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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 11/09/2008 : 00:08:04
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Ora ti svelo il volo della Zonca (*)
Non c’è meraviglia in questo quieto ragionare, nei pensieri modellati dal bisturi del tempo lama così affilata, che la ferita m’appare come una sottilissima linea di sangue quasi un vezzoso tatuaggio, tragico taglio per linee ondulate, ad evitare l’anima se ancora ne resta traccia nel luogo antico Non c’è meraviglia a scoprire il peso lieve di questa ancora ignota morte che preme, e Il tempo comprime per l’ultimo salto.
Ora posso svelarti - ora ch’è tardi - la traccia profonda più del mare, l’orribile volo notturno della Zonca nera e drammatica nel silenzio. Simbolo di ciò che finisce, sparisce e nessuno che sappia dove va Dicono fosse amore, l’inganno gioioso, la fuga negli occhi profondi delle tue incomprensibili paure e dei miei ancora più strani pudori
Dicono che gli orgasmi dei ricchi siano sterili fughe d’identità frantumate Dicono molte cose i viandanti affannati nel delirio del loro inutile potere
E noi? Così estranei al nostro passato da vederlo svanire nel caldo d’agosto mentre gira al largo dalle piazze deserte; e di colpo non è più nostro, un figlio perso, un lutto invisibile, un cimitero ancora vivente Oggi che non giungono più segni di vita che l’onda benefica dell’amore è svanita ora posso svelarti questa nuova quiete pronta a coprirmi con le prime foglie d’un autunno presente ma ancora a venire. D’una fine così vicina e incalcolabile Ora capisci il senso di questo paese dalle vie strette e deserte, dei silenzi di chi non ha più parole da dire. La vita declina in una lunga discesa e non ci sono padri né madri pietose nelle soste fra gli alberi a rifiatare Non c’è nemmeno il passato, dissolto. Ora posso svelare d’averti amata, mentre i suoni lontani della gente si confondono all’orizzonte ed il tuo ricordo è una foto sbiadita che si cancella assieme alla vita sempre più lontana all'orizzonte. Irrimediabilmente, naturalmente.
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Note; * Zonca è uno dei nomi con i quali in Sardegna è conosciuta la Civetta
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Non so dirti come e quando ma vedrai che cambierà....... |
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Nuragica
Moderatore
   
    

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Inserito il - 11/09/2008 : 00:22:03
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Mi son fatta cullare dai tuoi versi, ed ho provato la stessa meravigliosa sensazione che provo nell'osservare un alba o un tramonto su un mare piatto... e un pò di malinconia. Complimenti!
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UtBlocc
Utente Bloccato

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Inserito il - 11/09/2008 : 05:27:53
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Ho letto, si, ho letto questa poesia e non ho potuto non piangere.....Tutto finisce nella vita....anche una foto se ne va col passare del tempo....ma i ricordi rimangono...questi versi ne sono la conferma. Bella....bellissima. Complimenti Giuseppe!
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Modificato da - UtBlocc in data 11/09/2008 05:28:31 |
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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 13/09/2008 : 03:10:40
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Grazie Miss, il lavoro in questo periodo mi lascia poco spazio da dedicare ad internet ma quando ci riesco, la prima tappa è qui..... E trovarTi ogni volta a commentare è un grande conforto..... Grazie!
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Tizi
Salottino
Utente Virtuoso
 
    
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Inserito il - 14/09/2008 : 16:03:57
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Sono nuova e sto scoprendo piano piano tutti i forum di questo meraviglioso sito, ho aperto questa pagina e ho letto, anch'io non posso che complimentami con te Giuseppe per quanto scrivi, ogni tuo verso mi inonda di emozioni, l'ultima in modo particolare.......
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 Panorama
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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 15/09/2008 : 02:32:05
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Il Bar Open non chiude mai
A Torino, in via Madama, c’è un bar aperto tutta la notte. La vita è anche questo.
E non mi chiedere cose troppo personali io sono un ombra e non conosco risposte sono imperfetto quando la notte finisce E non mi chiedere da dove vengo dammi qualcosa da bere e del veleno così ch’io possa scegliere la mia strada e mettere a frutto le cattive abitudini
Tu non hai chiavi per aprire la notte e nemmeno la forza di fermare il giorno; sei arrivato tardi, il disastro è avvenuto e non serve ingannare le ore bevendo io ho solo sete. Posso insegnarti il mistero delle bottiglie dorate, l’inganno alcolico e l’ebbrezza del liquido per dimenticare
E non mi chiedere cosa voglio, aspetta che sia il mio sguardo a scegliere in quale pozzo annegare le ore inutili Una volta portavo cravatte di seta e non avevo lo sguardo ruffiano dei bari falliti, ora non controllo più il mazzo e mi do sempre le carte sbagliate.
Io posso andare e tornare, posso restare al tavolo numero sei, quello nell’angolo oppure far finta di partire per l’africa e lasciarti da solo a svuotare bottiglie E non chiedermi perché sono vivo non dipende da me ma dal destino
Ora dammi dell’acqua che voglio dormire
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Questa poesia è stata segnalata dalla Giuria del 1 Premio letterario Città di Sassari 2008
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UtBlocc
Utente Bloccato

