Forum Sardegna - S'affuente, il piatto che suona
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 S'affuente, il piatto che suona
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Istranzu

Utente Normale


Inserito il - 17/11/2011 : 18:28:08  Link diretto a questa discussione  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Di sciocchezze in internet se ne scrivono purtroppo tante a causa dell'ignoranza, e poi vengono riportate in buona fede. L'unica cosa giusta riportata ad esempio da un simpatico estimatore sardo è relativa al nome (S'affuente, da sa fuente, sardizzazione di fuente, suppellettile da cucina in catalano) ed all'uso profano come improvvisato strumento. Invito a consultare Don Dore, Gli strumenti della... musica popolare della Sardegna, Cagliari 1976, pp.173-174; Casalis (Angius), Vol III, Torino 1841, p.37; Suppellettile ecclesiastica I, di Benedetta Montevecchi e Sandra Vasco Rocca, ed. Centro D, Firenze 1988, alla voce Piatto per le elemosine, p.282 ed alla voce La confraternita p.415. Invito chi fosse interessato alla conferenza che terrò presso l' Istituto del Restauro a Firenze il 26 aprile 2012, dal titolo Elemosinieri, piatti da pompa e da parata, in cui parlerò anche dell'affuente di Ottana (e di Ghilarza, Tonata, Gavoi ecc) e degli altri elemosinieri sparsi in Sardegna. La scrittura non è in cirillico come qualcuno scrive,

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85,63 KBma in tedesco tardo medievale e poi gotico, ed usualmente riporta una frase augurale leggibilissima e comprensibile a chi conosce le lingue antiche, del tipo Er Wart Dir In Friede, che significa Egli ti mantenga in pace, o altre. Raramente per antichi piatti provenienti dalla ex Yugoslavia si hanno scritte in glagolitico, lingua medievale slava. Centri di produzione erano Norimberga in Germania e Mechelen (Malines) nelle Fiandre di cui riporto la foto di un pregevole e raro esemplare in peltro (sec.XVI) dalla mia collezione. Da Norimberga arrivò in Abruzzo un gruppo di ottonai tedeschi che rifornì a lungo le chiese dell'Italia meridionale. Per la Sardegna non si hanno dati precisi cioè non si sa se venissero prodotti in loco o importati dall'Abruzzo, ma nella mia raccolta ne ho uno che riporta in caratteri tardo gotici 1762 CA, dove il numero è certo la datazione, ma CA può essere sia Cagliari che le iniziali del fabbricante, mentre la scritta è volutamente antichizzata. Questi piatti sono in ottone, rame, argento, oro e molto raramente in peltro, e facevano parte del corredo delle chiese. Non certo usati solo per raccogliere le offerte da inviare in Terra Santa come qualcuno ipotizza, servivano principalmente per raccogliere le elemosine in chiesa durante le funzioni, per portare in processione gli strumenti della passione (chiodi, martello e tenaglie, come rilevato a Florinas) e durante le funzioni della Settimana santa, e in molte località in altre occasioni come a Tonara per S. Antonio il 17 gennaio. Circa l'origine non è provata l'origine bizantina anche se probabile, dato che la sua nascita come suppellettile religiosa ha luogo nel XV secolo in questa forma. Prima si utilizzano piatti senza questi tipi di lavorazione. C'è molto ancora da dire ma se qualcuno a Tonara o Ghilarza o altrove fosse interessato alla storia de s'affuente sono disponibile per una conferenza sul tema.






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DedaloNur
Salottino
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Inserito il - 18/11/2011 : 09:01:34  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Messaggio di Istranzu
Invito chi fosse interessato alla conferenza che terrò presso l' Istituto del Restauro a Firenze il 26 aprile 2012, dal titolo Elemosinieri, piatti da pompa e da parata, in cui parlerò anche dell'affuente di Ottana (e di Ghilarza, Tonata, Gavoi ecc) e degli altri elemosinieri sparsi in Sardegna. La scrittura non è in cirillico come qualcuno scrive,


esiste una locandina ufficiale dell'evento? la farei circolare.

potrei conoscere delle persone molto interessate all'argomento...







