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Albertina
Salottino
Utente Mentor

    
Poetessa Paradisolana
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Inserito il - 16/08/2008 : 22:27:26
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| asia ha scritto:
Nel frattempo mi inserisco nella comune discussione cominciando a tirar fuori dalla manica qualche asso.
SA LIMBA SARDA COMUNA, PEGGIO DELL'ITALIANO. di Franco Pilloni
Perché non pensi al diritto del cittadino di Pompu che pone in marmillese la sua domanda e, secondo te, dovrebbe sentirsi rispondere in logudorese/nuorese, dato che questo è la LSC nella sua sostanza? Tanto vale che gli si risponda in italiano, a queste condizioni. Non ti pare, caro Gianfranco, che le ragioni della LSC non siano altro che fughe in avanti, verso un riconoscimento europeo che dovrebbe avvenire “prima o poi”, come dici tu? Cosa se ne fa il cittadino di Pompu del riconoscimento dell’UE, quando non comprende la risposta? Potrebbe persino verificarsi il caso che il funzionario, magari venuto dalla Valle d’Aosta, come gli assessori, o anche dal Senegal, perché ci teniamo a dimostrare di essere aperti verso le altre nazioni, che il funzionario dunque abbia superato l’esame conoscendo solo la LSC. Cosa facciamo: gli affianchiamo un fuzionario che gli traduca il marmillese o in italiano o in francese o in senegalese perché possa rispondere nello standard di sardo che nessuno parla se non a gettone?
Vedi, Gianfranco, so bene che le cose che dico sono amenità, fesserie, quisquiglie, come diceva Totò. Non più insipide però dei ragionamenti a favore della LSC che tu riporti, ma che altri hanno fatto a posteriori per sostenere una scelta altrimenti insostenibile. Io sono convinto che la LSC nuocia al sardo, a tutte le parlate sarde, più di quanto abbia fatto l’imposizione dell’italiano. Se vuoi averne una prova, vedi la famosa o famigerata lista di Berlino dove tutti, dico tutti, scrivono nella parlata che conoscono, mentre i sostenitori della LSC, anche i propugnatori di essa, scrivono di essa preferibilmente in italiano, ma mai in LSC. Qualcosa vorrà dire anche questo.
http://gianfrancopintore.blogspot.c...-peggio.html
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E' talmente vero quello che dice che mi sto sganasciando dalle risa. A proposito...io sono marmillese....
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Turritano
Utente Virtuoso
 
    

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Inserito il - 16/08/2008 : 22:37:45
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x Asia Tutto qua? E questo sarebbe il tuo "asso nella manica"... ma son cose che, senza scomodare nessuno, abbiamo detto e ridetto qui nel forum tante volte… al massimo mi sembra un due di picche . Però non è mai farina del tuo sacco, ti attacchi sempre a quello che dicono gli altri, quando ti fa comodo... mi sembri più che altro la solita cozza che si attacca al primo scoglio che gli capita...  
Qui addirittura sfociamo in un autosarcasmo masochista, come ormai mi sembra di moda, specialmente in “certe” parti della Sardegna. Il problema è sempre quello: non si capisce o si fa finta di non capire l’utilità che avrebbe una LSC in Sardegna, il titolo: “SA LIMBA SARDA COMUNA, PEGGIO DELL'ITALIANO”, e una frase presa a caso ("Cosa se ne fa il cittadino di Pompu del riconoscimento dell’UE, quando non comprende la risposta?") per capire tutto. Ma “su sardhu est troppu tontu pro lu comprendere”! A nos bidere luego Turritano
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Modificato da - Turritano in data 16/08/2008 22:39:22 |
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Le dominazioni passano ... i Sardi restano! |
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asia
Salottino
Utente Senior
   

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Inserito il - 16/08/2008 : 23:01:39
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Totu sos èsseres umanos naschint lìberos e eguales in dinnidade e in deretos. Issos tenent sa resone e sa cussèntzia e depent operare s'unu cun s'àteru cun ispìritu de fraternidade.
Fraternidade?
Ma candu mai... 
