Forum Sardegna - La costruzione delle navi dall'antichità in poi
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altamarea

Nuovo Utente


Inserito il - 13/03/2008 : 17:47:18  Link diretto a questa discussione  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di altamarea Invia a altamarea un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Nella discussione "Nuragici navigatori" si parla delle navi del tempo senza entrare nei dettagli, per comprenderle meglio aggiungo qualche nota:
Tra la "barca solare" di Cheope ( IV Dinastia 2600-2500 a.C. ) e le due navi scoperte a Gela (Sicilia) e Marsiglia (Francia) risalenti alla fine del VI secolo a.C. v è in comune lo stesso metodo di costruzione dello scafo;
Il fasciame ha sugli orli di ciascuna tavola dei fori contigui distanti tra loro circa 20 cm, in questi si infila una cima (fune) di canapa e si "cuce" tutto il fasciame e questo a sua volta viene "cucito" sulle ossature. In mare il legno e la canapa impregnandosi d'acqua si gonfiano un po', riducendo ma non eliminando completamente l'infiltrazione dell'acqua. I problemi si hanno in navigazione: il moto ondoso produce delle oscillazioni (rollio e beccheggio) alla nave scuotendola, il vento che preme sulla vela trasmette tramite l'albero ulteriori sforzi meccanici che si traducono in un allentamento della struttura in generale (la canapa è un po' elastica) in quanto questa non è rinforzata dai chiodi, aumentando così l'ingresso dell'acqua all'interno dello scafo.
L'equipaggio provvedeva a sgottarla (evacuarla) ma questa era sempre tanta, per cui la navigazione doveva durare pochissimi giorni.
Quindi tra i due ritrovamenti che distano nel tempo 2000 anni, non si rileva nessuna variazione costruttiva sullo scafo.
Se vi garba, proponete in una costruzione immaginaria il nome di una nave, un porto di armamento, ovviamente sardi, e cominciamo assieme la navigazione nel tempo.






 Regione Puglia  ~ Prov.: Bari  ~  Messaggi: 24  ~  Membro dal: 05/03/2008  ~  Ultima visita: 02/02/2014

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maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 13/03/2008 : 19:09:23  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Caro Luigi:
è inutile che ti dica quanto mi stai piacendo, con questo intervento, che "porta acqua" (tanto per restare in tema marinaro) alla mia tesi, che - vorrei ricordarlo - non è negativistica, bensì solo un poco riduttiva dell'enfasi che altri mettono sulla navigazione antica nel Mediterraneo.
In particolare, io amo confrontare quella che è stata una navigazione veramente oceanica (cioé tutta d'altura, con imbarcazioni di bambù) e molto più anteriore, più rischiosa e sconosciuta, (ma sicuramente avvenuta, nell'oceano Pacifico, cosa dimostrata sia per via indiretta, sia per via diretta), con quella così tanto decantata dagli Europei, avvenuta nel nostro (al confronto) piccolo mare chiuso, dove l'onda oceanica non esiste e dove è - appunto - possibile fermarsi spesso e mettere all'asciutto una barca, (quando necessario) oppure semplicemente fermarsi in un'insenatura protetta, per salvarsi dalle onde con frangenti pericolosi, oltre che "navigare a vista", (come ad es. tra la Toscana e la Sardegna, senza mai perdere di vista una terra ferma, cioé).
So che il vocabolo egizio per "costruire" una barca è corrispondente a quello di "cucire", proprio come tu hai illustrato.
So che le cose non cambiarono poi molto con l'introduzione del sistema a "mortasa e tenone" e che Cesare ed i suoi marinai ebbero una viva sorpresa quando s'incontrarono, sulle coste britanniche, con le massicce e solide navi di quercia dei "Celti", fatte per le onde dell'Atlantico.
Spero che ci farai il tuo esempio di navigazione comunque, anche senza richieste particolari: credo ci sarà utile e a me farà molto piacere... Se poi possiedi schemi, figure e fotografie, hai un grande uditorio assicurato!

Un caro saluto.

Maurizio Feo







Modificato da - maurizio feo in data 13/03/2008 19:13:13

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

Adelasia

Moderatore

Penna d'oro


Inserito il - 13/03/2008 : 19:35:18  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Adelasia Invia a Adelasia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Messaggio di altamarea


Se vi garba, proponete in una costruzione immaginaria il nome di una nave, un porto di armamento, ovviamente sardi, e cominciamo assieme la navigazione nel tempo.


Garba, garba...e con quell' ovviamente sardi garba anche di più.
Una bella sfida: salpiamo???






