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Nota Bene: Sino ai primi del novecento si conservavano ad Ittiri diversi letti a baldacchino , di un tipo molto diffuso in tutta la Sardegna sin dal 1600 almeno e soppiantati quasi ovunque nel corso del 1800 da letti cittadini. Il caratteristico letto, detto " lettu a pabaglione ", arrivava all'altezza di oltre tre metri dal suolo ed il piano su cui si dormiva era alto circa m.1,80! Vi si saliva tramite una scaletta o una sedia e lo si addobbava con un apparto tessile molto ricercato, formato da coperte decorate e bande a filet. Nel 1908 il pittore costumbrista spagnolo Antonio Ortiz Echague dipinse a Ittiri uno di queti letti , nella tela detta "Hilandera "( la filatrice).



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 Uomini & cose- Ugo Pellis

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Marialuisa Inserito il - 25/08/2009 : 11:27:26
Uomini & cose
Ugo Pellis
Fotografie
Sardegna 1932-1935


A Lugano , fino al 13 settembre , una mostra interessantissima si occupa di un lavoro di ricerca che ha messo in rete le città di Udine , Lugano e Cagliari .
L'esposizione si sposterà a Torino nel febbraio del 2010.


Ragazzina in costume da festa - Tonara - inv. 3411
18 Novembre 1934
Quinto viaggio


E’ davvero incredibile che d’un fotografo-pioniere come Ugo Pellis, attivo sin dagli Anni 30 e noto solo ai più raffinati intenditori di primizie, ci si sia occupati così poco, e da un paio d’anni soltanto, in vista della folgorante retrospettiva minima «Uomini & Cose» (catalogo Giunti) che prima ha toccato Udine, ora a Lugano, sino a settembre, quindi, ragionevolmente, a Cagliari, nel Ghetto degli Ebrei. E non stupisce che a Lugano l’artista, chiamiamolo pure così, interessi il Museo antropologico delle Culture: perché Pellis, ideatore e estensore del monumentale Atlante Linguistico Italiano, è stato un grande e non meno pionieristico filologo romanzo, con propensione alla nascente dialettologia, agli scarti fonetici nelle varie zone linguistiche.

È vero del resto che Pellis, nato povero, studi quasi seminariali grazie al prevosto di paese, a Gorizia, che allora stava sotto la giurisdizione della Corona Austroungarica (ma lui fu irridentista e scapestrato: al punto d’esser esentato dalla vita militare), è tutto di cultura germanica e filologica. Studia a Innsbruck e Vienna, è in contatto con i maggiori studiosi internazionali e dunque impregnato della stessa cultura che ritroviamo in Warburg. Solo che Warburg pensava alle immagini e agli archetipi dell’iconologia, Pellis guarda invece alle parole-cose, come a idoli frettolosi e catturabili, da inseguire come insetti rari, per poi inserirli nelle sue gabbie scientifiche (e questo è molto importante, anche per capire la sua modernissima ed arcaica fotografia di rincalzo, petrosa e parlante, come un nuraghe ingessato nella polvere del tempo).

Positivista ma con misura, e molta autoironia. Per esempio, nutrito di cultura nazional-fascista, ma tutt’altro che littorio, scanzonato e libero, parte per la Sardegna, nel 1932 (sino al ’35, per sette consecutivi viaggi, anche di mesi: è l’argomento esclusivo della mostra) con una Balilla fiammante (o scalcinata, dirà qualcuno) che comunque gli è stata regalata dal Duce, per portare a termine quest’impresa eroico-rurale di documentare trionfalmente ogni angolo laborioso d’Italia. In realtà è il ministro Casati che gli ha permesso di abbandonare l’onesto lavoro di professore di liceo, ben assolto per decenni, e d’iniziare il suo massacrante «immane ed imperiale» lavoro sul campo («nobilissimo ma gravissimo»), con la benedizione di un’auto di sostegno, più che di regime (pare davvero un fotogramma di Tornatore, talvolta, la sua vita). Perfezionando il suo fortunato Questionario passe-par-tout, parole-chiavi e un innovativo sistema di trascrizione fonetica, per catturare le incredibili varianti della nostra lingua. Ma poi preferisce gettar via (non per motivi ideologici) la Balilla e proseguire a dorso di mulo, o a piedi, per essere più in sintonia con la terra che attraversa non da estraneo, inseguendo le corriere che attendono, per partire, l’unico postino trafelato, che macina chilometri al giorno, col borsone di pelle di capra sulla groppa.
Fonte

