Forum Sardegna - Piccola grande Nuoro (di Furfuraju)
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Nota Bene: Capoterra Solo dopo l’anno 1000 e più precisamente verso il 1200 ritroviamo nuovi insediamenti abitativi, nella zona di S. Barbara dove in questo periodo viene costruita, su tracce di un antico eremitaggio, l’attuale chiesetta e poi in seguito un piccolo villaggio. Non molto lontano da S. Barbara fu costruita probabilmente nel 1625 un’altra chiesetta dedicata a S. Gerolamo. Questi due santi sono stati tra i più venerati dalla tradizione religiosa popolare capoterrese.



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 Piccola grande Nuoro (di Furfuraju)
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Autore Discussione
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carol
Salottino
Utente Master



Inserito il - 20/08/2007 : 16:47:45  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di carol Invia a carol un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
ma belle storie.......ti prego continua a farmi sognare.....sembrano i racconti d'infanzia di mio padre......magari eravate della stessa banda....






 Regione Sardegna  ~ Città: nuoro città  ~  Messaggi: 2237  ~  Membro dal: 25/08/2006  ~  Ultima visita: 21/03/2013 Torna all'inizio della Pagina

furfuraju
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 20/08/2007 : 16:59:07  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di furfuraju Invia a furfuraju un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Paradisola ha scritto:
aspetto il III capitolo

adelasia ha scritto:
attendo il nuovo capitolo...

Occhei... Occhei...

Un po' di pazienza, pero'.

Per rimanere nel solco dei commenti:
- Mi son dato alla macchia.



Sto combattendo con qualche aggiornamento software e hardware e, poi, il sole d'agosto e le fresche serate nuoresi non invogliano alla scrittura impegnata o giù di lì.

Voi, piuttosto, fate la danza della pioggia.

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coltivo una rosa bianca...







Modificato da - furfuraju in data 20/08/2007 17:10:58

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Nuoro  ~ Città: Ventspils  ~  Messaggi: 1975  ~  Membro dal: 30/07/2007  ~  Ultima visita: 18/08/2017 Torna all'inizio della Pagina

Grodde

Utente Attivo



Inserito il - 20/08/2007 : 17:07:36  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Grodde Invia a Grodde un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
forse hanno seguito davvero il tuo consiglio perchè stanotte qui ha piovuto, con tanto di tuoni e fulmini







Modificato da - Grodde in data 20/08/2007 17:08:06

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Sassari  ~ Città: Tana de su Grodde  ~  Messaggi: 930  ~  Membro dal: 05/06/2007  ~  Ultima visita: 12/10/2015 Torna all'inizio della Pagina

furfuraju
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 22/08/2007 : 07:55:00  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di furfuraju Invia a furfuraju un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Stamattina tuona e piove.

Purtroppo non tanto da trattenermi in casa: ho da sbrigare faccende importanti!

Cmq ho iniziato un capitolo su "tzia Menedda".

A presto, dunque.

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coltivo una rosa bianca...







 Regione Sardegna  ~ Prov.: Nuoro  ~ Città: Ventspils  ~  Messaggi: 1975  ~  Membro dal: 30/07/2007  ~  Ultima visita: 18/08/2017 Torna all'inizio della Pagina

furfuraju
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 24/08/2007 : 07:36:37  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di furfuraju Invia a furfuraju un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Tzia Menedda.

Tzia Mena, vedova, con una figlia a carico, era arrivata a Nuoro poverissima.
Viveva a sa zorronada, alla giornata, facendo i lavori più umili dove la chiamavano, quando la chiamavano.
Ancora giovane e forte, di buona costituzione, non si sottraeva alle fatiche. Le andava cercando, invece, perché erano il pane, la vita, per lei e per la bambina.
Cominciò a vivere un po’ meglio solo quando si fece conoscere per le sue capacità, poiché possedeva le conoscenze antiche, imparate fin da bambina aiutando sua madre, così come ora l’aiutava la figlia.
La ricordo nera nera, vestita in fardetta scialle e fazzolettone, come tutte le vedove o, meglio, come la gran parte delle donne ancorate alla tradizione, perché un lutto in famiglia c’è sempre e, dunque, che senso aveva possedere un guardaroba con vesti sgargianti? In tutti i paesi si conservavano i costumi della festa e quelli da sposa, ma possederne tanti era roba da ricchi, ché i più se li passavano da madre in figlia oppure si avevano in prestito giusto per il giorno delle nozze.
Tzia Menedda l’ho vista al lavoro tante volte, con le braccia nude, ma non ricordo cosa indossasse sotto lo scialle. All’epoca mi avevano colpito appunto le braccia, bianche e vigorose, e ad altre cose non badavo. Non avrà ancora avuto quarant’anni, ma io la consideravo vecchia come mia nonna.