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Turritano
Utente Virtuoso
 
    

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Inserito il - 16/08/2008 : 23:23:37
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| asia ha scritto:
[i]Totu sos èsseres umanos naschint lìberos e eguales in dinnidade e in deretos. ......
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Non ho capito dove ti vuoi attaccare questa volta, o forse è uno dei tuoi "assi nella manica"?   Nonostante tutto sei una simpaticona  Turritano
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Albertina
Salottino
Utente Mentor

    
Poetessa Paradisolana
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Inserito il - 17/08/2008 : 08:26:55
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| Turritano ha scritto:
| asia ha scritto:
[i]Totu sos èsseres umanos naschint lìberos e eguales in dinnidade e in deretos. ......
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Non ho capito dove ti vuoi attaccare questa volta, o forse è uno dei tuoi "assi nella manica"?   Nonostante tutto sei una simpaticona  Turritano
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Quanto a simpatia...manco Turritano scherza, e raggiunge l'obiettivo di far parlare Asia in limba. Mi sa che Asia non è più attaccata come una cozza. Male va per me che mi hanno messo " a currere...e de istentare puru"!!!
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Donovan
Salottino
Utente Medio
 

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Inserito il - 17/08/2008 : 22:09:33
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| asia ha scritto:
Totu sos èsseres umanos naschint lìberos e eguales in dinnidade e in deretos. Issos tenent sa resone e sa cussèntzia e depent operare s'unu cun s'àteru cun ispìritu de fraternidade.
Fraternidade?
Ma candu mai... 
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Eja, fraternidade, poite? No bi nde devet aer in Sardigna de fraternidade?
Eng: Fraternity Fra: Fraternitè Spa: Fraternidad Ita: Fraternità Port: Fraternidade
E nois sardos burdos semus? 
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"I sardi a mio parere deciderebbero meglio se fossero indipendenti all'interno di una comunità europea ma anche mediterranea"
Fabrizio De Andrè |
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Donovan
Salottino
Utente Medio
 

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Inserito il - 17/08/2008 : 23:01:50
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| asia ha scritto:
Nel frattempo mi inserisco nella comune discussione cominciando a tirar fuori dalla manica qualche asso.
SA LIMBA SARDA COMUNA, PEGGIO DELL'ITALIANO. di Franco Pilloni
Perché non pensi al diritto del cittadino di Pompu che pone in marmillese la sua domanda e, secondo te, dovrebbe sentirsi rispondere in logudorese/nuorese, dato che questo è la LSC nella sua sostanza? Tanto vale che gli si risponda in italiano, a queste condizioni. Non ti pare, caro Gianfranco, che le ragioni della LSC non siano altro che fughe in avanti, verso un riconoscimento europeo che dovrebbe avvenire “prima o poi”, come dici tu? Cosa se ne fa il cittadino di Pompu del riconoscimento dell’UE, quando non comprende la risposta? Potrebbe persino verificarsi il caso che il funzionario, magari venuto dalla Valle d’Aosta, come gli assessori, o anche dal Senegal, perché ci teniamo a dimostrare di essere aperti verso le altre nazioni, che il funzionario dunque abbia superato l’esame conoscendo solo la LSC. Cosa facciamo: gli affianchiamo un fuzionario che gli traduca il marmillese o in italiano o in francese o in senegalese perché possa rispondere nello standard di sardo che nessuno parla se non a gettone?
Vedi, Gianfranco, so bene che le cose che dico sono amenità, fesserie, quisquiglie, come diceva Totò. Non più insipide però dei ragionamenti a favore della LSC che tu riporti, ma che altri hanno fatto a posteriori per sostenere una scelta altrimenti insostenibile. Io sono convinto che la LSC nuocia al sardo, a tutte le parlate sarde, più di quanto abbia fatto l’imposizione dell’italiano. Se vuoi averne una prova, vedi la famosa o famigerata lista di Berlino dove tutti, dico tutti, scrivono nella parlata che conoscono, mentre i sostenitori della LSC, anche i propugnatori di essa, scrivono di essa preferibilmente in italiano, ma mai in LSC. Qualcosa vorrà dire anche questo.
