato e non aveva alcun riconoscimento ufficiale, la sua posizione dialettale nella società basca era obbligatoria. Oggi che il governo regionale basco attua delle energiche politiche di reintroduzione della lingua (la prima delle quali è stata la scelta di un modello standard intermedio tra le varietà più lontane), la lingua è conosciuta da un numero sempre maggiore di persone, insegnata spesso come prima lingua ai bambini, utilizzata come lingua ufficiale e di comunicazione amministrativa; eppure, nonostante questo impegno, sostenuto dall'opinione pubblica a larga maggioranza, i risultati sostanziali sono mediocri: si è impedito il declino ed addirittura l'estinzione, ma alla fine la maggior parte della popolazione basca, benchè felice di conoscere il basco e di poterlo parlare, continua nella sua vita di tutti i giorni a parlare spagnolo. Perchè il basco è lingua di identità ma non di comunicazione e di prestigio per la maggior parte delle persone. Il basco continua ad essere sociolinguisticamente “dialetto”.
Invertire questi processi sociali è estremamente difficile, a meno che non siano sostenuti da una fortissimo senso identitario (vedi ebraico) o da politiche coercitive. Gli altri esempi europei sono sulla stessa strada del basco: catalano, gallego, irlandese, scozzese, gallese, romancio, frisone, occitano ecc.
La situazione del sardo è assai simile a quella del basco (solo che noi lo standard ancora non lo abbiamo), ciò nonostante io credo che l'implementazione dell'uso del sardo sia una grande sfida culturale e politica per tutti noi: la perdita della nostra lingua storica sarebbe una menomazione gravissima del nostro patrimonio culturale, e della nostra identità di comunità politica. Ovviamente si può vivere senza lingua sarda, ma sarebbe una vita culturalmente molto più povera ed interromperebbe gran parte del legame che abbiamo con la nostra terra e il nostro passato.
Il primo passo non può essere che la scelta di un modello che abbia una qualche probabilità di essere percepito come prestigioso, ma anche che goda di una certa equidistanza linguistica tra le varietà estreme che sono anche varietà “antropologiche”. Qualsiasi altra scelta sarà legittima ma sostanzialmente velleitaria e avrà scarsissime possibilità di successo.








Modificato da - robur.q in Data 20/12/2009 11:18:21

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: assemini  ~  Messaggi: 1124  ~  Membro dal: 06/06/2009  ~  Ultima visita: 04/05/2013

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robur.q

Utente Senior



Inserito il - 21/12/2009 : 21:50:08  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di robur.q Invia a robur.q un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
beh? nessuna contestazione?????
me la passate così, liscia?
Turritano, dove sei finito? e Donovan?
in vacanza o in atmosfera natalizia?
e io passo ore a scrivere e nessuno mi
e che gusto c'è?
sono mortalmente offeso








 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: assemini  ~  Messaggi: 1124  ~  Membro dal: 06/06/2009  ~  Ultima visita: 04/05/2013 Torna all'inizio della Pagina

Turritano

Utente Virtuoso




Inserito il - 21/12/2009 : 22:52:45  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Turritano Invia a Turritano un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Hai ragione Robur
ma al momento sono troppo indaffarato .... un pò di pazienza e leggerai il mio commento e ... le mie "critiche"
Turritano








  Firma di Turritano 
Le dominazioni passano ... i Sardi restano!

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Sassari  ~ Città: Sassari  ~  Messaggi: 4480  ~  Membro dal: 13/01/2008  ~  Ultima visita: 04/10/2016 Torna all'inizio della Pagina

