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Nota Bene: Gli Issohadores - con un corpetto rosso e pantaloni bianchi, panno frangiato, cintura di piccoli sonagli, lungo laccio ( soha ) e cappello nero ad ampia falda, si dispongono all'esterno, davanti, al centro e dietro, lasciando solo a uno il compito di coordinamento e di guida. La funzione esteriore appare quella di garantire lo svolgimento del rituale e di catturare prede, oggi prevalentemente femminili, con la soha . quasi a riaffermare e riproporre le modalità dell'azione che ha portato al dominio del gruppo che controllano



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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Andros Inserito il - 15/10/2009 : 23:15:56
Erano sicuramente frequenti le opportunità per far festa in Sardegna. Oltre a quelle comuni per onorare le ricorrenze religiose, c’erano quelle istituite in concomitanza con le significative fasi della vita individuale e collettiva.
L'intenzione di questo post è quello di far riemergere quei particolari riti caduti ormai in disuso. Ringrazio sin d'ora quanti vorranno intervenire e segnalare tali cerimoniali dimenticati, attraverso testimonianze letterarie e\o orali.
Comincio io col segnalarvi quanto affermato dal Della Marmora a proposito del "Graminatorgiu".

“Graminatorgiu”
Quando in Gallura termina la tosatura e si deve cardare la lana si invitano i parenti, gli amici e i vicini per fare il lavoro in comune.
Donne e ragazze vi partecipano numerose, spesso in ricchi costumi, e si siedono in circolo per lavorare mentre gli uomini se ne stanno insieme girovagando intorno a loro. Durante il lavoro, che dura parecchie ore, si cantano in continuazione delle strofe accompagnate dal suono di una chitarra dalle corde metalliche.
A volte le strofe sono improvvisate in un dialogo rimato fra uomini e donne, che prende avvio da un fiore offerto e spesso rifiutato, da una dichiarazione o da motivi simili.
Questo passatempo che coinvolge tutte le persone presenti, rende meno noioso il lavoro delle mani che da fattore principale nell’incontro finisce col diventare secondario. E quando non c’è più lana da cardare, si rompe il cerchio e si balla per ore intere. Questa riunione si chiama graminatorgiu, parola derivata dal verbo sardo graminare (cardare).


Un saluto, Andrea
15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
musthayoni Inserito il - 30/10/2009 : 10:07:26
.. è ormai prossima la notte della vigilia di Ognissanti, che in passato, secondo la cultura e le antiche tradizioni europee, segnava lo spartiacque fra un anno agricolo e l’altro e soprattutto, il momento in cui i morti ritornavano sulla terra per entrare in comunicazione con i vivi, in un generale rimescolamento cosmico ..
manu79 Inserito il - 27/10/2009 : 14:45:34
!!!!!!!

Si babborcu, hai capito benissimo cosa intendessi dire per versi banali e ridicoli!!!!!!!!!!

S'arangiu cun su mandarinu e is clementinasa/clementinu è veramente simpatica!!!!!! Sfido io, i presenti a non scompisciarsi dalle risate!!!!!!!

Giusto per rimanere in tema, da noi c'è che paragonò il marito defunto a "unu bellu mazzu de arravonellu postu in friscu" o chi "attittendi" il fratello morto, di professione pescatore nel verso disse "non has a passai prusu in bidda zerriendi anguidda ,anguidda!!!!!! Purtroppo non ho registrato o scritto i versi esatti, mi ricordo solamente la parte più divertente!

In effetti, certi "attittidus", sono rimasti impressi, proprio perchè si aveva la tradizione di andare appositamente ad ascoltarli (oltre che l'obbligo della doverosa visita "sa bisìta", per porgere "is passienzias", le condoglianze), e si era soggetti oltretutto all'ipercritica degli ascoltatori che memorizzavano in bene o in male i versi ascoltati.......... Insomma qualcuno andava per ridere e la finiva per piangere, qualcunu andava per piangere e si ritrovava ridendo [:255]..........
babborcu Inserito il - 27/10/2009 : 09:31:55
da quel che viene scritto si evince un'usanza funebre generalizzata nell'isola e pressochè costante, con le solite" microvarianti" locali...

si, Manu, hai ragione.. la mancanza di virtu' poetiche, il particolare momento che spingeva all'irrazionalità, la ripetizione di un rito obbligato e a volte non sentito pienamente portavano a espressioni stereotipate o ad invenzioni insensate e ridicole..

" aranzu b'at in s'ortu
Clemente meu est mortu
aranzu e mandarinu
m'est mortu Clementinu..." ( molto famosa a ittiri perchè gli astanti non si trattennero dal ridere)


" istringhide culu a pare
e lassademi passare
culu a pare istringhide
chen at de si occhire!.."

" preideru juanne
andade banne banne
preideru tilippu
andade lippu lippu
sa madre superiora
andade in bon'ora
sa reina in corona
andade in ora ona...
musthayoni Inserito il - 26/10/2009 : 17:01:27
.. Respuestas .. alla chiesa parrocchiale di Sestu .. anno 1778 ..