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Non è bello cercare i punti deboli del ragionamento di chi non può replicare (così come non è il massimo citarlo), ma è opportuno fare dei chiarimenti.
Dire che un abitante di Pompu non comprenda la LSC è una grave offesa. Non per chi ha redatto la LSC, ma per l' intelligenza degli abitanti di Pompu. Può succedere che un abitante di Pompu non capisca alcune parole perchè chi ha scritto ha fatto delle scelte lessicali non presenti a Pompu, ma questo è valido per qualunque paese della Sardegna, anche per i più vicini alla LSC, dato che la scelta lessicale è libera. Ritengo pressochè impossibile che un testo redatto in LSC col lessico di Pompu sia incomprensibile per i suoi abitanti, a meno che il pompese in questione non sia analfabeta.
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Arthacan
Utente Medio
 

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Inserito il - 18/08/2008 : 14:28:42
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'ta dannu, ma mancu cun sa basca de mes'e Austu s'arrosceis cun custas chistionis?? 
Insandus giai chi teneis gana meda, ligeisì custu articulu! Deu, comenti scieis, seu bastanti de acòrdiu cun Blasco.
Saludi!
L’unione sarda 12.08.2008
Macché Limba Comuna, «il sardo sarà ciò che saranno i sardi»
In questi giorni di caldo torrido i sardi potranno riflettere, e rielaborare nei sogni, tanti problemi che li assillano. Dando credito a recenti indagini sociolinguistiche, anche un problema specifico provocherà più di un incubo di mezza estate a quasi un milione di sardi: la fisionomia e la funzionalità presente e futura dello standard della lingua sarda. È un problema di non poco conto, perché investe l’identità dei parlanti, la loro dignità e la possibilità d’esprimere gioie e dissapori, concetti polemici o di collaborazione nei confronti della politica, della religione, della vita quotidiana. Sì, quella parola eccentrica, lo “standard”, somiglia sempre più a uno spauracchio. Ma cos’è, in realtà, lo “standard”, e perché lo “standard sardo” crea nei sardi tanta irrequietezza? Nel mondo esistono più di 5000 lingue, ma molte vengono parlate da un numero minuscolo di persone. Inoltre, in moltissimi casi gli studiosi si trovano con più varietà differenti d’una stessa lingua, senza che ci sia una che funga da mediazione. Nei paesi più moderni, o che vantano una ricca tradizione letteraria, la situazione è diversa: la storia ha creato le condizioni perché una varietà sia stata innalzata a norma di riferimento per tutti. In Spagna, la Riconquista comportò la diffusione del castigliano in tutte le contrade centro-meridionali strappate agli Arabi in sette secoli. In Francia, già nel secolo XI il pellegrinaggio verso la tomba di Saint- Denis nell’Île-de-France contribuì a riconoscere nel francien il futuro dialetto vincente, proclamato secoli più tardi dalla Rivoluzione. In Germania, la traduzione medio-tedesca orientale di Lutero nel Cinquecento creò le basi della futura lingua nazionale ed eliminò gradualmente le varietà concorrenziali. In Catalogna, la politica espansionista di Barcellona trasportò il dialetto barcelonì fuori dai limiti orientali in tutte le terre del Mediterraneo, e consentì agli inizi del Novecento la sua codificazione a norma di riferimento. In Italia, come sottolinea lo storico della lingua Carlo Dionisotti, dopo l’esempio illustre delle Tre Corone «non i Toscani conquistano il resto dell’Italia, bensì il resto delll’Italia conquista il toscano », un toscano di base fiorentina che col Manzoni diverrà lingua moderna e unitaria. Ecco la natura intrinseca dello “standard”: esso è il portato di processi storici, la cristallizzazione di fenomeni sociali, antropologici, economici, politici. In questi processi la facies linguistica della varietà elevata a norma soverchiante ogni altra gioca un ruolo del tutto irrilevante. Le differenze tra danese, norvegese o svedese sono minime, e lo stesso accade tra portoghesi e spagnoli, catalani e occitani. Viceversa, in Cina il mandarino, proprio