Mia nonna, anche lei vedova, ma “studiata” e con un buon lavoro e una casa, non aveva la domestica, anzi la serva, come si diceva allora. Così, ogni tanto, faceva venire tzia Mena per il lavoro grosso, quello pesante che si faceva a periodi fissi. La trattava da amica, non proprio alla pari - sarebbe stato impensabile - ma senza farle sentire la distanza, senza farle pesare la differenza di cultura e di censo. Affabile, nonna, lo era con tutti, ma per questa donna aveva un occhio di riguardo in più, tant’è che lei, a volte, veniva a trovarla anche quando non c’erano lavori da fare e stavano insieme, vicino al camino, a bere un caffè e far chiacchiere.

Almeno due volte l’anno, all’inizio della primavera e in autunno, quando il tempo era sul “bello stabile”, si lavava la biancheria non, come al solito, con il normale sapone “marsiglia”, ma con la lisciva.
Veniva, dunque, tzia Menedda all’alba, trascinandosi dietro la figlia assonnata e, subito, la casa si animava, mia madre e mia nonna si davano da fare per portare in cortile la roba e anche mio padre era coinvolto, prima che andasse al lavoro. Noi bambini saltavamo giù dal letto e, dopo una veloce colazione, andavamo ad assistere alle attività in corso.
Babbo accendeva il fuoco in cortile e vi metteva sopra un gran paiolo con l’acqua e la cenere raccolta apposta, nei giorni precedenti, dai camini. Rimestando, rimestando, tzia Menedda ricavava la lisciva che poi, bollente, veniva versata sui panni. Questo occorreva farlo più volte ed ogni volta i panni dovevano essere ben strizzati. Solo il giorno successivo, dopo una nottata in ammollo, la biancheria veniva finita di lavare e risciacquare per poi essere stesa al sole affinché tornasse candida come un corredo da novella sposa. Tzia Mena non era semplicemente la donna di fatica, ma era lei che dirigeva le operazioni e nonna e mamma la stavano a sentire.
Io e mia sorella, invece, in questi momenti di grande attività eravamo senza controllo, liberi di scorazzare in cortile e in casa, con la sola proibizione di avvicinarci al pentolone bollente.

Un altro mestiere in cui era provetta tzia Mena era quello della materassaia. All’inizio dell’estate si toglievano i materassi di lana e si mettevano quelli di crine, più freschi. I miei prendevamo in affitto la macchina per cardare, quell’attrezzo basculante dotato di grandi denti che, a me bambino, faceva una grande impressione, quasi fosse uno strumento di tortura. Mentre mamma e nonna si occupavano, al più, dei cuscini, tzia Mena e la figlia, in questo caso, facevano tutto da sole. Scucivano i materassi, li svuotavano, cardavano i bioccoli resi compatti dall’uso e, dopo aver nuovamente riempito le fodere con l’aggiunta di un po’ di altra lana, li ricucivano con i loro grossi aghi lunghi e ricurvi.

Ma ciò in cui tzia Menedda eccelleva era la cottura del pane carasau. Mia nonna aveva fatto costruire il forno apposta, credo solo per dar modo a tzia Mena di fare il pane. Non voglio raccontare, qui, le varie fasi della preparazione e della cottura (altri lo hanno fatto meglio di me), ma dire di me, di come mi affascinava vedere l’impasto della farina che prendeva consistenza e di cui venivo beneficato con un tocco, per ricavarne, anticipando la moderna plastilina, forme di improbabili animali.
Era sorprendente, inoltre, l’abilità di questa donna nello stendere le sfoglie: prima allargava la bozza di pasta con le mani nude, lavorando veloce con le dita, e, poi, col matterello (su canneddu) in un attimo ricavava la sfoglia sottile, perfettamente circolare, da far invidia a Giotto.
Tzia Mena si scioglieva il fazzoletto nero solo quando lavorava vicino al forno, ma non lo toglieva. Al massimo ripiegava gli angoli in su, ma mai ricordo di averla vista a capo completamente scoperto.
La fase della cottura era la più bella e, anche, la più buona. Lo spettacolo dei palloncini che venivano tolti dal forno e che, subito, venivano “scoperchiati” era il migliore. Noi bambini ricevevamo la nostra razione di pane lentu (a quel punto era l’ora della merenda), ma quando, con la biscottatura, una fragranza di caramello si diffondeva per la casa, correvamo, come passeri, per accaparrarci i fogli di pane più cotti, quelli quasi carbonizzati. Che gusto! E che musica sotto i denti!