"IL PROGETTO "UOMINI E COSE"
Il tema della ricerca e dell'esposizione


Nel Dicembre del 1932, Ugo Pellis inizia un lungo viaggio di ricerca attraverso la Sardegna, che lo porta, nel volgere quasi ininterrotto di tre anni, a indagare sistematicamente la struttura e le peculiarità della lingua sarda, per la stesura del celebre Atlante Linguistico Italiano. Nel corso del suo lavoro "nobilissimo ma gravissimo", in parte insieme alla moglie Nelda, il filologo friulano visita 143 località dell'isola, percorrendo a piedi, sul dorso di muli e sulle traballanti ruote d'una Balilla donata dal Duce, migliaia e migliaia di chilometri, col suo carico di album d'illustrazioni, di questionari filologici, di taccuini da campo e di carte geografiche, che lo fanno spesso apparire agli occhi della gente un personaggio misterioso e buffo. Nel suo bagaglio anche un corredo di lastre fotografiche (poi di pellicole) utilizzate per ritrarre la realtà che circonda il suo universo di parole: uomini e cose che, nell'immaginario dello studioso educato a Vienna e a Innsbruck si configurano all'inizio, come una sorta campionario di archetipi della "mediterraneità".
Durante i tre anni di lavoro, un po' alla volta, il contatto umano e la quotidiana indagine linguistica gli permettono di capire la cultura sarda, sempre più dall'interno. Le sue fotografie fanno così il paio con i meticolosi questionari linguistici che egli impartisce alle centinaia di suoi informatori: ne scaturisce un ritratto di enormi proporzioni documentarie in cui immagini di un nitore talvolta inerme, e apparentemente prive di intenti decorativi, riproducono il contesto lessematico e l'articolazione interna del sistema/cultura ricalcandolo idealmente sul sistema/lingua che emerge dal lavoro di ricerca sul campo, attraverso il quale compone il suo Atlante.
Nella sua fotografia di "uomini e cose" c'è però molte volte qualcosa di più di un ritratto: c'è innanzi tutto il gusto di mettere in rapporto fra loro i volumi e le forme; in un gioco che ha spesso come obiettivo l'individuazione di un elemento centrale attorno al quale far "implodere" la composizione. Ciò è evidente nelle foto che ritraggono oggetti alla stregua di nature morte, ma si ritrova, con una struttura soltanto un po' più elaborata, sia nei ritratti di persone che troneggiano, come re umili, al centro di scene domestiche e agresti, sia nelle figure poste a ridosso di quinte geometriche che sembrano fatte quasi a posta per rivelare gli elementi della personalità nascosta nelle posture e nelle movenze appena accennate .


Casa - Milis - inv. 2047
6 Aprile 1933
Primo viaggio



Ugo Pellis.
Il telaio - Villagrande Strisàili - inv. 3510 -
6 Dicembre 1934
Quinto viaggio