d’una sola regione, è a mille anni di distanza dalle restanti cinque macrovarietà principali. Può darsi, anche, che uno “standard linguistico” sia minoritario in una comunità vastissima di parlanti (cinese mandarino) o che invece in un territorio molto piccolo vigano due “standard”, come accade in Estonia, in Bosnia o nella Val d’Aran pirenaica. Dette queste premesse è ora di soffermarsi sull’incubo sardo. La Sardegna ha ricevuto il suo codice linguistico determinante con la conquista romana nel III secolo avanti Cristo. Ma il processo di romanizzazione è stato molto peculiare. Il centro montano è rimasto isolato dopo le prime decisive conquiste dei territori da parte dei Romani, prima del I secolo a.C., mentre a sud, nelle pianure del Campidano, le nuove ondate di colonizzatori portavano con sé le innovazioni che si propalavano da Roma o dai focolai di origine dei mercenari e coloni che si trasferivano nell’Isola. Questa prima spaccatura, resa nota alla comunità scientifica da Wagner nel 1928, s’è acuita nei secoli per via di numerosi fenomeni antropologici, storici, sociali. Il mondo della pastorizia si arrestava da sempre ai confini meridionali del vecchio Giudicato di Arborea, dove iniziava la cultura contadina. La supremazia catalana s’espandeva con impeto dopo il Trecento in tutto il Campidano, raggiungendo le punte altoogliastrine e barbaricine, oltre le quali resistevano le forme sarde autoctone o subentravano più tardi alcuni spagnolismi. La peste della metà del Trecento annullava un 53% dei fuochi campidanesi, creando un fenomeno evidente di aggregazione, mentre nel Centro scompariva un 7,5% dei centri abitati e si manteneva una forte eterogeneità dialettale. Nel Settecento, e per tutto l’Ottocento, i poeti di limba più noti erano di origine logudorese settentrionale, sebbene i poeti minori in Campidano non fossero né pochi né sconosciuti. Ecco il portato dei processi storici nella Sardegna preunitaria, quando l’Isola somigliava più all’ultima colonia ispanica che non a una regione italiana: in tutto il Centro- Nord vigeva un logudorese medio di caratura e tradizione di rispetto, in tutto il Sud un campidanese accettato unanimemente da chi ascoltava i muttetus nelle piazze o colloquiava coi conterranei. La “natura bipolare” dello “standard sardo” era stata generata dalla storia, l’uomo non poteva cambiarla. Ed è una natura che non ha mai creato conflitti fra i parlanti, da sempre abituati a convivere con due realtà antropologiche, sociali, linguistiche, entro le quali ritrovavano la loro identità. L’incubo sardo nasce molto più tardi, indotto da una politica che ha calpestato i processi storici. Nel 2001 una prima Commissione d’esperti incaricati dalla Regione, pressata dalla volontà politica di individuare uno “standard”, proponeva una norma di base logudorese, che però, dopo le critiche di molti cittadini del Campidano non superava il vaglio del Consiglio. Con una maggiore forzatura, nel 2006 la Giunta adottava la Limba Sarda Comuna (sic!), peggiorando la proposta precedente, perché immetteva arbitrariamente nel modello elevato a “standard” soluzioni logudoresi, insieme a una spicciolata di esiti campidanesi e ad alcune forme prelevate da parlate intermedie. Si delineava così il vero incubo dei sardi: una lingua a tavolino. Una lingua che è impensabile possa venir trasmessa a scuola, perché priva di sostegno storico, geografico, sociale, strutturale. Come uscirne? Aprendo una discussione. Se si vuole a tutti i costi uno “standard” unico, si provi a individuare una e solo una varietà linguistica, sulla quale improntare poi la norma. Magari una varietà delle aree di confine. Ma una sola varietà, non un crogiolo di elementi attinti da più dialetti. Altrimenti si rispetti la storia, e si imitino quei paesi democratici e moderni che hanno codificato due “standard”, venendo incontro alla volontà popolare. Nella seconda metà dell’Ottocento Gino Capponi, riflettendo sulla lingua con Manzoni, sosteneva che «l’italiano sarà ciò che saranno gli Italiani ». Lo stesso vale per i sardi.