madalina

Nuovo Utente



Inserito il - 07/02/2010 : 00:11:40  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di madalina Invia a madalina un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
A proposito delle lingue e dei dialetti, come ha detto Robur. in Spagna abbiamo “il basco”, che è un altra lingua, o un “dialetto”, e la stessa cosa possiamo dire sul catalano. In Francia, abbiamo una varietà dei dialetti locali, e in quello che riguarda Italia, non credo sia necessario discuterne.
Ma, quello che pochi sanno è che sul territorio della vecchia Dacia (compreso addesso România e la Reppublica Moldavia), non ci sono dialetti, è solo una lingua.
Sicuramente, quelli dal’nord hanno un altro accento, o cadenza, però le parole sono le stesse. Quello che si parla à casa, s’impara alla scuola, quelli dall’nord capiscono cosa parla la gente che si trova al parte di sud, così come si dice, così si scrive.
È un po strano, tenendo conto che solo 15% dell territorio dacico è stato conquistato dai romani, e solo per circa 160 anni. Per esempio al parte di nord-est della Dacia (da quel 85% che non è stata conquistata), possiamo pensare che i contadinni daci che non hanno avuto alcun dizionario, audio-video, ecc, hanno lasciato la loro lingua per parlare un altra, solo perchè 15% del territorio era sotto la dominazione romana????!!!!! E tutto questo in 160 anni!!!! Dimendicando completo la loro lingua, senza "conservarla" nemméno sotto la forma di un "dialetto".
Infatti, su quel territorio è l’unico popolo neolatino che parla la più unitaria lingua neolatina.
Qualche tempo fa, nella regione di Transilvania si sono trovati “le tavolette di T#259;rt#259;ria” , con un iscritto datato nel 5200 ante Cristo (dopo Marija Gimbutas), cioè più di 1000 anni fa prima della scrittura sumeriana.








 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 20  ~  Membro dal: 12/01/2010  ~  Ultima visita: 18/03/2022 Torna all'inizio della Pagina

madalina

Nuovo Utente



Inserito il - 07/02/2010 : 00:13:22  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di madalina Invia a madalina un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
scusa...volevo dire.... "le tavolette di Tartaria”







 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 20  ~  Membro dal: 12/01/2010  ~  Ultima visita: 18/03/2022 Torna all'inizio della Pagina

antonio

Utente Normale


Inserito il - 07/02/2010 : 18:53:56  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di antonio Invia a antonio un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
ciao Madalina,
l'argomento che proponi è un altro esempio della inadeguatezza della filologia romanza a spiegare la nascita delle lingue nazionali e dei dialetti nelle aree romanze.
L'80% di territorio non conquistato dai romani che parla la lingua rumena e non conserva traccia di una lingua precedente si può spiegare solo con successive guerre di conquista e di pulizia etnica ( di cui la storia dovrebbe aver lasciato tracce, puoi darci informazioni?) tra le popolazioni dacie o con la teoria della continuità di Mario Alinei secondo la quale i dialetti attuali (anche le lingue sono dialetti, la differenza è solo politica) sono l'evoluzione delle parlate originali che esistevano nelle stesse aree nel paleolitico.

La Dacia fa parte dell'area di cultura epigravettiana e di successiva espansione della cultura della ceramica impressa cardiale (neolitico) che è la culla delle lingue che hanno espresso il latino preromano.

Pare che in epoca preromana si siano verificate consistenti migrazioni tra popolazioni della costa adriatica e dacie (mi sembra si parli di Daci d'Istria, ma non sono molto informato sull'argomento). L'argomento è uno degli studi "caldi" di Alinei.








 Regione Veneto  ~ Prov.: Vicenza  ~ Città: schio  ~  Messaggi: 84  ~  Membro dal: 29/12/2008  ~  Ultima visita: 19/05/2014 Torna all'inizio della Pagina