Modificato da - DedaloNur in data 18/11/2011 09:02:03

  Firma di DedaloNur 
Freddie Mercury - In My Defence
http://www.youtube.com/watch?v=4TgX...ture=related

"La parola è un'ala del silenzio"Neruda.

“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” Dante Alighieri

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Istranzu

Utente Normale


Inserito il - 18/11/2011 : 09:26:23  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Per DedaloNur: Grazie per l'interesse dimostrato. L'Istituto per l'Arte ed il Restauro ha già pubblicato una nota relativa alla conferenza, corredata da una mia (ridondante) bibliografia in cui si dice tutto e nulla. Le segnalo i due links:

http://www.spinelli.it/ita/progetto...g.asp?ID=301

http://www.spinelli.it/ita/leperson...i.asp?ID=191

A suo tempo sarà fatta anche una locandina, immmagino. Di questo tipo di piatti e bacili se ne sa molto e poco allo stesso tempo, nessuno ha mai approfondito l'argomento in modo serio e scientifico, e quindi circolano varie inesattezze che spero di correggere con questo lavoro che credo poi di pubblicare su qualche testo universitario.






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DedaloNur
Salottino
Utente Master



Inserito il - 18/11/2011 : 09:33:18  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
grazie istranzu, caso mai ci fossero conferenze in Sardegna, le segnali.








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Freddie Mercury - In My Defence
http://www.youtube.com/watch?v=4TgX...ture=related

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Istranzu

Utente Normale


Inserito il - 21/11/2011 : 11:52:20  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando


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Questo affuente proviene da Ghilarza, ed è stato portato dal sig. Ciantra, costruttore di organetti diatonici che risiede a Ghilarza, all'evento Maistros de Nugoro, tenutosi a Nuoro fra il 18 ed il 20 novembre 2011. Appeso senza alcun cartellino esplicativo accanto alla collezione di organetti di Carlo Boeddu, ma conosco bene questo esemplare.
Anzitutto è un piatto fatto abbastanza recentemente (credo pochi anni fa) da un artigiano sardo (non so di dove, forse ad Isili) che non conosce evidentemente gli originali elemosinieri, ed che ha quindi cercato di interpretare la richiesta del gruppo di Ghilarza che lo utilizza.
Per capirsi, gli originali non hanno mai una decorazione centrale a coppelle su fondo picchiettato di bugnature lineari, nè sulla tesa hanno una decorazione a denti di lupo (triangoli con vertice verso l'interno). Inoltre le dimensioni degli elemosinieri antichi fino al settecento hanno un diamentro maggiore, da 40 fino a 50 cm mentre dall'inizi-metà del XVIII secolo il diametro si riduce a 25, massimo 35 cm. Circa il foro sulla tesa, lo stesso è presente in molti piatti per la sospensione ad un chiodo, ma lo stesso è più ampio per far passare la capocchia. Si trovano spesso due o tre fori nei quali passavano 3 ribattini che fermavano un anello di sospensione. Negli affuentes originali si è spesso attaccato al bordo della tesa un anello onde evitare che il bordo del foro tagliasse il laccio di sospensione.
La chiave poi è evidentemente di ripiego, di fattura prima metà del XX secolo. Se è vero che il sacrestano era uso battere la chiave contro il piatto per richiamare i fedeli durante la questua, è anche vero che le chiavi in dotazione al sacrista erano almeno 3: una per il portone della chiesa, una per la sacrestia ed una per la canonica. La prima era in genere molto più grossa delle altre (e quindi non indicata per il peso, per l'impugnatura e per non deteriorare il piatto), anche per motivi simbolici ma più che altro perchè il portone era più grande. Per l'utilizzo "musicale" si può pensare all'utilizzo di una chiave di dimensioni intorno ai 15 cm , quindi probabilmente da sacrestia o del portone della canonica.
Da rilevare la lunghezza del laccio che deve essere impugnato infilando il pollice sinistro nello stesso, stringendo il tratto doppio col pugno ma arrivando col mignolo alla tesa del piatto, che con la mano deve necessariamente essere bloccabile in qualche modo durante l'uso altrimenti inizia a ruotare, impedendo l'esecuzione dello sfregamento della chiave sul cavetto. Questo sfregamento deve essere fatto in due modi: o sulla parte liscia, ottenendo un suono uniforme, o facendo scorrere la chiave sulle parti in altorilievo, il che dà un suono più ronzante, ritmato. Importante rilevare che il piatto viene generalmente utilizzato dalla parte posteriore, mentre per la parte superiore si può sfregare solo nel cavetto e non sugli altorilievi del fondo, che non darebbero una resa cromatica buona come quella data dalle cavità posteriori. L'esecuzione dei suoni è ritmata ma monocorde, intervallata da picchiettii della chiave (tenuta nella destra) contro la tesa o l'interno. Il ritmo per il ballo è quindi ottenuto variando la lunghezza dello sfregamento e il numero dei rintocchi. Il risultato è in qualche modo un accompagnamento ritmico senza altri suoni che possano formare una melodia. Solo ultimamente si sono avuti dei tentativi di inserimento de s'affuente in piccoli gruppi musicali con la presenza contemporanea o alternata di sonettos, ghiterra, trunfa e pipiolu.