Rocca e fuso - Thiesi - inv. 3827
29 Marzo 1935
Settimo viaggio


Durante i tre anni di lavoro, un po' alla volta, il contatto umano e la quotidiana indagine linguistica gli permettono di capire la cultura sarda, sempre più dall'interno. Le sue fotografie fanno così il paio con i meticolosi questionari linguistici che egli impartisce alle centinaia di suoi informatori: ne scaturisce un ritratto di enormi proporzioni documentarie in cui immagini di un nitore talvolta inerme, e apparentemente prive di intenti decorativi, riproducono il contesto lessematico e l'articolazione interna del sistema/cultura ricalcandolo idealmente sul sistema/lingua che emerge dal lavoro di ricerca sul campo, attraverso il quale compone il suo Atlante.
Nella sua fotografia di "uomini e cose" c'è però molte volte qualcosa di più di un ritratto: c'è innanzi tutto il gusto di mettere in rapporto fra loro i volumi e le forme; in un gioco che ha spesso come obiettivo l'individuazione di un elemento centrale attorno al quale far "implodere" la composizione. Ciò è evidente nelle foto che ritraggono oggetti alla stregua di nature morte, ma si ritrova, con una struttura soltanto un po' più elaborata, sia nei ritratti di persone che troneggiano, come re umili, al centro di scene domestiche e agresti, sia nelle figure poste a ridosso di quinte geometriche che sembrano fatte quasi a posta per rivelare gli elementi della personalità nascosta nelle posture e nelle movenze appena accennate. C'è, in secondo luogo, il tentativo di restituire le sensazioni prodotte dai paesaggi, come nella bellissima serie di fotografie scattate a Escalaplano a metà giugno del 1934 al momento del raccolto, o come nell'ampia sezione del reportage dedicata a Bonorva, in cui Pellis intende, in primo luogo, suggerire l'idea di un luogo aperto per ogni dove, con le strade inondate di una luce che trapassa gli individui ed è -a mala pena- trattenuta dalle case.



Asina e asinello - Meana Sardo . inv. 3092
6 Giugno 1934
Quarto viaggio



Ragazzina con brocca (kadinu) - Baunei - inv. 2501
13 Marzo 1934
Terzo viaggio


C'è in terzo luogo una ricerca frequente di inquadrature capaci di rivelare come le piccole cose rimandino alle grandi, in un gioco sorprendente di miniaturizzazioni culturali, cui non è estraneo nemmeno il gioco di ritrarre i bambini vestiti da adulti come accade per i ragazzini in costume maureddino di Teulada, per il bambino di Bonorva vestito da frate in ossequio a un voto o, in modo raffinato, nella bellissima foto della bambina di Tonara alle spalle della quale si specchia una donna di spalle che cammina in direzione opposta, lungo una strada che viene istintivamente da pensare sia quella della vita. Sono assonanze e giochi che inevitabilmente interrogano il lettore dell'opera sullo spessore della ricerca visiva di Pellis e sul suo frequente manifestare un mondo della poesia e dell'arte che non solo egli conosce per le buone letture dei suoi studi classici, ma pratica come poeta e narratore in lingua friulana. Per Pellis la Sardegna è "la terra sacra per la tenace conservazione delle impronte di Roma": il luogo dove si conservano ancora vive le tradizioni di una mediterraneità altrove già inevitabilmente compromessa dall'avanzare del mondo moderno. La Sardegna è dunque anche per lui, come per un'ininterrotta serie di viaggiatori stranieri che visitano l'isola negli anni Venti e negli anni Trenta, un universo esotico in cui non dimorano però i selvaggi o i "primitivi", ma i discendenti inconsapevoli della romanità e di epoche ancora più remote che hanno continuato per secoli ad ardere sotto uno strato di cenere che si assottiglia man mano che dalle coste ci si muove verso l'interno di quelle Barbàgie a lui così care. Ecco che allora possiamo spiegarci l'insistenza dei ritratti di donne che filano, come Moire, dai volti incorniciati da fazzoletti e ornamenti che evocano tempi antichi. Viene da pensare che sia la metafora di un passato remoto che emerge a malapena dall'inchiesta del linguista che tocca con mano le cose semplici dietro alle quali vi è la profondità della storia. Nella fotografia di Pellis c'è poi la compassione per il mondo degli umili "che -come scrive in una sua bella pagina- con tutto il loro gergo furbesco non han trovato il modo d'ingannare la miseria, che li sospinge raminghi di piazza in piazza, di strada in strada, di stalla in stalla per un tozzo di pane". Si tratta però di un sentimento che non assume mai né i toni del paternalismo borghese di fine Ottocento, né quelli della denuncia sociale cui Pellis, autentico figlio del popolo, è estraneo per ideologia e per indole. La sua compassione è compresenza e si traduce nel tentativo di restituirci in modo disincantato le cose come stanno, senza nulla togliere e senza nulla aggiungere, con una posizione da osservatore partecipante ante litteram. Per lui le "magre condizioni della popolazione agricola" di Gàiro, di Tortolì e di tanti altri paesi, la "vita primitiva" ancora contraddistinta dallo scambio di merci di Perdasdefogu, la miseria, le architetture malsane e la malaria che fanno qua e là capolino sono dati di fatto con i quali lottare, rimboccandosi le maniche, senza aspettare l'aiuto di nessuno. Il "progresso" è giudicato negativamente se stravolge le regole della vita comunitaria e la solidarietà sociale, non se introduce cambiamenti che migliorano le condizioni di vita della gente. La sua è una visione sofferta, ma ottimista, che ha poco di "politico". Non denuncia, ma testimonia a prescindere dal giudizio sulle cose.


