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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
ziama Inserito il - 17/10/2007 : 19:10:31
Sardinia's shepherds stage hunger strike to highlight their dying way of life
By Peter Popham in Rome
Published: 12 October 2007

Silvano Pistis will soon be hard at work. Lambing time at his farm on the island of Sant'Antioco, off the south-west corner of Sardinia, is a few weeks away. Then comes the busiest time of year as Mr Pistis, his two brothers and their parents buckle down to the task of getting the lambs weaned and fattened for Christmas. Farming is in their blood and no task is more traditional in Sardinia than raising sheep – but for the Pistis family, however, these days it is a dead loss.

"We can't go ahead," Mr Pistis says, flatly. "The big companies that buy our sheep's milk for cheese pay 70 cents per litre – the price hasn't gone up for 30 years. But the prices of everything else have soared. We used to receive a subsidy from the EU – ¿4,000 or ¿5,000 a year – but last year they stopped it. There is no way we can carry on. We are not making any money at all. The way things are going, we'll end up with no work, no farm, out on the street."

Today, Mr Pistis, a 27-year-old with a jutting chin and a grave expression on his ruddy face, is in Rome. For a week, he and other Sardinian farmers and fishermen staged a hunger strike in the municipal offices of a village in southern Sardinia, trying to get regional and national governments to notice their plight.

Now they have brought their struggle to the Italian capital because Mr Pistis's dire predictions are about to come true. He and his family could lose everything they own – their sheep, their farmhouse, the pens, the fodder, the barns, the lot. Everything is to be sold at auction to pay back at least a fraction of the ¿120,000 (£83,900) they owe banks.

The root of their problem is that in 1988 the Sardinian regional government gave them a cosy deal typical of those offered to Europe's farmers in the heyday of the Common Agricultural Policy – large loans at a low, fixed interest rate to modernise their farms. Four years later, the deal went spectacularly wrong when the EU declared it illegal and the low interest rates to be an unfair distortion of competition.

By this point, however, the loans had been spent and, once banks raised interest rates, farmers began slowly sinking in debt. Today, some 50,000 landowners owe banks ¿700m (£490m). Their only hope is to persuade central government to take emergency action to stop the seizures and fire sales from going ahead. But this hope has brought new fear into their lives.

Last week, a farm owned by one hunger-strikers was firebombed and Riccardo Piras, a leader of the group fighting to stop the sell-offs, received a letter containing a drawing of a coffin. "We will shoot you in the back and we'll blow up your farm with bombs," it promised.

It was a warning to drop the campaign to bring the farmers' problems to government attention. Sardinia's gorgeous coastline is one of the hottest properties for the Mediterranean tourism industry and, as farmers' woes have multiplied, the vultures of speculative finance have been gathering. Mr Pistis is in no doubt that if he and his family were to be forced off his farm, some hotelier would snap up the land at bargain price and build a resort on it.

The Sardinian crisis is one symptom of the larger malaise in Italian farming. Gianni Fabbris, a leader of Altra Agricoltura, a pressure group supporting the Sardinian families, said: "To cut agricultural spending, the EU wants to cut the number of farms which means, in particular, cutting those where there is the greatest concentration of workers. That means the farms of the Mediterranean – Italy in particular."

The policy presents a conundrum. Pastas, prosciuttos, cheeses, olive oils and other products made in Italy are huge sellers worldwide, yet production in Italy – with sliding subsidies and import markets open to the world – has become prohibitively expensive. Some of Italy's celebrated ham producers are rearing pigs in Romania at much lower costs, then bringing them to Italy for the last three months of their lives, so they can be accredited as Italian. The durum wheat used to make famous Italian pastas may be grown in Ukraine or other low-cost countries.

Meanwhile, Italy's farmers are going to the wall. Mr Fabbris predicts that by 2013, when most EU subsidies have been phased out, 40 per cent of the country's one million farms may have been forced out of business.


http://news.independent.co.uk/europ...e3052376.ece
15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Two Bikes Inserito il - 07/11/2008 : 23:37:37
dany ha scritto:

Sicuramente per quanto mi riguarda ho voglia ...
anche se sulle considerazioni del Bloch non è che sono proprio d 'accordo .
Dico questo perchè per appurare che una soluzione sia sbagliata è necessario tempo per dimostrarlo . Non si può dire a priori che lo sia . Non trovi ? Io credo nel mio piccolo di aver fatto qualcosa in passato e sono pronta a ripetermi . Anche sbagliando se necessario . Un vecchio detto sardo dice che " su carrigu s 'acconciara in sa strara " . Spero che tu capisca la variante sarda sulcitana un po' di più di quanto io stessa capisca quella di Alghero .