.. per la morte di parenti esiste il costume di non andare le donne in chiesa per ascoltare la messa fino a procurarsi un vestito da lutto ..
.. esiste anche il costume di cantare nenie e lamenti funebri (attitare) con molto pianto, in casa.

.. una prefica famosa che veniva chiamata spesso ai funerali perchè molto brava nel fare .. is attitidus .. era tzia Arrichetta S. .. la quale operò senza interruzione fino alla metà degli anni 50 ...
manu79 Inserito il - 24/10/2009 : 16:57:19
Si Babborcu, in effetti è proprio così: mi è stato raccontato di un ragazzo, talentuoso nel canto, che in occasione della morte della fidanzata (ufficciale ovviamente), partecipo a s'attittidu salutando non solo la compagna defunta, ma esprimendo il suo dolore ed il suo saluto, con un verso specifico per ogni componente della famiglia: il suocero, la suocera, i cognati e le cognate. Sempre per sentito dire, qui da me, in alcune famiglie, ogni componente adulto era invitato a comporre almeno un verso di saluto nei confronti del caro estinto, e solitamente, fermo restando che si trattasse di un compito prettamente femminile, anche gli uomini dotati di talento poetico e discrete capacità canore non si sottraevano a quest'usanza. Certo, qualche volta capitava che il componimento fosse in rima, ma non poi così tanto poetico ........a volte certi versi erano proprio........ ridicoli e banali.....
Confermo sempre per s' attittidu, quanto tu stesso hai già affermato, ossia il fatto che non essendo gradito dalla chiesa, si concludeva nel momento in cui giungeva "sa cunfraria" con il sacerdote nella casa del defunto per prelevarne il feretro. Confermo anche ad Elmas, l'uso del cibo preparato dai vicini e parenti e consegnato alla famiglia colpita dal lutto, sopratutto durante i primi giorni........... E' un'usanza quest'ultima che molti conservano ancora oggi. Ciao!
babborcu Inserito il - 24/10/2009 : 15:16:42
ruolo maschile nell'atitidu, integro, talora se la prefica interpellava o coinvolgeva un uomo, questo poteva rispondere nel metro poetico..

la moglie dell'ucciso, nella camera mortuaria, al carabiniere sardo che lo aveva uccico, di piantone.

pilu de oro in lama
chie d'at mortu nara?

carabiniere: deo l'appo mortu
pianghelu pilisortu
pilisortu pianghelu
e ja no fit un anghelu
no apperet furadu
furadu no apperet


moglie: dagli l'ana mandadu
non d'at neghe vostè
sa culpa est de du re
chi l'agattent brusiadu
maniscialli Inserito il - 24/10/2009 : 14:51:20
Nei giorni del triste evento nella casa del defunto non si cucina… le donne del vicinato si riuniscono e decidono chi per tre giorni a turno dovrà cucinare il pranzo o la cena per i parenti del defunto ...Per la messa del trigesimo chi vi ha partecipato viene invitato a casa del defunto per prendere il caffè con is pistoccus …al termine della messa dei tre mesi o per ambedue dipende dalla possibilità finanziaria viene distribuito il pane in nome del defunto…quando viene distribuito il pane viene distribuito con questa formula…”pappaisiddu in nomini de ………..si dice il nome del defunto…..e si deve rispondere “a d’agattai in sa mesa de su Paradisu”…questa usanza e tuttora in vigore in quel di Burcei…
babborcu Inserito il - 24/10/2009 : 12:29:35
era un compito femminile, manu, ma ho sentito di qualche rarissimo caso..avveniva quando un congiunto del defunto era una persona famosa per le eccezzionali doti poetiche... ma veniva criticato come comportamento " coeddu" ovvero di uomo he porta la gonna..
manu79 Inserito il - 24/10/2009 : 01:43:55
Giusto per ricollegarmi al discorso de "is attittidus", il lamento funebre, vi risulta che da qualche parte anche gli uomini si accingessero a "comporre" in tale occasione?
manu79 Inserito il - 24/10/2009 : 01:30:18
Gallosu ha scritto: ........Visto che siamo in vena di tradizioni diciamo "allegre" recentemente è scomparso il padre di mia cognata di Sanluri. Dopo qualche giorno dal funerale ci hanno portato un "coccoi" presumo in segno di ringraziamento o di buon augurio.
Da noi a Guasila non mi sembra di ricordare usanze del genere. Voi avete qualche altro riscontro?.......