Uomo che pulisce fave - Escalaplano - inv. 3013
16 Giugno 1934
Quarto viaggio




Pinnéttu (capanna) – Ploaghe - inv. 3624
25 Febbraio 1935
Sesto viaggio

La Sardegna è dunque anche per lui, come per un'ininterrotta serie di viaggiatori stranieri che visitano l'isola negli anni Venti e negli anni Trenta, un universo esotico in cui non dimorano però i selvaggi o i "primitivi", ma i discendenti inconsapevoli della romanità e di epoche ancora più remote che hanno continuato per secoli ad ardere sotto uno strato di cenere che si assottiglia man mano che dalle coste ci si muove verso l'interno di quelle Barbàgie a lui così care. Ecco che allora possiamo spiegarci l'insistenza dei ritratti di donne che filano, come Moire, dai volti incorniciati da fazzoletti e ornamenti che evocano tempi antichi. Viene da pensare che sia la metafora di un passato remoto che emerge a malapena dall'inchiesta del linguista che tocca con mano le cose semplici dietro alle quali vi è la profondità della storia. Nella fotografia di Pellis c'è poi la compassione per il mondo degli umili "che -come scrive in una sua bella pagina- con tutto il loro gergo furbesco non han trovato il modo d'ingannare la miseria, che li sospinge raminghi di piazza in piazza, di strada in strada, di stalla in stalla per un tozzo di pane". Si tratta però di un sentimento che non assume mai né i toni del paternalismo borghese di fine Ottocento, né quelli della denuncia sociale cui Pellis, autentico figlio del popolo, è estraneo per ideologia e per indole. La sua compassione è compresenza e si traduce nel tentativo di restituirci in modo disincantato le cose come stanno, senza nulla togliere e senza nulla aggiungere, con una posizione da osservatore partecipante ante litteram. Per lui le "magre condizioni della popolazione agricola" di Gàiro, di Tortolì e di tanti altri paesi, la "vita primitiva" ancora contraddistinta dallo scambio di merci di Perdasdefogu, la miseria, le architetture malsane e la malaria che fanno qua e là capolino sono dati di fatto con i quali lottare, rimboccandosi le maniche, senza aspettare l'aiuto di nessuno. Il "progresso" è giudicato negativamente se stravolge le regole della vita comunitaria e la solidarietà sociale, non se introduce cambiamenti che migliorano le condizioni di vita della gente. La sua è una visione sofferta, ma ottimista, che ha poco di "politico". Non denuncia, ma testimonia a prescindere dal giudizio sulle cose. Le sue fotografie, in tal senso, non tolgono e non aggiungono nulla; non contengono manipolazioni visive, né cercano di restituire realtà artate. Vi troviamo la fatica, la povertà e la sofferenza, così come il gioco, l'abbondanza e il richiamo a un orgoglioso passato. Nelle sue inquadrature, il "moderno" non è occultato, né magnificato e, in qualche modo, il senso di tale equilibrio costituisce il valore aggiunto di un ritratto fotografico che, nel suo insieme, ci mostra molti segni di una realtà sociale e culturale in profonda trasformazione. Ciò non significa però che il suo obiettivo si astenga dal mettere a fuoco, quando può, l'antico che rimane asserragliato nelle sopravvivenze e il moderno che inesorabilmente avanza. La fotografia di Pellis è, in questo, capace di produrre quel contrasto, che è solo nelle corde poetiche e narrative dei grandi fotografi che, pur ritraendo una realtà sotto gli occhi di tutti, sono capaci di evidenziare gli elementi che se distaccano in modo significativo. Semmai vi è nella fotografia di Pellis un interesse consapevolmente profondo, che egli forse pudicamente nasconde, lo si deve rintracciare proprio nel suo gusto di ritrarre, laddove esiste ancora, il "bello" di un mondo popolare che, come scrive in diverse sue pagine, egli sente talvolta dolorosamente prossimo al tramonto. Laddove questo accade la sua composizione promana all'istante una più alta armonia, effetto di semplice compostezza di forme e di scabra assenza di simboli. Si manifesta allora un'ineffabile capacità di prendere per mano lo sguardo e di farlo addentrare nell'immagine che declina, in un originale modello stilistico, la visione culturale di Pellis e la sua irriducibile volontà analitica. Quando questo accade la fotografia trascende il documento e, senza indugi, è arte.