robur.q

Utente Senior



Inserito il - 08/02/2010 : 13:26:50  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di robur.q Invia a robur.q un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Si, anche secondo me la linguistica romanza non spiega in maniera soddisfacente la nascita dei volgari neolatini: purtroppo la decumentazione in volgare è piuttosto tarda.
Non sono del tutto d'accordo con Madalina: è vero che nel territorio rumeno la varianza dialettale è piuttosto ridotta, ma non dimentichiamoci che esistono anche le varietà macedo-rumene, istro-rumene e megleno-rumene!
Inoltre non risponde al vero che solo il 15% del territorio dei Daci fosse stato occupato dai Romani: anzi, essendo il regno Dacico uno dei rari esempi di stato forte accentrato ed agguerrito nel continente europeo, con il debellamento dei suoi capi l'intero territorio fu acquisito dai romani. I resti di strutture militari, urbane e di centuriazione sono diffusi pressochè ovunque nell'attuale territorio rumeno. Inoltre non è esatto che con Aureliano i romani abbandonarono la Dacia: si ha notizia di un vallum costantiniano nel cuore della Valacchia, nonchè di presenza costante in epoca bizantina. La colonizzazione fu intensa, con persone provenienti dall'intero territorio imperiale, ma fu soprattutto una colonizzazione rurale, con poche strutture urbane.
http://it.wikipedia.org/wiki/File:R...ia_Plain.svg
Certo, il rumeno è decisamente una lingua particolare nell'ambito romanzo: è l'unica che ha mantenuto i casi ed è l'unica che posponga l'articolo, cosa che peraltro è universalmente attribuita al sostrato, giacchè si ritrova in altre lingue balcaniche non romanze (credo Bulgaro e Albanese.
La relativamente scarsa varianza interna del rumeno di Romania può essere dovuta ad un sostrato unitario (Dacico), alla simultaneità della conquista e della colonizzazione, ad un fattore antropologico che forse ha agito anche in Sardegna: la transumanza; il fatto che i pastori si muovano ogni anno secondo le stesse direttrici è un fattore di omologazione nel territorio, e non è un caso che la maggiore varianza dialettale si trovi in Transilvania, zona montagnosa originaria di provenienza dei pastori.
In relazione al sardo non è un caso che i versanti settentrionale e meridionale del Gennargentu divergano linguisticamente e siano invece più simili alle varietà di pianura rispettivamente del nord e del sud: i pastori del nord hanno sempre transumato nella Nurra e in Gallura, quelli del sud nel Sulcis e nel Sarrabus








Modificato da - robur.q in data 08/02/2010 13:31:23

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: assemini  ~  Messaggi: 1124  ~  Membro dal: 06/06/2009  ~  Ultima visita: 04/05/2013 Torna all'inizio della Pagina

antonio

Utente Normale


Inserito il - 08/02/2010 : 14:49:38  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di antonio Invia a antonio un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
grazie robur, interessante il quadro d'insieme che proponi.
Quello rumeno è comunque un arduo banco di prova per tutte le teorie di linguistica storica.








 Regione Veneto  ~ Prov.: Vicenza  ~ Città: schio  ~  Messaggi: 84  ~  Membro dal: 29/12/2008  ~  Ultima visita: 19/05/2014 Torna all'inizio della Pagina

robur.q

Utente Senior



Inserito il - 08/02/2010 : 22:20:31  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di robur.q Invia a robur.q un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Si, la storia del rumeno mi intriga, per questo ho iniziato a studiarne anche la lingua.....
non è affatto facile, nonostante le evidenti affinità lessicali con italiano e sardo








 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: assemini  ~  Messaggi: 1124  ~  Membro dal: 06/06/2009  ~  Ultima visita: 04/05/2013 Torna all'inizio della Pagina

madalina

Nuovo Utente



Inserito il - 12/02/2010 : 22:12:55  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di madalina Invia a madalina un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
1.L’ideea è che (come ha detto Antonio), la Dacia fa parte dell’area che è la culla delle civiltà europee e delle lingue latine preromane.
2.Robur…non capisco cosa significa “la maggiore varianza dialettale si trovi in Transilvania”….io ho visto quasi tutta la Transilvania, ma non c’era nessun dialetto, era solo la lingua romena. E vero che si parla anche le lingue ungherese e tedesco, perché nei secoli XI-XIII gli ungheresi , che hanno conquistato varie regioni di Transilvania, hanno portato dei coloni , come “sasii” che parlavano tedesco, “i svabii”, poi sono rimasti una parte dei ungheresi,…però loro sono considerati “altre nazionalità”…..non hanno nulla da fare con la lingua romena, o con dei daci, e sono venuti mille anni fa dopo.
3.Robur…..è vero che solo 15% è stata conquistato …..forse non c’è qui né il tempo, né lo spazio……ma ..mi ricordo di cosa diceva Alessandro “La storia scritta dai vincitori non può dire cose giuste"
4.Robur….”buna seara”….perché ti sembra difficile “limba româna”?
5.Riguardando la storia dei daci, delle lingue latine preromane, l’unicità della lingua rumena, ecc…nel 28-29 maggio ad Alba-Iulia (in Transilvania) ci sarà il Congresso di “Dacologia”, dove si parlerà proprio di questi argomenti.