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Istranzu

Utente Normale


Inserito il - 21/11/2011 : 12:46:28  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando


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Questo affuente in rame, di Ghilarza, di fattura più arcaizzante, è in possesso del Gruppo Folk Onnigala e probabilmente da questo esemplare è stato copiato quello più recente in ottone di cui ho già inserito due foto. Questo bacile (non piatto!) presenta una lavorazione a file intervallate di 5 puntini lungo il bordo del cavetto, ed a piccole linee diagonali ottenute con un bulino a scalpello lungo i bordi delle 7 coppelle; sulle stesse è stato fatto un puntino a rilevo che ricorda da vicino una mammella, mentre sulla coppella centrale i puntini a rilievo formano una decorazione metopale. Il fondo del cavetto è ribattuto a martello per ottenerne l'indurimento. Probabilmente eseguito da un ramaio isilese in epoca non recente ma neanche antica, nella posizione delle 7 coppette ricorda la figurazione del cd sole delle Alpi, motivo molto usato fin dal medioevo in Sardegna e di utilizzo corrente nelle decorazioni dei ramai isilesi. Data la presenza di due coppie di fori contrapposti sulla tesa si deve pensare all'esistenza di due prese a maniglia, per cui l'oggetto pare sia stato costruito ed usato non come elemosiniere ma come contenitore di altre cose. Non mi è dato sapere cosa, ma in funzione delle dimensioni e della distanza fra i fori non si potrebbe parlare di braciere. Sarebbe estremamente interessante per me avere qualche commento da parte del gruppo Onnigala per accertare la provenienza e l'età del bacile.






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Istranzu

Utente Normale


Inserito il - 21/11/2011 : 15:46:34  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando


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Per meglio comprendere l'evoluzione dell'affuente, presento qui un eccezionale esempio di elemosiniere sardo; in ottone e del diametro di 35,4 cm è un capolavoro di tecnologia in quanto presenta molte diverse lavorazioni.
Partendo dal centro, la stella a sei punte di cui parlo in altro commento è ricavata in un tondello fuso, che è stato saldato al centro del piatto. Fra i petali della stella (circondata da un a incisione ottenuta a bulino che sottolinea i petali) vi sono in alto 4 numeri, 17 e 62, in basso C ed A tardo gotica, e. Intorno c'è un cerchio a rilievo ottenuto per pressione dal lato posteriore; oltre, una girandola destrorsa tipica per questa classe di materiali ottenuta con matrice dal lato posteriore. Intorno, fra due cerchi a rilievo ottenuti a pressione una striscia decorata a racemi fitomorfi racchiudenti alternativamente un giglio (?) ed una rosa, ottenuta dal lato posteriore con punzone cilindrico rotolato sul piatto.
Oltre il cerchio di contorno, una fila di punzonature fatte sul lato anteriore e quindi nella parete del cavetto una piccola e serrata martellinatura per indurire il metallo, con effetto a rete. Sulla tesa una martellinatura più dolce e spaziata, terminante al bordo ripiegato su di un profilato di ferro.
I numeri indicano l'anno di produzione 1762, la sigla CA potrebbe sembrare quella di Cagliari (e non è detto che non lo sia) ma più probabilmente sono le iniziali dell'artigiano non ancora individuato.
Interessante ricordare che data e punzone in lettere gotiche (il trattino centrale della A è rappresentato da due segmenti collegati fra loro con angolo ottuso e vertice in basso) vengono utilizzati in questa forma dagli argentieri cagliaritani fino al 1768 e sostituiti poi dal punzone dell'assaggiatore piemontese. Per il periodo intorno al 1762 non sono menzionati argentieri sardi con queste iniziali intorno al 1762 (Pisolini, Argentieri sardi o attivi in Sardegna dal Medioevo all'Ottocento, in Biblioteca Francescana Sarda, VII, pp.319-335).

L'oggetto presenta quindi sia il cd. sole delle Alpi di uso comune fra i ramai isilesi (vedi Franco Carcangiu, L'artigianato del rame, Zonza editori, Sestu (CA) 2003, che mostra parecchi esempi di questo tipo di decorazione centrale sui rami sardi d'uso comune) sia la girandola che ha un chiaro riferimento religioso e che è costantemente presente sugli elemosinieri sardi o pervenuti in passato nell'isola. Sembra quindi che l'artigiano abbia voluto coscientemente indicare sia la destinazione d'uso che la provenienza locale del piatto, e quindi questo piatto segna il punto di incontro fra l'antico ed il nuovo. Si notino i punti sulla estremità dei petali della girandola, a cui l'esecutore del più vecchio affuentu di Ghilarza ha fatto riferimento nella esecuzione delle coppelle mammellonate.
Questo piatto non presenta particolari tracce d'uso e di deterioramento oltre alla normale patina del tempo, segno evidente che è stato poco utilizzato (in occasioni religiose) ed è sempre stato conservato con molta cura; si è trattato probabilmente di un bene conservato fino alla morte da un appartenente a qualche confraternita religiosa e poi passato al mercato antiquario senza essere stato riconosciuto.







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Istranzu

Utente Normale


Inserito il - 24/11/2011 : 16:10:30  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando


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Tornando al piatto o bacile di Ghilarza, abbiamo visto dapprima un piatto recente e poi uno più vecchio, ma di quanto? Ambedue presentano 6 coppelle al centro del cavetto, con una centrale. Il piatto più recente mostra solo 7 emisfere, quello più vecchio mostra 6 emisfere mammellonate e una serie di puntini su quella centrale. Ma chi lo ha fatto, da dove ha tratto l’ispirazione? O è stata una invenzione figurativa?
In effetti esiste un modello precedente, molto più antico e di provenienza tedesca, un elemosiniere che presenta una serie di sei melegrane circondate da tralci e disposte intorno ad un umbone centrale. I frutti sono tutti semiaperti e mostrano i chicchi all’interno. Questo piatto è nella collezione del Museo del Castello Sforzesco di Milano, e fu pubblicato da Oleg Zastrow nella Rassegna di Studi e di Notizie, Vol.IX, Anno VIII, a pagina 540 del Catalogo fra diecine di altri elemosinieri. L’autore lo datò alla seconda metà del XV secolo senza darne la provenienza.
Ci sono ancora due elemosinieri nel catalogo milanese coi nn.2 e 3 alle pagine 496 e 497, che invece delle melegrane hanno 4 e 5 cardi, stessa datazione, senza provenienza.