Mucchi d'orzo - Escalaplano - inv. 2950
17 Giugno 1934
Quarto viaggio




Nassa - Castelsardo - inv. 3697 -
11 Marzo 1935
Settimo viaggio




Donna con carico che viene dall'aia - Escalaplano - inv. 3003
17 Giugno 1934
Quarto viaggio


Pellis prepara il suo viaggio con cura meticolosa, studiando attentamente tutte le fonti bibliografiche a quei tempi disponibili. In particolare, fa tesoro dei lavori dell'illustre filologo tedesco Max Leopold Wagner (1880-1962), cui si deve una parte significativa delle conoscenze ancor oggi fondamentali sulla lingua e sulla cultura materiale del popolo sardo. Le prime interviste di Pellis sono quelle fatte nell'Aprile del 1929 ai militari della Brigata Sassari di stanza a Trieste con i quali comincia a impratichirsi dell'oggetto della sua ricerca. Il lavoro sul campo è attentamente pianificato. Pellis sbarca a Cagliari nei primi giorni di Dicembre del 1932 e intraprende un viaggio sistematico attraverso le località dell'Isola. Il suo sistema consiste nel trovare degli epicentri linguistici e culturali distanti fra loro lo spazio di una mezza giornata di viaggio. Da un epicentro si muove poi per svolgere le sue inchieste in località generalmente entro una trentina di chilometri dal punto di partenza. Muovendosi da un epicentro a un altro, ne approfitta per fermarsi in una o due località lungo la strada, così da «massimizzare» la resa del suo lavoro. Pellis è davvero infaticabile. La sua inchiesta linguistica tocca 170 tappe disegnando così sulla carta della Sardegna un'immaginaria fitta ragnatela di tratti culturali che costituisce ancor oggi una delle immagini più cogenti dell'Isola, setacciata con l'animo del filologo e con un'intima sensibilità d'artista. La ricerca di Pellis richiede sette diversi viaggi, ciascuno dedicato per lo più ad un settore geografico dell'Isola che corrisponde, ad una o più regioni storiche, per un totale di 440 giorni di lavoro. Il viaggio più lungo è il primo, attraverso il Campidano, il Sulcis-Iglesiente e via lungo la parte occidentale dell'Isola sino a Bosa. Il secondo viaggio è dedicato ad alcune località particolarmente isolate del Montacuto e delle Baronìe e dura soltanto 31 giorni. Il terzo viaggio lo porta ad attraversare l'Ogliastra da nord a sud, verso il Sàrrabus, il Gerrei e la Trexenta. Il quarto viaggio, che dura due mesi, è dedicato alla parte centro-meridionale dell'Isola e tocca 29 diverse località del Barigadu, del Sarcidano, della Marmilla, della Trexenta e dell'Ogliastra, e inoltre i paesi di Seùi e Meana Sardo. Il quinto viaggio, negli ultimi due mesi del '34, si svolge interamente attraverso le Barbagìe. Il sesto viaggio lo conduce nella parte nord-occidentale dell'Isola (Sassarese, Meilogu, Anglona). Il settimo viaggio con il quale conclude la sua ricerca sistematica nelle località dell'Isola copre la parte centrale e orientale della Provincia di Sassari, soprattutto nelle regioni storiche del Gocèano, del Montacuto e della Gallura.