 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 20  ~  Membro dal: 12/01/2010  ~  Ultima visita: 18/03/2022 Torna all'inizio della Pagina

robur.q

Utente Senior



Inserito il - 13/02/2010 : 11:23:28  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di robur.q Invia a robur.q un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Madalina, la mappa che ho postato mostra che non proprio il 15 % del territorio era interessato dall'insediamento romano.
Il rumeno è una lingua molto compatta è vero, ma riguardo alla varianza dialettale in Transilvania (ovviamento non parlavo di magiari o svevi), ho riportato alcune informazioni da "Le origini delle lingue neolatine" di C. Tagliavini e "Storia linguistica del sud-est europeo" di E. Banfi.
Purtroppo non ho un esperienza diretta, ma comunque in genere gli studi dialettali sul rumeno confermano che la Transilvania e il Maramures sono le aree in cui ci sono i dialetti più caratteristici, mentre in Moldavia e Valacchia assai meno.
Buna seara è facile ma "Dracul - dracului" non così tanto: riabituarsi alle declinazioni e posporre l'articolo non è cosa semplice, almeno per me.
Comunque è un argomento che m'interessa molto, se vuoi possiamo scambiarci idee tramite messaggio privato , dato che qui saremmo OT.








Modificato da - robur.q in data 13/02/2010 11:24:39

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: assemini  ~  Messaggi: 1124  ~  Membro dal: 06/06/2009  ~  Ultima visita: 04/05/2013 Torna all'inizio della Pagina

albertune

Utente Normale


Inserito il - 15/02/2010 : 20:46:18  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di albertune Invia a albertune un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Riguardo la questione dialetto:lingua non se ne esce mai fuori una volta che si intraprende la questione. Tutti abbiamo lingue, e ognuno ha una sua lingua che si chiama idioletto, i miei alunni (di cui carpisco spesso i lessemi inediti) ne hanno una loro, talora limitata altre volte creativa. I Greci si guardano l'un con l'altro e hanno inventato il concetto di dialetto, perchè s'accorgevano d'appartenere culturalmente a uno stesso ethnos variegato; se si capivano a metà chiamavano l'altrO: mixobarbaros, se non lo capivano del tutto: barbaro. Siccome i Romani gli apparvero civili ( o forse anche per ingraziarseli) pensarono che anche essi fossero dei Greci. Insomma il concetto di dialetto travalica spesso la dimensione reale per assumere quella politica. Voi immaginatevi una cosa: l'unico vero reale spostamento di popolo territorialmente decisivo nella storia d'Italia (i Piemontesi verso la Sicilia o la Lucania hanno lasciato solo qualche traccia fonetica) è stato quello di genti dell'Elba, che alla fine del primo Millennio si sono riversati sulla Corsica "italianizzandola", fino a quel momento essa parlava un idioma non granchè diverso dal logudorese. Ebbene se i Corsi ottenessero l'indipendenza dalla Francia (cosa non impossibile) si realizzerebbe un paradosso: che un dialetto italiano (perché QUESTO il corso è), ha una legittimazione di lingua, mentre che so il calabrese o l'abruzzese no! Come diceva l'allenatore che m'ha fatto vincere l'unico scudetto: "lingua è quando parlanti vogliono"

saluti








 Regione Liguria  ~ Città: genova  ~  Messaggi: 52  ~  Membro dal: 11/11/2008  ~  Ultima visita: 13/03/2020 Torna all'inizio della Pagina

Nicola76

Utente Medio


Inserito il - 17/03/2010 : 13:06:12  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Nicola76 Invia a Nicola76 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Buongiorno. Non sono e non parlo sardo, tuttavia sono interprete di professione e appassionato di linguistica, per cui mi permetto di avanzare qualche commento. Solo sul sardo, sul rumeno no, giacché sarebbe un po' fuori tema.

Bella l'esposizione del primo messaggio di questo filone, tuttavia non convengo con il commento finale: perdere la conoscenza della lingua sarda sarebbe una perdita culturale tremenda e irreversibile. Io non ho nulla contro il sardo, che anzi mi piace (forse anche perché non capisco un accidenti), parlatelo pure quanto vi pare e piace, ma... Bisogna essere consapevoli che tutte, assolutamente tutte le lingue del mondo sono destinate a scomparire, prima o poi. Com'è successo per il latino, succederà per il sardo.