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Inserito il - 15/09/2008 : 04:39:29
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Una poesia molto significativa....molto forte ....complimenti, premio meritatissimo
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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 17/09/2008 : 03:11:17
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Strade
Cuore d’ortica mistero meccanico di sangue diffuso per cave invisibili
Manca una mappa dove un segno piatto tracci il percorso d’un pensiero concreto
L’ombra dei poeti rotola sulle parole che non hanno dimore, sono scheletri nudi
Torno sempre ch’è notte nel riflesso di lune ogni volta diverse Vele notturne
dentro la quiete degli abbandoni, luci di marmo e passi spaiati
Cuore d’ortica che batti in silenzio Mistero geniale Gocce di vita
per pensare d’esistere
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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 17/09/2008 : 03:28:17
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Ricordi ?
Ricordi i giorni ad Alghero? Le reti al sole e le barche ammainate, le lunghe camminate nell’aria infuocata, lo sguardo poggiato sulla brezza dei venti.
Lungo la banchina del porto poggiavi la testa al mio petto, il tuo desiderio era un fiore rosso, un dipinto d’amore sul vestito di lino bianco di neve sopra il corpo abbronzato
Una palma disegnava ombre sui muri delle case, sulle pietre delle vie deserte. C’era profumo di mirto nell’aria e nel tuo seno dall’ovale perfetto.
Vennero mesi di forti contrasti partenze forzate e mancati ritorni, paesi nuovi e nuove solitudini bagnate nell’olio dei rimpianti
Sui binari d’una vecchia stazione un treno nero avanza in silenzio, a luci spente, per non disturbare antichi ricordi d’un estate al mare.
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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 17/09/2008 : 03:36:34
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E' mia figlia, si chiama Laura
Ho pensato all’orgoglio paterno al senso d’eterno nella continuità, credevo di scoprire nei tuoi occhi nuove risposte, nuovi sbocchi di vita
Ai piedi del letto c’era il destino e tu troppo piccola per leggere la luce nuova degli occhi, i sogni di padre, i miei silenzi notturni.
Eravamo troppo piccoli, io e te, quando ho imboccato la strada dove le nebbie luccicano grigie e le nuove solitudini sono futuro
Nella tua carne si mischiano tracce delle mie tenerezze appassite, ed un ombra delle mie follie, risiede come un bizzarro folletto, in te
Figlia dei giorni scuri, dagli occhi chiari, figlia dei miei deserti, delle lontananze, pesano troppo le mille cose mai dette; ora che s’avvicina il tempo del silenzio
copri le mie incertezze, i nostri rimpianti, con un candido lino, ed attendi paziente il tempo del ricordo, quando le notti secche ti porteranno le mie parole ed i pensieri assieme all’amore che non ho saputo darti
Allora io rinascerò e sarò la tua nuova speranza
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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 17/09/2008 : 03:48:55
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Un marttino a Montmartre
"Omaggio a Jacques Prevert, il mio maestro"
Lui t’ha giurato che sarebbe tornato, quella sera in collina, sull’erba rugiata d’una notte incantata, lui ha promesso
Ricordalo, Monica
Un ragazzo che ti amava ha legato la sua anima splendente di luce ai tuoi occhi di gatta, ai capelli di seta al vello impazzito sul corpo già pronto per accogliere il seme del suo giuramento.
Lui sussurrava frasi d’amore parole intrecciate fra anima e cuore, c’era solo la Luna che sbavava , pioggia d’argento dal firmamento.
Ti baciava e giurava
Sigillava il tuo corpo inarcando il suo cuore.
Era l’amore, Monica
Mentre scendeva pioggia d’argento lui piangeva di gioia, tu dubitavi del suo giuramento ma l’amavi mischiando gioia e dolore
Placata tempesta, ruscello fu la sua voce, tiepida sabbia dorata il tuo corpo di donna la Luna, madrina, accese i tuoi seni, fioriti.
Ricorda, Monica
Non dimenticare mai Un ragazzo giurava di ritornare mentre il treno lo portava lontano.
Le guerre, Monica, sono lunghe ed assurde La morte impazzita, correva per i prati spinati mentre la Luna piangeva di rabbia contro il fumo di mille granate.
Cadevano come vecchi fagotti, i soldati ognuno con il suo giuramento, stretto
La guerra è una cagna rabbiosa, ebra di sangue Quanto dolore, Monica, nelle notti senza luci attraversate dai proiettili rossi che lasciavano scie di morti imputriditi, sui dossi, sui prati secchi, e nessuno di loro aveva ancora vent’anni
Ma lui ha giurato, Monica Non dimenticarlo mai
C’è un sole pallido, oggi a Montmartre, mille ragazzi sorpresi d’esistere, camminano e cantano nessuno di loro ha più vent’anni, ma almeno cento. Lui ne aveva venti, e due stelle al posto degli occhi lasciati una notte come pegno d’amore.
E ti chiama, Monica, corre verso di te …… le braccia protese, mentre ride e piange ..... E’ tornato, perché l'aveva giurato.
------------------------------------------------------------------------ Sempre assieme contro qualunque guerra, qualunque violenza.
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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 17/09/2008 : 03:56:59
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Il clown e la Luna
Come un clown che si prende gioco di sé inventando capriole e salti da guitto io gioco con le parole e mi nascondo
dietro il velo delle cose perdute sopra la collina dei sogni smarriti, dentro i singhiozzi spezzati d’un sax
Non serve cercare rime aggraziate, l’estetica del dolore è questione accademica attendere la morte, un arte difficile
Nel costume di scena una rosa secca ed un pezzo della bacchetta della maestra; il clown si finge bambino, ama la luna.
Io di notte metto il vestito più bello e pago da bere a quelli che incontro ladri, puttane, usurai e poeti falliti, clown intristiti dal peso degli anni.
Attendere la morte è un arte sublime.
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Giuseppe Aricò
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Inserito il - 17/09/2008 : 04:01:13
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Vendo conchiglie di mare
Sono qui, occhi bassi come la fame dei poveri e le labbra secche dei ricchi
Ho tempo per tutti basta aprire la porta ed il capo si rialza
Lo sguardo privo d’orgoglio spento come una sala vuota continua a sgranare rosari d’ore e minuti
Vendo conchiglie di mare ai gabbiani impazziti incapaci di ritrovare il vento giusto e volare.
La nostalgia è un boia dal volto coperto, un grido strozzato nel silenzio generale.
Arrivano da lontano i passi felpati d’una donna vestita di nero, raggrinzita dal tempo, troppo lento.
Vendo conchiglie di mare carte stradali d’Irlanda e parole mai usate, come nuove
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Giuseppe Aricò
Utente Medio
 