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coltivo una rosa bianca...







 Regione Sardegna  ~ Prov.: Nuoro  ~ Città: Ventspils  ~  Messaggi: 1975  ~  Membro dal: 30/07/2007  ~  Ultima visita: 18/08/2017 Torna all'inizio della Pagina

Guevina

Nuovo Utente


Inserito il - 29/08/2007 : 13:11:59  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Guevina Invia a Guevina un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
furfuraju ha scritto:

[size=4][font=Times New Roman]Tzia Menedda.

Tzia Mena, vedova, con una figlia a carico, era arrivata a Nuoro poverissima.


Belli davvero questi racconti :-) Grazie!
R.






 Regione Umbria  ~ Prov.: Terni  ~ Città: Narni  ~  Messaggi: 21  ~  Membro dal: 05/07/2007  ~  Ultima visita: 14/01/2010 Torna all'inizio della Pagina

carol
Salottino
Utente Master



Inserito il - 29/08/2007 : 16:41:42  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di carol Invia a carol un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
sembra di vederla......tzia menedda!!!!.......bravo






 Regione Sardegna  ~ Città: nuoro città  ~  Messaggi: 2237  ~  Membro dal: 25/08/2006  ~  Ultima visita: 21/03/2013 Torna all'inizio della Pagina

Tranquillo
Salottino
Utente Senior

Ironic Man



Inserito il - 29/08/2007 : 17:19:43  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Tranquillo Invia a Tranquillo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Rientro dalle ferie e cosa mi tocca leggere....

furfuraju, ma sei impazzito????

Speriamo non ci siano bambini che leggono quanto hai scritto:

perchè turbare i loro animi puri con racconti devianti,

in cui parli di giochi all'aria aperta, di corse sfrenate fautrici di escoriazioni,

di sincera amicizia e complicità, di conquista della libertà....

Non vorrai mica distoglierli dalla sana visione dei cartoni giapponesi

o dei reality o dal gioco solitario alla PlayStation?????

E i poveri genitori? Non pensi a loro?

Perchè vuoi farli preoccupare che i figli si "ematomino"????

No, no, proprio non ci siamo.....

Propongo ai moderatori di eliminare questa discussione....

non prima però, di avermi dato il tempo di copiare quanto scritto da furfuraju

in modo da leggerlo, leggerlo e rileggerlo...lontano però da indiscreti occhi infantili!!!!

P.S. - A quando il prossimo racconto?







 Regione Toscana  ~ Città: .  ~  Messaggi: 1886  ~  Membro dal: 17/03/2007  ~  Ultima visita: 20/02/2011 Torna all'inizio della Pagina

annika

Nuovo Utente


Inserito il - 29/08/2007 : 17:32:02  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Grazie Ugo... Grande,Grande.
Ho il sospetto che sia l'aria di Nuoro..... e dintorni...
A cominciare dalla Deledda,continuando con Marcello Fois , Niffoi ecct...

Per me c'e' un virus in zona !!!!

Complimenti....

A SI BIRI !






 Regione Estero  ~ Città: Sirbony  ~  Messaggi: -20  ~  Membro dal: 21/06/2007  ~  Ultima visita: 26/06/2008 Torna all'inizio della Pagina

carol
Salottino
Utente Master



Inserito il - 29/08/2007 : 17:40:06  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di carol Invia a carol un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
beh......hai ragione è tutta colpa dell'aria!!!!!!!!






 Regione Sardegna  ~ Città: nuoro città  ~  Messaggi: 2237  ~  Membro dal: 25/08/2006  ~  Ultima visita: 21/03/2013 Torna all'inizio della Pagina

furfuraju
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 30/08/2007 : 07:02:09  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di furfuraju Invia a furfuraju un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Vabbè! Sarà l'aria, sarà un virus... Ma la verità è che sono stato contagiato da voi, scrittori paradisolani: Albertina, Tranquillo, Francesco, Janaruia ecc. ecc.

Una volta ho scritto un romanzetto giallo, ambientato in America, ma è stato bocciato perchè "in stile anni cinquanta".