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In questi piatti sono evidenti i motivi rotondeggianti che intervallano quelli fitomorfi. Manca un esempio con sei cardi ma è facile supporre che sia stato eseguito a suo tempo.
A 30 anni da questa pubblicazione gli studi hanno potuto stabilire che questi piatti sono stati prodotti verso la fine del XV secolo-inizi del XVI nella zona di Norimberga, in grandissima quantità ed in modo ripetitivo, raggiungendo così anche luoghi lontani come appunto la Sardegna. Con grande probabilità nella zona di Ghilarza almeno uno di questi elemosinieri era nella dotazione di una chiesa ed è servito da modello per riproduzioni successive sempre meno attente alla resa dei particolari, perché mentre negli originali tedeschi la produzione si avvaleva di punzoni che rendevano il lavoro preciso e ripetitivo, nelle riproduzioni diventava difficile rifare fedelmente tutte le rappresentazioni fitomorfe e le scritte gotiche. Ovviamente non si può dire quanti stadi intermedi ci siano stati fra un originale della fine del XV secolo e il piatto del gruppo folk Onnigala.






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Istranzu

Utente Normale


Inserito il - 24/11/2011 : 16:39:45  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando


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Circa poi la presenza di vari puntini a sbalzo sull'emisfero centrale del piatto "vecchio" di Ghilarza c'è un confronto stringente con un elemosiniere di Orani che qui presento scusandomi della pessima qualità della foto fatta attraverso il vetro della bacheca e con un vecchio cellulare. La legenda adespota in bacheca riporta
Bottega tedesca?
XVI sec.
Ottone dorato,
Sbalzo e cesello
ma le indicazioni vanno corrette in quanto la bottega molto probabilmente non è tedesca ma sarda, il secolo è il XVIII, l'ottone non è dorato e la lavorazione è a punzone (vari) e martello.
Malauguratamente i 3 elemosinieri oranesi non furono pubblicati nel libriccino a cura di Francesca Pirodda Seda, Prata e Oro, Arte Sacra ad Orani, edito in occasione dell'Anno Giubilare 2000 per cui sono sfuggiti all'attenzione degli studiosi






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Adelasia

Moderatore

Penna d'oro


Inserito il - 25/11/2011 : 19:29:02  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Adelasia Invia a Adelasia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Premetto che apprezzo molto questa originale e accattivante discussione, ricca di fascino e di atmosfere antiche spesso misteriose.

S'affuente, che evoca nei miei ricordi un suono aspro scaturito dallo sfregamento di una grossa chiave, credevo riportasse caratteri cirillici indecifrabili : ora apprendo da Istranzu ( che tanto istranzu non pare, vista la puntuale conoscenza di tanti aspetti della Sardegna) che il nostro "piatto" riporta una frase augurale leggibile.

Sono stupita anche dalla presenza di diversi "piatti" nella nostra isola: personalmente "s'affuente" l'ho sempre associata ad Ottana perchè, pur essendo a conoscenza anche di quella di Ghilarza, ho l'impressione che la sua comunità ne abbia perpetuato e tramandato costantemente l'utilizzo.

Quoto DedaloNur per quanto riguarda le conferenze...






Modificato da - Adelasia in data 25/11/2011 23:18:29

  Firma di Adelasia 

Castello di Burgos

Burgos (Ss)

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

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drFolk
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 27/11/2011 : 10:56:35  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di drFolk Invia a drFolk un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
A Lula è custodito un "affuente" (anche se non ha questo nome) e lo si usa il Giovedì Santo per la cerimonia de s'Iscravamentu.