Fonte e immagini

La mostra sarà a Cagliari al Ghetto degli Ebrei da Ottobre prossimo.
15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
natan Inserito il - 04/08/2013 : 14:22:50
Udiyaki ha scritto:

Ricordiamo che Ugo Pellis è l'autore delle bellissime foto alla beata Antonia Mesina!

ok, doverosa informazione. ciao Natan
ygerne Inserito il - 01/08/2013 : 01:42:42
Rosamunda ha scritto:

A Baunei si sta cercando di dare nome ai volti delle donne e uomini ritratti nelle foto...e qualche anziana ha riconosciuto qualcuno. Sarebbe proprio bello scoprire che tra questi c'è il nonno o bisnonno che non abbiamo mai visto .....la ricerca continua...


Ho trovato per puro caso la foto della ragazzina con brocca di Baunei... e googlando un po' sono finita qui... qualcuno ne conosce l'identità? Grazie....
Tizi Inserito il - 27/02/2011 : 12:01:41
ok Lalla poi ci sentiamo e ci mettiamo d'accordo
burrinka Inserito il - 26/02/2011 : 22:56:40
Tizi ha scritto:

Luisa...sesi u'ammori mi hai ricordato (mi ero dimenticata) questa fantastica mostra! Ci vado sicuramente



ricordati di me...mi interessa molto ^_^
Tizi Inserito il - 14/02/2011 : 12:51:05
Luisa...sesi u'ammori mi hai ricordato (mi ero dimenticata) questa fantastica mostra! Ci vado sicuramente
Marialuisa Inserito il - 14/02/2011 : 12:30:11
Tizi ha scritto:

Luisa, ho scoperto solo adesso questo post.....
Bellissime e molto suggestive le immagine....grandissimo lavoro svolto da Ugo Pellis....
Nel febbraio 2010 sarà a Torino...spero proprio di poterci andare.....


Uomini e cose
Ugo Pellis
Torino





Da sette viaggi compiuti da Ugo Pellis, linguista friulano, è nata la mostra “Uomini e cose. Ugo Pellis. Fotografie. Sardegna 1932-1935”, dal 27 gennaio al 29 aprile a Torino, Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia. In tre anni ha visitato 124 località dell’Isola, e sottoposto i suoi questionari linguistici a centinaia di persone. Dalle risposte ottenute e dalle immagini scattate è emersa una Sardegna inedita, che si può osservare nelle 36 stampe selezionate per l’esposizione di Torino, già ospitata a Udine, Lugano e Cagliari. Ad accompagnare la mostra, un catalogo, edito da Giunti Arte Mostre Musei, a cura di Alessia Borellini e Francesco Paolo Campione e, in occasione dell’inaugurazione, verrà presentato il VII volume dell’Atlante Linguistico Italiano “La famiglia e le età dell’uomo: la vita in famiglia, il bimbo e il ragazzino”.