EDUARDO BLASCO FERRER
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PeppeLuisiPala
Utente Attivo
  

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Inserito il - 18/08/2008 : 20:08:47
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| Arthacan ha scritto:
'ta dannu, ma mancu cun sa basca de mes'e Austu s'arrosceis cun custas chistionis?? 
Insandus giai chi teneis gana meda, ligeisì custu articulu! Deu, comenti scieis, seu bastanti de acòrdiu cun Blasco.
Saludi!
L’unione sarda 12.08.2008
Macché Limba Comuna, «il sardo sarà ciò che saranno i sardi»
In questi giorni di caldo torrido i sardi potranno riflettere, e rielaborare nei sogni, tanti problemi che li assillano. Dando credito a recenti indagini sociolinguistiche, anche un problema specifico provocherà più di un incubo di mezza estate a quasi un milione di sardi: la fisionomia e la funzionalità presente e futura dello standard della lingua sarda. È un problema di non poco conto, perché investe l’identità dei parlanti, la loro dignità e la possibilità d’esprimere gioie e dissapori, concetti polemici o di collaborazione nei confronti della politica, della religione, della vita quotidiana. Sì, quella parola eccentrica, lo “standard”, somiglia sempre più a uno spauracchio. Ma cos’è, in realtà, lo “standard”, e perché lo “standard sardo” crea nei sardi tanta irrequietezza? Nel mondo esistono più di 5000 lingue, ma molte vengono parlate da un numero minuscolo di persone. Inoltre, in moltissimi casi gli studiosi si trovano con più varietà differenti d’una stessa lingua, senza che ci sia una che funga da mediazione. Nei paesi più moderni, o che vantano una ricca tradizione letteraria, la situazione è diversa: la storia ha creato le condizioni perché una varietà sia stata innalzata a norma di riferimento per tutti. In Spagna, la Riconquista comportò la diffusione del castigliano in tutte le contrade centro-meridionali strappate agli Arabi in sette secoli. In Francia, già nel secolo XI il pellegrinaggio verso la tomba di Saint- Denis nell’Île-de-France contribuì a riconoscere nel francien il futuro dialetto vincente, proclamato secoli più tardi dalla Rivoluzione. In Germania, la traduzione medio-tedesca orientale di Lutero nel Cinquecento creò le basi della futura lingua nazionale ed eliminò gradualmente le varietà concorrenziali. In Catalogna, la politica espansionista di Barcellona trasportò il dialetto barcelonì fuori dai limiti orientali in tutte le terre del Mediterraneo, e consentì agli inizi del Novecento la sua codificazione a norma di riferimento. In Italia, come sottolinea lo storico della lingua Carlo Dionisotti, dopo l’esempio illustre delle Tre Corone «non i Toscani conquistano il resto dell’Italia, bensì il resto delll’Italia conquista il toscano », un toscano di base fiorentina che col Manzoni diverrà lingua moderna e unitaria. Ecco la natura intrinseca dello “standard”: esso è il portato di processi storici, la cristallizzazione di fenomeni sociali, antropologici, economici, politici. In questi processi la facies linguistica della varietà elevata a norma soverchiante ogni altra gioca un ruolo del tutto irrilevante. Le differenze tra danese, norvegese o svedese sono minime, e lo stesso accade tra portoghesi e spagnoli, catalani e occitani. 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Questa prima spaccatura, resa nota alla comunità scientifica da Wagner nel 1928, s’è acuita nei secoli per via di numerosi fenomeni antropologici, storici, sociali. Il mondo della pastorizia si arrestava da sempre ai confini meridionali del vecchio Giudicato di Arborea, dove iniziava la cultura contadina. La supremazia catalana s’espandeva con impeto dopo il Trecento in tutto il Campidano, raggiungendo le punte altoogliastrine e barbaricine, oltre le quali resistevano le forme sarde autoctone o subentravano più tardi alcuni spagnolismi. La peste della metà del Trecento annullava un 53% dei fuochi campidanesi, creando un fenomeno evidente di aggregazione, mentre nel Centro scompariva un 7,5% dei centri abitati e si manteneva una forte eterogeneità dialettale. Nel