Senza l'incoraggiamento, vostro e di Adelasia, non avrei saputo neanche cosa scrivere...

Grazie, una rosa a tutti...

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Modificato da - furfuraju in data 30/08/2007 07:04:07

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Nuoro  ~ Città: Ventspils  ~  Messaggi: 1975  ~  Membro dal: 30/07/2007  ~  Ultima visita: 18/08/2017 Torna all'inizio della Pagina

Adelasia

Moderatore

Penna d'oro


Inserito il - 05/09/2007 : 17:17:55  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Adelasia Invia a Adelasia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ma non sono finite le ferie??? Si attende il prossimo (sicuramente accattivante) capitolo....Grazie!






 Regione Sardegna  ~ Città: nuoro  ~  Messaggi: 2881  ~  Membro dal: 23/05/2006  ~  Ultima visita: 18/08/2023 Torna all'inizio della Pagina

Ela

Moderatore




Inserito il - 05/09/2007 : 18:26:07  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Ela Invia a Ela un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Sono rientrata da poco dalla Sardegna ed ancora sto cercando di mettermi al passo con le discussioni nate nel frattempo. Solo oggi ho trovato questo post bellissimo. Ho letto le tre storie tutte d'un fiato....Bellissimi racconti!!!! Si leggono con piacere e con facilità!!!!! Aspetto il prossimo!!!!!!



Mezus terra senza pane, que terra senza justitia






 Regione Marche  ~ Prov.: Cagliari  ~  Messaggi: 6439  ~  Membro dal: 11/04/2006  ~  Ultima visita: 03/07/2020 Torna all'inizio della Pagina

skywalker57

2917



Inserito il - 05/09/2007 : 18:28:14  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Belli i racconti complimenti...dei quadri fatti con le parole


La forza sia con te






 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: Gonnesa  ~  Messaggi: -1  ~  Membro dal: 02/05/2007  ~  Ultima visita: 14/05/2008 Torna all'inizio della Pagina

furfuraju
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 30/10/2007 : 12:49:39  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di furfuraju Invia a furfuraju un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Chiamiamolo Boboreddu…

- Ciao, Ugo!
Il saluto risuonò così, nell’aria silenziosa di quel mattino, senza preavviso di alcun genere.
Sentendomi chiamare per nome risposi: - Ciao!
E solo dopo mi voltai verso la voce che veniva dal basso. Lo riconobbi e, con la mano, gli feci un gesto interrogativo chiedendo: - Ite bi faches inoche?


Si chiamava, diciamo, Boboreddu e “nos binchiat” (ci superava di) quattro o cinque anni. Il fatto che a quasi quattordici anni fosse ancora in quarta elementare, la diceva lunga sul suo curricolo scolastico, ma era tutt’altro che stupido. Aveva un fisico smunto, ma ben formato, e acuti occhi da furetto. Chissà quali vicende familiari aveva passato per ritrovarsi, lui, già adolescente, con dei bambini di nove anni. Capivo che stava a scuola per il caparbio interessamento del mio maestro che, evidentemente, sperava di aiutarlo a trovare una strada per uscire da una vita disgraziata.

In classe, quando c’era, si comportava bene, seguiva le lezioni e non dava fastidio. Però, a volte, non veniva affatto oppure veniva a scuola, ma, prima che la campanella ci chiamasse per entrare in aula, lui spariva e restava fuori a vagabondare. Ricordo che un pomeriggio, mentre in cortile aspettavamo di entrare, ci stupì tutti saltando un muraglione alto tre volte lui (quattro volte me, quasi): scavalcò il parapetto e puntando i piedi su uno stretto cornicione si diede lo slancio per allontanarsi dal muro e atterrare sulle punte dei piedi quattro metri più in basso. Ritornò su, lo rifece e, poi, corse via verso i campi.

Un giorno si presentò al maestro offrendogli un gentile omaggio: una “frunzitta”, un lungo ramoscello di non so quale albero, molto flessibile e liscio, denudato della corteccia. Il maestro ringraziò Boboreddu e accettò la bacchetta, la fece vibrare e sibilare nell’aria, poi la ripose, nascosta, dietro la cattedra e, evidentemente (perché non la vedemmo più), alla fine dell’orario la portò via.