Vero. L'affermazione di Arthur Bloch è volutamente paradossale.
Uno dei problemi della nostra politica è che quando si cerca di mettere mano a problemi vasti e annosi (a volte è l'agricoltura, a volte è la scuola, la sanità etc.) si cerca di agire in una scala di tempo compatibile con la durata del mandato, per dare all'elettore la sensazione di aver affrontato il problema.

Questa modalità non è necessariamente sempre sbagliata, ma è inadatta, secondo me, a risolvere problemi macroscopici come quello che da il titolo a questo thread.

In pratica: la Regione vuol dare prova di efficienza (se ben ricordo era accaduto proprio alla vigilia delle elezioni) e decide di stanziare ingenti somme per sostenere l'agricoltura Sarda. E' una decisione "di impatto" ma non affronta il vero problema. La verità, nota ormai a tutti, è che in un contesto globalizzato la nostra agricoltura, senza le sovvenzioni pubbliche sarebbe destinata a soccombere. Se non si affronta questo problema, distribuire denaro pubblico alle aziende agricole non serve praticamente a nulla.

Senti , adesso mi hai incuriosito. Hai detto di aver dato un tuo contributo in passato. Di che si tratta?
Te lo chiedo perchè secondo me una soluzione definitiva potrebbe nascere proprio dal contributo personale di ciascuno.


dany Inserito il - 07/11/2008 : 06:28:05
Sicuramente per quanto mi riguarda ho voglia ...
anche se sulle considerazioni del Bloch non è che sono proprio d 'accordo .
Dico questo perchè per appurare che una soluzione sia sbagliata è necessario tempo per dimostrarlo . Non si può dire a priori che lo sia . Non trovi ? Io credo nel mio piccolo di aver fatto qualcosa in passato e sono pronta a ripetermi . Anche sbagliando se necessario . Un vecchio detto sardo dice che " su carrigu s 'acconciara in sa strara " . Spero che tu capisca la variante sarda sulcitana un po' di più di quanto io stessa capisca quella di Alghero .




Two Bikes Inserito il - 06/11/2008 : 19:07:50
dany ha scritto:

Penso che questo sintomo non sia acuto , ma cronico . Cronicizzato da tanto tempo e nessuno ha fatto nulla o quasi per cambiarlo.
(...)

Hai ragione da vendere, giovane amica, ma il passo successivo rispetto alla tua analisi è, secondo me, una domanda che ciascuno di noi si è già fatto in più di una occasione: "Ma io che cosa posso fare per cambiare questo stato di cose?".

Il grande Arthur Bloch ha scritto che per ogni problema complesso esiste una soluzione semplice, rapida da attuarsi, e sbagliata.
Come al solito ha ragione. La scala temporale per la soluzione ad un problema che si trascina da decenni non può essere espressa in mesi.
Ovviamente questo non è un buon motivo per desistere. Io credo che sia possibile trovare una via d'uscita, e di questo vorrei discutere con voi, se ne avete voglia.

Hasta la vista


dany Inserito il - 06/11/2008 : 06:24:01
Penso che questo sintomo non sia acuto , ma cronico . Cronicizzato da tanto tempo e nessuno ha fatto nulla o quasi per cambiarlo . Per quanto riguarda la Sardegna i pochi blandi tentativi di cambiamento sono stati drasticamente bloccati . Ora come diceva il buon Troisi ... non ci resta che piangere . Oppure ... darsi una mossa ma non a livello di chiacchere , quanto piuttosto a livello di nero su bianco ( senza riferimenti d 'oltreoceano) a livello di potere decisionale che andrebbe radicalmente cambiato . Se continuiamo a farci guidare da nanerottoli senza arte nè parte che sono la caricatura di loro stessi , che pensano solo ai propri interessi la crisi dell 'agricoltura rappresenterà solo la punta del famoso icerberg ...
Two Bikes Inserito il - 06/11/2008 : 01:08:53
Alziamo il tiro
L'attenta Ziama ha riportato in avvio di discussione un articolo dal quotidiano The Independent.
Mi sono permesso di tradurre gli ultimi tre paragrafi.

The Independent ha scritto:
(...)
La crisi Sarda è un sintomo del più vasto malessere dell'Agricoltura italiana. Gianni Fabris, uno dei leader di Altra Agricoltura, un gruppo di pressione che sostiene le famiglie Sarde, ha affermato: "Per tagliare gli stanziamenti destinati all' agricoltura, l'Unione Europea vuole ridurre drasticamente il numero di aziende produttrici che significa, in particolare, sopprimere proprio quelle con la maggiore concentrazione di dipendenti. Tipicamente quelle dell'Italia meridionale".