Settecento, e per tutto l’Ottocento, i poeti di limba più noti erano di origine logudorese settentrionale, sebbene i poeti minori in Campidano non fossero né pochi né sconosciuti. Ecco il portato dei processi storici nella Sardegna preunitaria, quando l’Isola somigliava più all’ultima colonia ispanica che non a una regione italiana: in tutto il Centro- Nord vigeva un logudorese medio di caratura e tradizione di rispetto, in tutto il Sud un campidanese accettato unanimemente da chi ascoltava i muttetus nelle piazze o colloquiava coi conterranei. La “natura bipolare” dello “standard sardo” era stata generata dalla storia, l’uomo non poteva cambiarla. Ed è una natura che non ha mai creato conflitti fra i parlanti, da sempre abituati a convivere con due realtà antropologiche, sociali, linguistiche, entro le quali ritrovavano la loro identità. L’incubo sardo nasce molto più tardi, indotto da una politica che ha calpestato i processi storici. Nel 2001 una prima Commissione d’esperti incaricati dalla Regione, pressata dalla volontà politica di individuare uno “standard”, proponeva una norma di base logudorese, che però, dopo le critiche di molti cittadini del Campidano non superava il vaglio del Consiglio. Con una maggiore forzatura, nel 2006 la Giunta adottava la Limba Sarda Comuna (sic!), peggiorando la proposta precedente, perché immetteva arbitrariamente nel modello elevato a “standard” soluzioni logudoresi, insieme a una spicciolata di esiti campidanesi e ad alcune forme prelevate da parlate intermedie. Si delineava così il vero incubo dei sardi: una lingua a tavolino. Una lingua che è impensabile possa venir trasmessa a scuola, perché priva di sostegno storico, geografico, sociale, strutturale. Come uscirne? Aprendo una discussione. Se si vuole a tutti i costi uno “standard” unico, si provi a individuare una e solo una varietà linguistica, sulla quale improntare poi la norma. Magari una varietà delle aree di confine. 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EDUARDO BLASCO FERRER
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...nudda de nou Arthacàaa... su ch'as postadu tue .... l'at giai fatu atera dzente innantis de oe... tene passentzia...
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Nois no tenimos neghe si no semus italianos e... at a esser sa malasorte chi... no l'amus a esser MAI!
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Arthacan
Utente Medio
 

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Inserito il - 18/08/2008 : 20:43:12
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| PeppeLuisiPala ha scritto:
...nudda de nou Arthacàaa... su ch'as postadu tue .... l'at giai fatu atera dzente innantis de oe... tene passentzia...
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ah! giai arrexonau nd'eis? Tenei passientzia tandu, no seu ligendi custas cidas, ma comenti dd'arròsciu de currellai de un'arenargiu a s'atru de Sardìnnia bella nosta, promitu ca lìgiu totu su chi mi seu pèrdiu!
teneisì contu! 
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Modificato da - Arthacan in data 18/08/2008 20:46:54 |
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PeppeLuisiPala
Utente Attivo
  

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Inserito il - 18/08/2008 : 20:49:51
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| Arthacan ha scritto:
| PeppeLuisiPala ha scritto:
...nudda de nou Arthacàaa... su ch'as postadu tue .... l'at giai fatu atera dzente innantis de oe... tene passentzia...
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ah! giai arrexonau nd'eis? Tenei passientzia tandu, no seu ligendi custas cidas, ma comenti dd'arròsciu de currellai de un'arenargiu a s'atru de Sardìnnia bella nosta, promitu ca lìgiu totu su chi mi seu pèrdiu!
teneisì contu! 
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...su matessi tue e...
no t'istrisines meda in sas renas nostras...
lassande a nois puru...  
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Nois no tenimos neghe si no semus italianos e... at a esser sa malasorte chi... no l'amus a esser MAI!