  Firma di drFolk 
Lollove

Nuoro

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

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Istranzu

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Inserito il - 05/12/2011 : 16:20:20  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Per Udiyaki, facci avere una buona foto rectoverso della affuente di Lula. Al femminile, non al maschile come già prima scritto, in quanto viene dallo spagnolo fuente, s.f. che tradotto significa padella. Da questo vocabolo, in Sardegna diventa sa fuente al femminile, poi s'afuente e poi si inizia a scrivere s'affuente. Max Leopold Wagner esattamente lo indica al femminile nel suo Dizionario etimologica sardo, mentre Tonino Rubattu nel suo pur ottimo dizionario scrive solo affuente: cabaré, vassoio. Altri la danno erroneamente al maschile.
Tornando a Lula, vorrei sapere dove il piatto è conservato, e se esiste una copia moderna per uso musicale.
Interessante far notare che questi piatti si chiamano elemosinieri, e sono di matrice tedesca da Norimberga, poi ripresi nelle Fiandre a Mechelen (Malines). In Italia vengono prodotti in grande copia da un gruppo di ottonai di Norimberga stabilitisi in Abruzzo nel XVI secolo, ed è molto strano che in Sardegna ci siano questi elemosinieri di derivazione germanica e non quelli di derivazione spagnola, che di differente hanno le dimensioni (max. 35 cm) ed una statuetta al centro del piatto, solitamente un'anima del purgatorio che prega uscendo al di sopra delle fiamme. Proprio ieri ne ho riconosciuta ed identificata una a Gadoni, in legno, del XVIII secolo, con piatto di dimensioni minuscole e molto spesso sì da sembrare un basamento alla statuina. Addentrarsi nello studio di questi oggetti porta lontano.






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Istranzu

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Inserito il - 10/12/2011 : 17:46:22  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
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Questo elemosiniere è il mio ultimo acquisto di fine novembre sul mercato antiquario internazionale. Trovato presso un antiquario francese mio corrispondente ha una iscrizione in tedesco, in gotico classico della prima metà del XVI secolo ma la tipologia è visibilmente più recente, diciamo inizi XVIII secolo a causa di due fattori: il primo, le dimensioni cioè il diametro cm 36,5 mentre quelli anteriori alla fine del XVII secolo sono nettamente più grandi, fino ai 45-52 cm, lo spessore è maggiore di quello dei piatti più antichi il che gli da una risposta fonica alla percussione più estesa negli hertz e nella timbrica; il secondo lo stato di conservazione troppo buono per essere più vecchio. L'iscrizione è praticamente identica a quella esterna dell'elemosiniere della cattedrale di S.Nicola di Ottana, chiaramente più antico e con due iscrizioni circolari nel cavetto.
Mancano fori ed appiccagli, il che denota che non è mai stato appeso ma solo appoggiato su qualche pianale, e fa pensare ad una copia recente di un esemplare del XVIII secolo. Troppo bello insomma per essere vero, ma tutto è possibile in questo campo. D'altronde per ottenere oggi questo piatto per imbutitura alla pressa senza troppa spesa occorrerebbe avere uno stampo e controstampo che costano molto e sono ammortizzabili solo eseguendone molti esemplari. L'ho ripulito appena ricevuto ed i dubbi sulla autenticità sono restati insoluti. In ogni caso l'ho trovato interessante per la mia collezione e l'ho acquistato per la scritta in rilievo identica a quella del piatto più antico, di Ottana. Il suo utilizzo come affuente è possibile, come già detto sopra, con una varietà cromatica di suoni abbastanza estesa in funzione del punto di percussione e della tecnica di utilizzo, che nel caso di Ottana è restata ferma a vecchi stilemi in nome della tradizione senza evolversi e senza tentare nuove timbriche più variate che darebbero più "colore" all'esecuzione. Più avanti parlerò della possibile tecnica di utilizzo dell'elemosiniere come affuente, di come sorreggerlo durante l'esecuzione e che tipo di chiave utilizzare. Mi spiace che nonostante i contatti avuti e le assicurazioni da varie parti ricevute circa l'invio di foto e notizie nessuno si sia ancora fatto vivo. Pertanto questa anticipazione iin diretta dello studio che sto mandando avanti su questa classe di materiali risentirà di questa situazione.