Questa politica genera un garbuglio. Vari tipi di pasta, prosciutti, formaggi, olii d'oliva e altri prodotti "made in Italy" sono largamente apprezzati tutto il mondo, per quanto la produzione in Italia - con sussidi pubblici sempre più striminziti e mercati di importazione aperti a tutto il mondo - abbia raggiunto costi proibitivi. Famosi produttori Italiani di prosciutto allevano suini in Romania a costi molto più bassi (gli stipendi sono circa un quarto di quelli Italiani. n.d.t.), e poi li fanno soggiornare in Italia per gli ultimi tre mesi di vita, in modo da poterli definire Italiani. Il grano duro impiegato per produrre la famosa pasta Italiana, può essere cresciuto in Ucraina o in qualche altro paese a basso costo.

Nel frattempo le aziende agricole Italiane sono alle corde. Il Sig. Fabris prevede che intorno al 2013, quando la gran parte dei sussidi dell'Unione Europea saranno cessati, il 40% degli imprenditori del settore - ad oggi circa un milione - potrebbe essere costretto a chiudere.


In sintesi, il giornalista afferma che la situazione disperata degli agricoltori e allevatori Sardi sia il sintomo acuto di un problema più generale, che coinvolge tutta l'Europa.
Secondo me quel giornalista ha ragione.

Voi cosa ne pensate?
teak Inserito il - 12/08/2008 : 17:40:53
The same thing thing happens in America. There are almost no family farms left. The subsidies should have never stopped.
The Conservative elements have really hurt farmers world wide. I think the EU should compensate.

teak
teak Inserito il - 24/07/2008 : 18:33:16
It seems I am told a lot of Wheat for Pasta in Italy comes from the Ukraine.

teak
Albertina Inserito il - 11/11/2007 : 21:11:52


Grillo di campagna

www.pierpaolovargiu.it/notizia1.php?id=520
Albertina Inserito il - 10/11/2007 : 19:28:25
Gio ha scritto:

Guarda che io non sono sardo e non vivo in Sardegna ho solo riferito ciò che ho sentito da sardi di Sardegna e letto da varie parti e anche in questo forum. Comunque l'agricoltura sussidiata e assistita non è una problematica solo della Sardegna ma di tutte quelle aree agricole frammentate in tante piccole aziende.


Guarda che i sussidi non vengono dati per agevolare l'agricoltore, ma per dare la possibilità alla gente di acquistare i prodotti della terra a basso costo. Dunque l'agevolazione è più per te che per me.
Quando l'agricoltura non riceveva gli aiuti comunitari si reggeva meglio, perché un quintale di grano ( parlo di 40 anni fa ) veniva pagato 50.000 lire.
Oggi viene pagato € 18 ( cioé 34.000 lire circa ).
Cerca di fare un po' i calcoli. Lo stato, secondo te, ha aiutato gli agricoltori?
Gio Inserito il - 10/11/2007 : 19:12:36
Guarda che io non sono sardo e non vivo in Sardegna ho solo riferito ciò che ho sentito da sardi di Sardegna e letto da varie parti e anche in questo forum. Comunque l'agricoltura sussidiata e assistita non è una problematica solo della Sardegna ma di tutte quelle aree agricole frammentate in tante piccole aziende.
Albertina Inserito il - 10/11/2007 : 18:49:02

Ascolta, Gio, tu pensi che chi ha l'azienda all'asta abbia la casa al mare e i macchinoni?
Prova a dare uno sguardo a questo filmato.
E comunque, Gio, sai che ti ringrazio per questi tuoi interventi, perché se tutto va così male è perché ci sono questi pregiudizi di fondo che impediscono di affrontare il problema con serenità.


http://it.youtube.com/watch?v=UyGAjF50ZJE
Gio Inserito il - 10/11/2007 : 18:40:54
Io so che non tutti hanno fatto come voi ma hanno usato parte dei sussidi per l'acquisto della casa a mare, per macchinoni, ecc....quindi?
Albertina Inserito il - 10/11/2007 : 18:11:28