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tota76
Nuovo Utente

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Inserito il - 07/10/2008 : 17:01:03
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salve, leggendo la discussione penso di aver trovato alcuni punti chiave in cui si fonda la paura ricercare un Sardo che venga ufficializzato.
1) che nessuno lo capisca. Io parlo logudorese e in questa discussione ho letto nuorese, campidanese in diverse sfumature, logudorese e bene o mele ho capito piu o meno tutto. quindi non mi sembra che ci sia poi tutta questa differenza 2) che si perdano i vari dialetti. Però se non li abbiamo perduti dopo 150 anni di italiano nelle scuole perche dovremo perderlo con l'introduzione del sardo ufficializato.
non prendo in considerazione l'obbligo, perchè già esiste l'obbligo di studiare (italiano , matematica, storia, geografia, una lingua straniera....) d'altronde l'obbligo agli studi è parte fondamentale in tutte le democrazie e anche alcune dittature.
Mentre avendo vissuto all'estero mi rendo conto che siamo decenni indietro, in molte nazioni hanno già risolto questi problemi, la loro lingua si studia a scuola e e per di piu le altre materie si insegnano con la loro lingua. ora i giovani parlano e scrivono meglio che i loro genitori che non hanno mai studiato e lo hanno appreso oralmente. naturalmente ci sono delle differenze tra la lingua parlata dai nonni e la loro.. dopo tutto non si puo congelare una lingua a meno che non sia gia morta. penso quello che fra poco accadrà col sardo, se continuiamo a dormiree ad accontentarci di dire un paio di frasi in dialetto ogni tanto.
unu saludu a tottu.
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Piticcu
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Inserito il - 17/10/2008 : 12:34:12
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Ciao. anche io ti do un piccolo contributo. sto lavorando ai progetti della L 482 sul bilinguismo, e quindi vado in tanti comuni della sardegna ad.... insegnare un uso del sardo quanto più possibile corretto. Anche se corretto è una parola esagerata e inadatta. Per secoli (tranne carta de logu e pochi altri esempi) la lingua era un canale esclusivamente orale. Chi scriveva erano in pochi e non parlavano della vita di tutti i giorni... Oggi sulla LSC c'è innanzi tutto molto risentimento pregiudiziale. Ormai si è generata questa idea che sia troppo vicina al barbaricino e lontana dal campidanese. Forse lo è, ma penso che lo scopo, dichiarato anche nella presentazione del progetto della lsc, è quello di sperimentare, provare, confrontarci. Quando vado nei comuni ai ragazzi che collaborano con me chiedo di usare la LSC, cercando di trovare una mediazione, una sorta di protocollo comune per il campidanese. Ci sono sicuramente difficoltà e resistenze, sopratutto da parte degli utenti che non rinunciano a dire che per loro tale parola si dice così e basta. La LSC concentra le sue attenzioni sull'ortografia, mirando a salvaguardare la straordinaria varietà lessicale presente in sardegna. Ciò che dobbiamo raggiungere è una scirttura quanto più comprensibile atutti, anche se poi ognuno la leggerà come meglio crede opportuno. Non avremo la risposta oggi, o quest'anno... credo che almeno una decina d'anni ci serviranno per siscutere, confrontarci, venirci incontro, che forse è la cosa più difficile che la LSC possa ottenere
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Saludus a totus! oi cumintzat sa chistioni |
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Donovan
Salottino
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Inserito il - 17/10/2008 : 16:54:53
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| Piticcu ha scritto:
Ciao. anche io ti do un piccolo contributo. sto lavorando ai progetti della L 482 sul bilinguismo, e quindi vado in tanti comuni della sardegna ad.... insegnare un uso del sardo quanto più possibile corretto. Anche se corretto è una parola esagerata e inadatta. Per secoli (tranne carta de logu e pochi altri esempi) la lingua era un canale esclusivamente orale. Chi scriveva erano in pochi e non parlavano della vita di tutti i giorni... Oggi sulla LSC c'è innanzi tutto molto risentimento pregiudiziale. Ormai si è generata questa idea che sia troppo vicina al barbaricino e lontana dal campidanese. Forse lo è, ma penso che lo scopo, dichiarato anche nella presentazione del progetto della lsc, è quello di sperimentare, provare, confrontarci. Quando vado nei comuni ai ragazzi che collaborano con me chiedo di usare la LSC, cercando di trovare una mediazione, una sorta di protocollo comune per il campidanese. Ci sono sicuramente difficoltà e resistenze, sopratutto da parte degli utenti che non rinunciano a dire che per loro tale parola si dice così e basta. La LSC concentra le sue attenzioni sull'ortografia, mirando a salvaguardare la straordinaria varietà lessicale presente in sardegna. Ciò che dobbiamo raggiungere è una scirttura quanto più comprensibile atutti, anche se poi ognuno la leggerà come meglio crede opportuno. Non avremo la risposta oggi, o quest'anno... credo che almeno una decina d'anni ci serviranno per siscutere, confrontarci, venirci incontro, che forse è la cosa più difficile che la LSC possa ottenere
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La LSC è senza dubbio più vicina ai dialetti "logudoresi" rispetto a quelli "campidanesi", questo oltre ad essere generalmente la prima impressione è confermato dallo studio di Bolognesi, perlomeno per le convenzioni di lettura alle quali siamo abituati noi, ovvero quelle della lingua italiana. L' unico spazio di manovra è dato proprio dalla rinuncia a queste convenzioni di lettura, certo non è facilissimo, ma questo servirebbe ad avvicinare alla pronuncia reale non soltanto i dialetti meridionali, ma anche quelli settentrionali. E, parere strettamente personale, anche a rafforzare l' idea che il sardo sia una lingua realmente "altra" rispetto a quella italiana.
I tuoi corsisti hanno ragione quando ti dicono che "tale parola si dice così e basta!". Ma tu non stai insegnando loro a pronunciare: tu gli stai insegnando a scrivere! Come hai detto tu la LSC standardizza lo scritto e non c'è nessun obbligo di pronuncia. Ma per non farla diventare una leggenda metropolitana o una "menzogna messa in giro de is cabesusesus colonialistas" devi essere tu a cercare di portarla sul piano reale, dimostrando ai tuoi corsisti che una pronuncia più vicina alla loro è possibile. Chiaramente a te costa più lavoro, ma rientra sempre in quell' ottica di "sperimentazione" di cui parli: spetta a te decidere cosa fare.
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Turritano
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Inserito il - 17/10/2008 : 18:27:26
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Approvo in pieno. La LSC è una lingua ufficiale che, come tutte la lingue ufficiali, serve per scrivere atti ufficiali o per mediare fra vari "dialetti" della stessa lingua. La pronunzia si può adattare a quella delle diverse parlate. Nessuno impedisce a nessuno di parlare la sua variante che, anzi, potrebbe essere comparata e, quindi, valorizzata proprio dalla LSC. Vero è che a me, “logudorese”, è difficile adattarmi al “figiu” della LSC (e di qualche zona del centro Sardegna), quando sono abituato a dire “fizu”, o a un “campidanese” abituato al suo “fillu”, ma è sempre meglio di una lingua straniera com’è l’italiano. E poi nessuno mi vieta di pronunziare “fizu” e a un campidanese di dire “fillu”, l’importante è sapere come si scrive. Poi, per quanto riguarda i vari vocaboli impiegati nelle diverse zone, spesso potrebbero essere usati come sinonimi, oppure come sostituzione di parole italiane entrate nell’uso in alcune zone ma non in altre, per esempio: “galu” e “luego”, cosa che io faccio già. E questo sarebbe un indubbio arricchimento per tutti e un valore aggiunto per la LSC. Infine, invito tutti a leggere la discussione “LogoSardigna”, in cui c’è un’articolo della rivista che descrive bene la LSC, facendone la Storia e precisando le regole, il tutto scritto, appunto in LSC. Non c’è modo migliore per capire, con cognizione di causa, di cosa si tratta. Turritano
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Modificato da - Turritano in data 17/10/2008 18:29:40 |
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Le dominazioni passano ... i Sardi restano! |
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