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Istranzu

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Inserito il - 18/12/2011 : 12:59:21  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Confermato l'appuntamento del 18 febbraio ad Ottana per una conferenza su questo tema che probabilmente non interesserà molti ma che cercherà di far luce sulla storia degli elemosinieri in Sardegna e del loro utilizzo in alcune aree del centro Sardegna e della Barbagia ben identificate come strumento "musicale" di accompagnamento al ballo. I paesi finora interessati sono principalmente Ottana, Ghilarza, Tonara, Gavoi, Gadoni, Orgosolo ed altri, praticamente tutti entro la fascia che dal Guilcier-Barigadu si estende attraverso la Barbagia di Ollolai alla Barbagia di Nuoro passando per il Mandrolisai. L'areale distributivo delle affuentes quindi non copre tutte queste subregioni ma si estende fra le une e le altre.





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Istranzu

Utente Normale


Inserito il - 19/12/2011 : 12:08:35  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istranzu Invia a Istranzu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
L'aspetto interressantissimo dal punto di vista della storia dell'arte e della cultura in Sardegna è quello di una domanda senza apparente risposta plausibile: se la Sardegna è stata sotto la dominazione politica, militare, culturale, artistica della Spagna dalla prima metà del XIV secolo a tutto il 1709 perchè gli elemosinieri presenti in quasi tutte le chiese, cappelle, confraternite sarde, risalenti al periodo fra metà del XIV secolo e metà XVIII secolo, sono tutti di matrice tedesca o talvolta fiamminga? Finora un solo elemosiniere di matrice spagnola, forse fatto in Spagna ma più probabilmente copiato in Sardegna da un originale spagnolo adattando le misure del piatto alle dimensioni di partenza del legno da lavorare, è stato da me rintracciato (Gadoni, museo parrocchiale, in legno dipinto, probabilmente collocabile fra seconda metà del XVII secolo e metà del XVIII) a fronte di diecine e diecine di elemosinieri in ottone, qualcuno in rame, finora uno solo in argento a Sassari.
Qui di seguito l'elemosiniere ligneo di Gadoni confrontato con un elemosiniere sicuramente spagnolo, quasi certamente catalano, che presenta un orante fra le fiamme (anima del Purgatorio) al centro di un piatto di ottone. Si noti la differenza di esecuzione, colta in quello catalano, naive e popolaresca in quello sardo.
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La matrice tedesca (area di Norimberga, o della Mosa) è chiaramente espressa dalle scritte in rilievo, con grafia tedesca dapprima in gotico arcaico e poi più recente. Negli esemplari tardi fabbricati fuori dall'area mosana le scritte beneaugurali non hanno più senso, in quanto chi le riproduce non ne conosce il significato, e spesso vengono anche sostituite le lettere gotiche con simboli senza senso ma che dovrebbero rappresentare lettere di alfabeti sconosciuti.
Qui di seguito un elemosiniere da Orgosolo, con San Giorgio e il drago, che presenta una scritta augurale gotica molto simile a quella del piatto di Ottana.


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 Regione Sardegna  ~ Prov.: Sassari  ~ Città: Alghero  ~  Messaggi: 80  ~  Membro dal: 02/04/2010  ~  Ultima visita: 17/10/2014 Torna all'inizio della Pagina

Adelasia

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Penna d'oro


Inserito il - 19/12/2011 : 17:46:07  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Adelasia Invia a Adelasia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Continuo a seguire con interesse l'affascinante viaggio nel quale ci guida Istranzu, al quale pongo un questito, tra i cento che mi vengono in mente: quali sono le decorazioni prevalenti? Noto infatti motivi decorativi di vario tipo, e mi chiedo se abbiano anch'essi un significato particolare o una valenza esclusivamente estetica...





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Castello di Burgos

Burgos (Ss)

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

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