Certamente, quando muore una lingua si può perdere qualcosa, almeno a livello di toponomastica. Non sarà più possibile capire l'origine dei nomi di certe strade o località, a meno di studiarla su qualche libro polveroso. Ma questo renderebbe la vita di chi abita l'Isola peggiore? Non credo proprio. Se la teoria "morte di una lingua = perdita gravissima per tutti e per sempre" fosse vera, allora dovremmo già essere dei disgraziati di prim'ordine! Nella sola Italia e solo negli ultimi tremila anni, si sono parlate CENTINAIA (non esagero) di lingue, anche diversissime tra loro. Di pochissime di queste (latino, greco, etrusco) abbiamo una buona documentazione. Di altre abbiamo poche epigrafi, magari nemmeno decifrate con certezza. Della stragrande maggioranza, non abbiamo NULLA, e magari non sappiamo nemmeno il nome e sospettiamo solo che siano esistite.

Allora, siamo tutti disgraziati? Abbiamo subito cali culturali irrimediabili? Non vedo perché un cittadino di Volterra dovrebbe dolersi del fatto che non sa l'etrusto o uno di Castenaso dovrebbe essere più sfigato di altri perché non sa il villanoviano.

Io credo che l'unica perdita "vera" ci sia quando scompare una lingua ha generato della letteratura (soprattutto poesia, la prosa è più facile da tradurre in maniera godibile) di alto livello, che a quel punto sarà appannaggio di pochi. Per il resto, per pascere le pecore o per lavorare alla catena di montaggio, non cambia granché.

Non conosco troppo bene la letteratura sarda, so solo una canzoncina in sardo che mi cantava mia mamma quando ero piccolo, per cui non mi esprimo nel caso specifico. Tuttavia, vorrei rilevare che tutt'al più si può dolere chi conosce una lingua vedendo che sta scomparendo, MA A LIVELLO PERSONALE, un po' come se morisse un parente: il problema è mio, non del resto del mondo, che tirerà avanti comunque.

Ciò detto, periodicamente in Italia qualche politico (a mio avviso un po' demagogo) propone di insegnare certi dialetti a scuola facendo discorsini di mestiere. Io mi oppongo sempre fieramente, per due ragioni:

1-davvero non c'è altro da insegnare? Dobbiamo spendere una cifra per aggiungere ore di insegnamento di un dialetto/lingua regionale, quando a scuola i nostri figli imparano già così male l'inglese e lo stesso italiano? (Io insegno anche le lingue, sono ben informato, ahimè). Ricordo che nel mio liceo, il liceo scientifico più rinomato della mia regione, nel laboratorio di chimica dovevamo centellinare i reagenti perché ne avevamo quantità scarse e c'era il rischio di non poter fare lezione. Con tutto il rispetto, prima di spendere un solo centesimo per insegnare una lingua minoritaria, a Bolzano come a Cagliari o a Catanzaro, mi assicurerei che gli studenti avessero i mezzi per fare lezione a dovere in tutte le altre materie canoniche e (non vogliatemene) più utili

2-all'atto pratico, è ben difficile. Moltissime lingua minoritarie italiane non hanno una codificazione (in pratica: come si scrivono?) e pochissimi le sanno scrivere. Meno ancora le saprebbero insegnare. Meno ancora accetterebbero di insegnarle nelle scuole. Insomma, se mancano le strutture per fare una cosa, non si fa, anziché prometterla per fini populistici/demagogici.

Spero di non essere sembrato provocatorio, non è mia intenzione turbare nessuno, ma credo che bisogni essere schietti.