Guarda gallosu, non so dalle tue parti, ma qui nell'interland cagliaritano in molti centri e soprattutto in alcune famiglie è rimasta la tradizione di distribuire il pane in occasione della messa di trigesimo. In rari casi qualcuno lo fa anche per la messa dell'anno......... Da me ad Elmas quest'usanza e quasi del tutto caduta in disuso, mentre nel vicino centro di Sestu (Mustha, appena ti liberi dai tuoi milioni di impegni, fatti vivo!) e rara la volta in cui non si ottemperi a questa tradizione. Oltretutto, di quest'uso, si è perso l'originale significato: un gesto di elemosina in suffraggio dell'anima del defunto, nei confronti dei più poveri e meno abbienti, invitati in cambio di questa carità a pregare per l'anima del morto. Il pane stava a significare anche la grazia di Dio......che si chiedeva di elargire copiosa nei confronti dell'anima, allo stesso modo in cui i familiari elargivano il pane nei confronti dei poveri....E' in fin dei conti la stessa usanza che si ha per la festa di Sant'antonio da Padova (conservatasi anche ad Elmas), solo che in tale riccorrenza, non vi è l'invito alla preghiera per l'anima. Il pane di Sant'Antonio, viene benedetto mentre quello dei defunti no. Uguale è anche l'usanza di tagliare il pane a "istruncius" senza il coltello e di baciarlo o segnarsi con la croce prima di accingersi a mangiarlo.
Ho detto che si è perso il significato di tale usanza (e per questo da noi qualcuno opta per gesti "meno tradizionali" e maggiormente efficcaci sul piano materiale) in quanto in origine il pane veniva distribuito soltanto ai poveri, o meglio i ricchi o chi non ne aveva veramente bisogno non lo prendevano. Oggi invece, essendoci meno poveri, o poveri diversi d'allora, tutti prendono il pane "de sa miss'e mottu" "de su mesi".
Giusto per rimanere in tema funebre e l'approssimarsi della riccorrenza di tutti i santi; in alcune parti del centro e Nord Sardegna, credo si usasse su cumbidu o comunque sia un pasto, nei giorni del funerale. Nella zona di cagliari mi sembra che soltanto Burcei avvesse la tradizione de su cumbidu in occasione de "sa bìta", la visita per porgere "is passienzias" le cordoglianze: a Burcei da quanto riferitomi, si distribuiva il caffè con "is pistoccus"come in occasioni liete quali battesimi, fidanzamenti etc.
Qualcuno mi ha raccontato anche di "attuttidus" che iniziavano proprio nominando i biscotti dell'invito funebre: .........Deu mi pappu custu pistoccu, a toccu a toccu.........
amada Inserito il - 23/10/2009 : 22:38:32
Rito per far suonare su suittu de obena (lo zufolo d’avena):

In “beranu” al mio paese, fino agli anni ‘settanta, era facile imbattersi in stuoli di ragazzini e ragazzine che suonavano “su suittu” costruito da loro stessi in questo modo: sotto il nodo di uno stelo d’avena, di cinque cm. circa, per accordarlo si praticava un taglietto a linguetta, di circa un centimetro; i bambini, mentre tenevano “su suittu” tra le mani strofinandolo leggermente, cantavano una filastrocca per far sì che questi emettesse il suono: era credenza che senza questo rito non avrebbe mai suonato:
Sona sona suiteddu
Ca ti fatzu a campaneddu
Sona sona zaccaredda
Ca ti fatzu a sonaledda
Sonaledda ‘e craddaxiou
Sona sona pitiou.


babborcu Inserito il - 23/10/2009 : 20:04:10
tizi.
muore il padre ultracentenario dell'uomo più pignolo e pedante del paese..
l'uomo va in escandescenze, nonostante gli astanti lo consolino ,ricordandogli l'età veneranda del defunto..niente da fare..
nel momento saliente , quando stanno saldando la bara di zinco l'uomo urla, strepita: "babbu meu caru caru!... poi si interrompe, freddo e : "li non e' saldato bene!"
e' successa davvero!
vista io... al cimitero, quando tutti i parenti stanno in riga per ricevere le condoglianze e la bara era sui cavalletti per la benedizione,, inizia a piovigginare,, il genero della defunta apre l'ombrello rigorosamente nero( lo portava qualche giorno prima in una festa di carnevale) ed una pioggia di coriandoli cade sulla bara! non posso descrivere la faccia della moglie!

due assegnoriccados sgridavano la madre chiedendole di non dire più le frasi di condoglianza antiche (patidelu pro deus.. a sa gloria..che rozze!) la vecchina chiede cosa si dicesse in fine , ovviamente "condoglianze"... al funerale via a fare le condoglianze ai parenti del defunto in fila . e "...xxxxxnze..xxxxxnze..xxxxxnze"


adesso torniamo in riga pero'!


babborcu Inserito il - 23/10/2009 : 19:52:24
da noi . raina e illierare .. significa gravisa e partorire per la donna e prossima e anzare per gli animali..
gallosu Inserito il - 23/10/2009 : 19:18:06
Anche da noi i termini "angiada" e "loba" viene utilizzato solo ed esclusivamente per gli animali. Almenochè non lo si voglia fare in tono offensivo ma allora il discorso è diverso.
Tzinnigas Inserito il - 23/10/2009 : 18:29:30
furittu ha scritto:

vi ricordate nelli anni 6' io parlo del 62 quando e nato mio fratello le nostre mamme ci dicevano di andare nelle case e dire alle persone (mamma anau de andai a biri su pippiu)e ci davano delle monetine....chi e di competenza con quale rito questo puo essere associato..grazie


Un bambino del mio paese, mandato per dare la buona notizia della nascita di due fratellini, si presentò dicendo:
Sei beniu po si fai iscì ca mamma esti angiada e adi fatt' a loba!
Questi termini noi li usiamo per indicare una nascita gemmellare, ma solo per gli animali

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