Cari Amici,
ho letto con molto interesse il post che ha aperto Ziama e il contributo che avete offerto alla conversazione.
Io sono figlia di un agricoltore e anche noi avevamo usufruito dei famosi prestiti per apportare migliorie alla nostra azienda. Se noi siamo riusciti a pagare non è né perché abbiamo amministrato meglio degli altri, né perché siamo più seri o più furbi degli altri, ma perchè abbiamo riversato nell'azienda risparmi che non appartevano all'azienda e investito energie senza chiedere il contraccambio.
Posso dire che, pur godendo di uno stipendio mio dall'età di diciannove anni, non ho esitato ad andare in campagna a raccogliere le olive e a vendemmiare e a fare altri lavori manuali. Nei giorni di festa o nelle giornate libere, ci sono rimasta anche tutto il giorno. Spesso con le mie sorelle abbiamo organizzato anche dei pranzi e abbiamo invitato amici e amiche per unire l'utile al dilettevole.
Perché abbiamo fatto tutto questo? Perché abbiamo creduto nel valore della terra indipendentemente da quello che il commercio le dava e l'abbiamo amata non per il tornaconto economico, ma per una questione affettiva e con il nostro agire abbiamo voluto tutelare un bene che è stato la ragione di vita dei nostri genitori.
Ora io non so se tutto questo possa avere un seguito o un senso. Una cosa però posso dirla: abbiamo fatto la nostra parte. Abbiamo considerato l'azienda come un'estensione di noi stessi e di conseguenza abbiamo agito.
Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che il problema della terra non tocca solamente la figlia di un agricoltore, ma ci coinvolge tutti, perché noi tutti siamo uniti come in una catena e se un anello funziona male noi tutti ne risentiamo. Se poi è l'anello che ci lega alla terra che ha problemi, allora tutti quanti ce ne dobbiamo preoccupare perché è da lì che parte la vita.
Quindi io vorrei inviare un messaggio a tutti coloro che avranno avuto la pazienza di leggere queste righe che è quello di non considerare il problema degli agricoltori staccato dalla loro esistenza, ma di valutarlo nell' ottica del benessere di una società che fonda la sua ragione d'essere nell'equilibrio di tutte le sue componenti. Anche in vista di investimenti e di rinnovate scelte di vita.
Vi ringrazio.
Albertina Inserito il - 09/11/2007 : 17:45:57
Parte di una lettera da Decimoputzu.
“La vendita all’asta delle aziende sarde a causa della illegalità della legge regionale 44/88 è la più grave emergenza italiana dopo la Parmalat. In Sardegna più di cinquemila aziende agricole e pastorali sono al secondo o terzo incanto all’asta. Un disastro che coinvolge la vita di decine di migliaia di persone. Agricoltori, pastori, braccianti sono ridotti alla disperazione.
Un disastro di programmazione, gestione, governo dell’agricoltura regionale prodotto nei decenni scorsi.
Il sistema creditizio chiede a chi lavora la terra in Sardegna circa 700 milioni di euro ma noi, non abbiamo nemmeno le risorse per mandare a scuola i nostri figli, per la spesa delle nostre famiglie o per mettere in produzione i nostri campi. Produrre, poi, per cosa? Sono molti anni che i nostri prodotti vengono venduti (quando possiamo venderli e non li distruggiamo sui campi) sotto costo. Le banche pretendono l’equivalente di quasi l’intera produzione agricola di un anno di lavoro di tutte le aziende sarde.
Chi si avvantaggerà della vendita all’asta delle nostre terre e per farne cosa? Non certo i creditori; allora, chi? Gli speculatori che compreranno a prezzi stracciati terre agricole straordinarie per speculare sulle nostre coste? I parenti o gli amici di quanti, seduti alle scrivanie di qualche ufficio pubblico o privato, conoscono le date delle vendite all’asta e si fanno trovare pronti con qualche offerta dell’ultima ora?
Siamo stati indotti ad investire e ad indebitarci con le banche da una legge regionale dichiarata illegale dalla Commissione Europea. Ci viene chiesto di restituire le somme garantite da quella legge con tutti gli interessi (che sono lievitati in maniera abnorme e su cui siamo convinti ci siano ampi profili di illegittimità nei calcoli) mentre le banche, per la stessa legge illegale, si guardano bene da restituire gli interessi (anche pubblici) incassati. Siamo, forse, gente semplice ma abituati a pensare che se una cosa è illegale, lo è per tutti ed, allora, se è illegale per noi lo è anche per le banche e per la Regione che ha fatto la legge e, dunque, ognuno se ne dovrà assumere la responsabilità.
Se continua così corriamo il rischio che, nel silenzio generale, passi la svendita di un intero patrimonio di lavoro, di saperi, di economia, garanzia di futuro non solo per noi ma per tutti i cittadini sardi. Per questo diciamo basta e siamo pronti, se dovesse servire, all’ultima delle battaglie possibili: quelle per la dignità e il diritto al futuro.”
Bruno Cabitza. – Comitato di Lotta degli Esecutati, Riccardo Piras – Altragricoltura Sardegna, Giorgio Matta – Soccorso Contadino Sardegna
Ammutadori Inserito il - 09/11/2007 : 10:06:41
Stasera sono a serramanna... al rientro penso di passare a Decimoputzu. Dovrebbe esserci Grillo. Vediamo che aria tira.

Saludi e Trigu
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