Saluti,

Nicola








  Firma di Nicola76 
Multa non quia difficilia sunt non audemus, sed quia non audemus sunt difficilia (Seneca)

 Regione Emilia Romagna  ~ Prov.: Bologna  ~ Città: Bologna  ~  Messaggi: 125  ~  Membro dal: 17/03/2010  ~  Ultima visita: 27/09/2010 Torna all'inizio della Pagina

Su foristeri

Utente Medio


Inserito il - 19/03/2010 : 18:19:58  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Su foristeri Invia a Su foristeri un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Messaggio di robur.q

Che cosa è una lingua e cosa un dialetto?
Abbiamo sentito spessissimo usare questi termini soprattutto in relazione al sardo, ma non solo, e le idee non sembrano essere sempre del tutto chiare.
Questo perchè i due termini hanno avuto un'evoluzione storica e perchè sulla materia linguistica si discute utilizzando punti di vista talvolta linguistici, talaltra sociolinguistici.
Il linguista Einar Haugen diceva che una lingua non è altro che un dialetto con un esercito e una flotta.
In effetti per la linguistica moderna non esiste alcuna differenza tra i due termini: qualunque “dialetto” è una lingua, nel senso che è un codice di comunicazione potenzialmente completo.
Si preferisce usare altre definizioni come “varietà” di una lingua. Ma queste varietà possono essere di vario tipo: diatopiche, legate al territorio, diastratiche, legate allo strato sociale, diacroniche, nel tempo, diafasiche, legate alla situazione d'uso, diamesiche (lingua scritta contro lingua parlata).
Facciamo un esempio legato all'italiano: conosciamo, per averle studiate, le varietà diacroniche dell'italiano da Dante ad oggi; abbiamo abbastanza chiare le differenze tra l'italiano scritto e parlato, tra l'italiano parlato da chi ha un'istruzione superiore e chi non ce l'ha, tra la lingua parlata in casa e quella parlata in un'aula di tribunale o universitaria, molto più controllata.
E le varietà diatopiche? Il napoletano, il veneto, il genovese, il corso sono varietà territoriali dell'italiano?
La risposta è no! Questi “dialetti” sono storicamente fratelli dell'italiano, non figli! Tuttalpiù sono figli del latino. L'italiano è l'evoluzione dotta di uno di questi idiomi: il toscano.
Per classificare in qualche modo questi “dialetti” che sembrano avere molte cose in comune e garantire un certo livello di intercomprensione, si usa la definizione di “sistema linguistico”. La vedremo meglio dopo.
Ma allora, quali sono le varietà diatopiche dell'italiano?
Quando un sardo parla in tv, lo riconosciamo subito: quale che sia il suo livello di istruzione, la fonetica (l'accento o cadenza) ce lo fa individuare immediatamente; poi la sintassi e anche il lessico sono tipici nella nostra regione, e non sempre l'influenza deriva dal sostrato, cioè dal sardo: non so se si usi ancora, ma fino ad alcune decine di anni fa, almeno a Cagliari, la tuta da ginnastica veniva chiamata “canadese”; questa parola non è stata certo mutuata dal sardo, ma non era compresa con questo significato in nessuna altra parte d'Italia! Questo è “l'italiano regionale di Sardegna” ed è una varietà diatopica dell'italiano. Ovviamente c'è la varietà romana, quella siciliana, quella milanese ecc: le riconosciamo facilmente.
Il principio fondamentale con il quale la linguistica cerca di classificare sistemi linguistici a vari livelli è la “differenziazione”.
E' un concetto di facile comprensione ma di non altrettanto facile canonizzazione.
Le lingue neolatine sono un gruppo ben definibile di idiomi all'interno del gigantesco gruppo indo-europeo. Ma all'interno del loro gruppo, le suddivisioni non sono così facili, perchè in realtà esisteva un continuum linguistico nel quale le varietà gradualmente si modificavano da un territorio a quello accanto. Questo fino alla contemporainetà, nella quale l'istruzione obbligatoria, il servizio militare obbligatorio e i moderni mezzi di comunicazione di massa hanno diffuso le lingue ufficiali dei singoli stati, interrompendo il continuum. In alcune zone la diffusione delle lingue di prestigio è iniziata parecchi secoli prima per il prestigio e la comodità dell'uso delle lingue delle corti monarchiche. Così il francese e lo spagnolo soprattutto, che hanno la loro origine nelle varietà diastratiche superiori delle varietà diatopiche dell'Ile de France e della Castiglia. Sono lingue d'origine “cortigiana”.
In questo panorama il sistema linguistico sardo è sempre emerso per le sue particolarità che lo hanno sempre differenziato dal resto delle lingue romanze; ciò era evidente sia per i sardi che per i non sardi. Il sardo è un sistema linguistico autonomo, sulla base del principio della differenziazione, su questo non ci sono dubbi.