Fonte
Rosamunda Inserito il - 28/11/2009 : 21:46:15
A Baunei si sta cercando di dare nome ai volti delle donne e uomini ritratti nelle foto...e qualche anziana ha riconosciuto qualcuno. Sarebbe proprio bello scoprire che tra questi c'è il nonno o bisnonno che non abbiamo mai visto .....la ricerca continua...
Barbaricina Inserito il - 21/11/2009 : 14:22:23
dimenticavo questa mostra!!!!

le foto mi sono piaciute moltissimo... adorando il bianco/nero... le ho trovate, oserei dire, piene di vita e molto espressive...
una particolarmente mi ha colpito... il sorriso del ritratto "Uomo che pulisce fave" ... (postata sopra)

si potevano fare foto... me ne fosse uscita una... troppi faretti che disturbavano....


ho anche avuto il privilegio di avere come regalo il libro...
Pia Inserito il - 20/11/2009 : 19:10:48
Tizi andiamo insieme a febbraio...lo diciamo pure a Lalla.....
Marialuisa Inserito il - 20/11/2009 : 19:06:33



Uomini & cose
Ugo Pellis
Fotografie Sardegna
1932- 1935
Cagliari -Centro Comunale d'Arte e Cultura del "Il Ghetto"
fino al 17 Gennaio 2010
La Musica in sottofondo è Mare Nostrum : Paolo Fresu - Richard Galliano - Jan Lundgren
Tizi Inserito il - 08/10/2009 : 20:06:33
Luisa, ho scoperto solo adesso questo post.....
Bellissime e molto suggestive le immagine....grandissimo lavoro svolto da Ugo Pellis....
Nel febbraio 2010 sarà a Torino...spero proprio di poterci andare.....
Marialuisa Inserito il - 08/10/2009 : 15:36:09


Santadi , 1933

Fondo fotografico Ugo Pellis



Proveniente dal Museo delle Culture di Lugano, giunge a Cagliari Uomini e cose. Ugo Pellis. Fotografie. Sardegna 1932-1935, quarta tappa del ciclo Esovisioni che l’istituzione museale svizzera dedica dal 2005 al tema dell’esotismo e, in particolare, alle peculiarità e ai caratteri della visione delle culture nell’opera dei grandi fotografi del Novecento.

La mostra, ospitata nella Sala delle Mura del Centro Comunale d’Arte Il Ghetto, propone 36 scatti che il grande fotografo friulano Ugo Pellis realizzò nel corso del lungo viaggio condotto fra il 1932 e il 1935 durante il quale toccò 124 località dell’Isola.

Centro Comunale d’Arte Il Ghetto


Inaugurazione: venerdì 9 ottobre ore 18

Apertura al pubblico: dal 9 ottobre 2009 al 17 gennaio 2010

Orario di visita: dal martedì alla domenica dalle 9 alle 13 e dalle 17 alle 21 – Chiuso il lunedì


Barbaricina Inserito il - 26/08/2009 : 10:45:21
Marialuisa ha scritto:

Ps: speravo che potessimo andare insieme qui , al Ghetto



avevo capito che la mostra fosse solo a Lugano...
allora ti prenoto come guida personalissima per vedere insieme queste meraviglie fotografiche al Ghetto...
drFolk Inserito il - 26/08/2009 : 10:37:22
Ricordiamo che Ugo Pellis è l'autore delle bellissime foto alla beata Antonia Mesina!
Marialuisa Inserito il - 26/08/2009 : 10:31:54
Chi ama andare à rebours , ascoltando il silenzio del tempo , può fare un bel tour della Sardegna dell'epoca grazie alla Società filologica friulana che ha catalogato e digitalizzato l’intero corpus documentario del Pellis

Sardegna 1932-1935

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