Boboreddu ebbe il suo momento di gloria e di potere quando il maestro, dovendo lasciarci per una buona mezz’ora, lo mise a far da capoclasse col compito di scrivere alla lavagna i “buoni” e i “cattivi”. I primi cinque minuti li passammo studiandoci… Lui in piedi davanti alla lavagna col gessetto in mano, pronto a scrivere, ci guardava con occhi penetranti… Noi seduti nei nostri banchi facevamo finta di leggere il sussidiario e, al più, scambiavamo qualche parola con i compagni vicini, prima in sussurri e via via alzando la voce, guardandolo in tralice per capire le sue intenzioni… Quando ci parve che fosse innocuo e che anche lui non vedesse l’ora di far cagnara, cominciammo ad alzarci, a gridare, a lanciarci palline di carta, a darci spintoni e così via. Boboreddu lasciò che ci scatenassimo, ma, quando nessuno più badava a lui, proruppe: - Ebbeh! A che l’accabbaes!?!
Al suo grido ci fermammo e, ad uno ad uno, ci sedemmo. Segnò a dito i più turbolenti: - Tue… e tue… e tue… Si volse verso la lavagna, ma, subito, si girò ancora verso la classe, stringendo gli occhi ci squadrò con uno sguardo furente e, ruotando il braccio in un gesto teatrale che tutti ci comprendeva, disse: - Tottu a su mastru… Tottu a su mastru li naro…
Poi si mise ad andare avanti e indietro, misurando l’aula a grandi passi, per tutta la larghezza, senza perderci di vista, così che ciascuno si sentiva addosso quegli occhi. Eravamo come ipnotizzati e rimanemmo muti per un buon quarto d’ora. Il maestro ci trovò così, silenziosi e tranquilli, e Boboreddu incassò una lode.

Io ero tra i primi della classe e, in qualche occasione, avevo aiutato Boboreddu nella risoluzione di un problema, guadagnandomi la sua stima e la sua riconoscenza.
L’anno seguente non era più in classe con me e non so se riuscì mai a finire le elementari. In verità non so neanche se passò la quarta perché, nonostante non fosse affatto scarso, dopo le vacanze pasquali le sue assenze si moltiplicarono. Né ebbi il coraggio di chiederglielo quando, dodici anni dopo, un conoscente comune lo chiamò a bere una birra con noi e ci “presentò”. Lui fu più veloce di me a ricordare, eppure io ero molto cambiato - stavo per partire per il servizio militare - mentre lui era rimasto più o meno come allora. Tirava a campare facendo qualche giornata di manovale o scaricando cassette al mercato.

Dopo la naia lo rividi, di sfuggita, un paio di volte.
Un saluto veloce:
– Ciao Boborè!
– Ciao, Ugo!

- Ciao, Ugo!
Quando udii il saluto, avanzavo sul camminatoio esterno che dalla sezione penale conduceva al braccio dei detenuti in attesa di giudizio. Davanti mi faceva strada una guardia carceraria e dietro avevo un impiegato della Direzione che mi accompagnava nel sopralluogo. Io guardavo il tetto in alto - ero lì per quello - e non mi ero accorto che sotto di noi, negli stretti cortili dell’aria per i detenuti in isolamento, ci fosse qualcuno. Quando, d’istinto, risposi al saluto e mi fermai un attimo per chiedergli che ci facesse lì, Boboreddu rispose con un sorriso triste, alzando le spalle e allargando le braccia (solo in seguito seppi che era stato arrestato per un fatto molto grave). Poi, proseguendo, sentii il bisogno di giustificarmi con i miei accompagnatori, dicendo loro che eravamo stati insieme alle elementari. Probabilmente qualcuno verificò la cosa, perché, anche se in quei primi anni ’70 “Badu ‘e Carros” non era ancora diventato il supercarcere da 41 bis, non vi si entrava comunque facilmente e, invece, tornai ancora, per il tetto e per altri lavori.

Non vi dirò di quale reato era accusato Boboreddu, nè come andò a finire il processo. I giornali ne parlarono, ma non volli leggere gli articoli.



Ho esitato a lungo, prima di postare questa storia. In questo forum ci si rilassa, ci si diverte. Non sapevo se era il caso di raccontare una storia triste. Mi son deciso dopo che ho letto, nelle cronache di questi tempi, cose truculente, giudizi trancianti, espressi sull’onda di emozioni forti, per il piacere del sensazionalismo e per aumentare la tiratura.
Ma ho letto anche di Soffiantini e di Farina. http://www.unionesarda.it/Dettaglio...tentId=14908

“…se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo.” Cantava De Andrè.


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