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Inserito il - 17/09/2008 : 04:10:25
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Fragilità
Io non conosco le regole dell’universo, l’arte che fa sbocciare dalla terra un fiore, ignoro la formula da cui nascono le aurore
Conosco il silenzio glaciale della notte e la scia bianca che lascia una stella. So l’alito freddo del respiro mortale
Ho vibrato d’amore senza capire il motivo, la trama intricata dei sentimenti mi affascina e l’orrido vuoto dell’abbandono mi paralizza
Sono fragile nella mia apparente indifferenza l’anima di vetro dona malinconie ai tramonti per stemperare il fuoco del giorno che muore
Cerco il futuro nello spazio oltre l’azzurro così difficile da immaginare, così vasto da sentirmi disperso e senza direzioni
La solitudine è un monumento di marmo privo di consistenza, pasta di pietra lavica si nutre d’oscure vibrazioni, è consapevole
Troppo grande l’universo per un uomo solo ed il corso della vita è un soffio rapido, un battito di ciglia fra due sponde di tempo
Il dolore ha le stesse venature dell’amore sa di rugiada rafferma, di pianto soffocato io sono solo un uomo, sono vetro fragile.
La verità si confonde nel tremore impotente d’un concetto troppo grande, nella mia carne. Divoro l’ostia consacrata in segno di resa
Oltre l’orizzonte c’è un futuro indecifrabile, forse ha il tuo volto, forse è solo un riflesso.
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Giuseppe Aricò
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Inserito il - 17/09/2008 : 04:21:25
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Tra la pineta di Mugoni e il mare
Avevamo vent'anni ........
Da "Per mari, per paesi lontani" ---------------------------------------------------------------------------- Silloge prima classificata al concorso "Rametto d'Argento 2007-Paceco"
Si parlò molto di te immersi nell’ozio buono - quello che non dispera – giunto dalla vicina pineta
così che resina e salmastro si mischiavano alla riva fra il mare distratto e la roccia aspettando la notte maliziosa
Il tuo sorriso memorabile risuonava ancora in lontananza; la tua ironia, gli occhi socchiusi sempre pronti a cogliere le cose, era una grande lezione.
Per questo si continua a parlare di te fra una canzone ed un pezzo di carne bruciato dalla cottura inesperta o forse troppo distratta.
Suoniamo le stesse canzoni abbiamo sempre le stesse paure l’incertezza del futuro è un’ombra che passa rapida e fugge verso il largo
Qualcuno fa l’amore come allora - ricordi cosa dicevi ridendo, quando due ombre s’appartavano in pineta ? – con la stessa frenesia e la stessa paura di sparire un mattino come hai fatto tu
Congestione dissero, comunque un malore perché nessuna sapeva nuotare come te e quando un’onda ti riportò alla riva capimmo che una stagione era finita
Per questo parliamo spesso di te e della nostra paura di vivere - ma non sapremo mai la verità della tua morte improvvisa -
E di questo dolore stampato fra i rami della pineta, del tuo sorriso svanito assieme all’odore di resina.
Perchè niente è più come prima Nemmeno la nostra paura di morire
------------------------------------------------------------------------------------ Alessia amava il mare in modo viscerale, nessuno di noi ha mai capito perchè una notte si abbandonò al suo abbraccio mortale. La sua scomparsa ci rese vecchi di colpo.
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