Ma dal punto di vista sociolinguistico?
Facciamo un esempio col basco: il basco non è un idioma romanzo, anzi, non è un idioma indo-europeo, è un sistema linguistico isolato, perchè nonostante tutti i tentativi, non si è riusciti a trovare delle affinità con nessuna altra lingua al mondo. Che le varietà basche (peraltro di difficile intercomprensione reciproca) costituiscano un sistema linguistico autonomo, non c'è dubbio. Ma, dal punto di vista della percezione che i suoi stessi locutori hanno da sempre, il basco non è una lingua di prestigio, è un dialetto. Durante la dittatura di Franco non veniva insegnato e non aveva alcun riconoscimento ufficiale, la sua posizione dialettale nella società basca era obbligatoria. Oggi che il governo regionale basco attua delle energiche politiche di reintroduzione della lingua (la prima delle quali è stata la scelta di un modello standard intermedio tra le varietà più lontane), la lingua è conosciuta da un numero sempre maggiore di persone, insegnata spesso come prima lingua ai bambini, utilizzata come lingua ufficiale e di comunicazione amministrativa; eppure, nonostante questo impegno, sostenuto dall'opinione pubblica a larga maggioranza, i risultati sostanziali sono mediocri: si è impedito il declino ed addirittura l'estinzione, ma alla fine la maggior parte della popolazione basca, benchè felice di conoscere il basco e di poterlo parlare, continua nella sua vita di tutti i giorni a parlare spagnolo. Perchè il basco è lingua di identità ma non di comunicazione e di prestigio per la maggior parte delle persone. Il basco continua ad essere sociolinguisticamente “dialetto”.
Invertire questi processi sociali è estremamente difficile, a meno che non siano sostenuti da una fortissimo senso identitario (vedi ebraico) o da politiche coercitive. Gli altri esempi europei sono sulla stessa strada del basco: catalano, gallego, irlandese, scozzese, gallese, romancio, frisone, occitano ecc.
La situazione del sardo è assai simile a quella del basco (solo che noi lo standard ancora non lo abbiamo), ciò nonostante io credo che l'implementazione dell'uso del sardo sia una grande sfida culturale e politica per tutti noi: la perdita della nostra lingua storica sarebbe una menomazione gravissima del nostro patrimonio culturale, e della nostra identità di comunità politica. Ovviamente si può vivere senza lingua sarda, ma sarebbe una vita culturalmente molto più povera ed interromperebbe gran parte del legame che abbiamo con la nostra terra e il nostro passato.
Il primo passo non può essere che la scelta di un modello che abbia una qualche probabilità di essere percepito come prestigioso, ma anche che goda di una certa equidistanza linguistica tra le varietà estreme che sono anche varietà “antropologiche”. Qualsiasi altra scelta sarà legittima ma sostanzialmente velleitaria e avrà scarsissime possibilità di successo.



Mi sembra che lo studio computazionale del Signor Roberto BOLOGNESI dimostra bene l'equidistanza della LSC.

A proposito, io sono francese (di genitori sardi pero !) e volevo sapere qual'è la situazione della LSC dopo quasi 4 anni ?

Unu saludu mannu.








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antonio

Utente Normale


Inserito il - 20/03/2010 : 14:40:30  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di antonio Invia a antonio un Messaggio Privato  Rispondi Quotando



Mi sembra che lo studio computazionale del Signor Roberto BOLOGNESI dimostra bene l'equidistanza della LSC.

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Unu saludu mannu.



la situazione è molto incerta, direi in disfacimento.

per un aggiornamento clicca qui:
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Su foristeri

Utente Medio


Inserito il - 21/03/2010 : 12:42:25  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Su foristeri Invia a Su foristeri un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
antonio ha scritto:




Mi sembra che lo studio computazionale del Signor Roberto BOLOGNESI dimostra bene l'equidistanza della LSC.

A proposito, io sono francese (di genitori sardi pero !) e volevo sapere qual'è la situazione della LSC dopo quasi 4 anni ?

Unu saludu mannu.



la situazione è molto incerta, direi in disfacimento.

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Grazie Antonio,

Unu saludu mannu.








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