  Firma di Adelasia 

Castello di Burgos

Burgos (Ss)

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

 Regione Sardegna  ~ Città: nuoro  ~  Messaggi: 2881  ~  Membro dal: 23/05/2006  ~  Ultima visita: 18/08/2023 Torna all'inizio della Pagina

altamarea

Nuovo Utente


Inserito il - 14/03/2008 : 17:59:00  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di altamarea Invia a altamarea un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Maurizio: mi hai sdoganato , ora vuoto il sacco:
Chiglia: trave rigida principale dello scafo, su di essa tramite incastri e caviglie si posizionano le ossature collegate alla chiglia, verso prora vi è il "dritto di prora" e verso poppa il "dritto di poppa".
Il tutto somiglia alla nostra cassa toracica, poi come già si è detto le tavole del fasciame avvolgeranno tutto lo scafo compresa la "coperta" (che paragono al tetto di una casa ).
Avremo così una struttura per quanto robusta e rigida, un po' allentata in acqua a causa della canapa. Chiglia, dritti e ossature sono in legno di quercia (specie diverse) il fasciame di fiancata e coperta in pino (sempre specie diverse) e infine la canapa, tutti vegetali presenti nel bacino Mediterraneo.
Per tagliare gli alberi useremo asce in bronzo, l'ossidiana e le selci si spaccano e perdono il filo del taglio facilmente.
La nave sarà lunga mediamente 20 m. in quanto questa è l'altezza media degli alberi in questione, che dopo il taglio bisogna sagomare con ascia e molto "olio di gomito" .
Vi dò informazioni che è difficile trovare in giro:
tagliato l'albero, sulle opposte estremità si procede con la tecnica detta " a spacco" cioè si inseriscono dei cunei nelle fessure naturali del legno e si prova a spaccarlo, così facendo si ha un pezzo di legno integro, mentre eventuali ulteriori fessure, col tempo e sottoposte a sforzi, potrebbero allargarsi, procurando danni anche irreversibili alla scafo.
Il pezzo in questione veniva sagomato per collocarlo sullo scafo, eventuali sfredi venivano adattati per tavole più piccole. Inoltre il legno non veniva lasciato a essiccare, in quanto se fresco si lavora meglio ( è più tenero) ......fine della chicca.
I problemi nascono quando lo scafo viene tirato in secco per la stagione invernale, un pò asciuga, immaginate gli spazi che si aprono, quindi manutenzione continua.
Abbiamo già una specializzazione: conoscenza del legno, taglio e preparazione di tavole appropriate e la canapa che cresce spontanea, raccolta e intrecciata per farne cime.
Gli attrezzi: Il "catalogo" è affrescato in Egitto a Tebe, necropoli Khokha, nella tomba degli scultori Nebamon e Ipuki che vissero sotto i faraoni Amenofi III e IV (Nuovo Regno XVIII Dinastia) tra il 1402 a .C. e 1336 a.C..
E' composto da una sega, un'ascia, uno scalpello e un trapano. Con questa "foto storica" possimo datare approssimativamente l'inizio delle costruzioni delle navi in Sardegna?






 Regione Puglia  ~ Prov.: Bari  ~  Messaggi: 24  ~  Membro dal: 05/03/2008  ~  Ultima visita: 02/02/2014 Torna all'inizio della Pagina

asia
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 14/03/2008 : 18:10:10  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di asia Invia a asia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Che meraviglia... quante informazioni preziose!

Altamarea... ne valeva la pena!







  Firma di asia 

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 1634  ~  Membro dal: 29/12/2007  ~  Ultima visita: 14/10/2012 Torna all'inizio della Pagina

MirkoZaru

Utente Senior


Inserito il - 14/03/2008 : 19:25:12  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di MirkoZaru Invia a MirkoZaru un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
altamarea ha scritto:
E' composto da una sega, un'ascia, uno scalpello e un trapano. Con questa "foto storica" possimo datare approssimativamente l'inizio delle costruzioni delle navi in Sardegna?

Io penso che l'arte di lavorare il legno non fosse un problema per i Sardi a partire dal neolitico finale...forse anche prima!
Il trapano era già conosciuto di sicuro (hanno inventato il trapano appena hanno inventato arco e frecce e con tanto di percussore)!
Cmq basti guardare una domus de janas al suo interno e si può comprendere la complessità di edificazione delle stesse (prendete per esempio quelle di S.Andrea Priu di Bonorva)!

L'ossidiana di Monte Arci è stata poi trovata un pò in tutto il bacino del mediterraneo e sicuramente a piedi non ci sono arrivati!
Sicuramente non era una cosa da fare tutti i giorni, ma si navigava eccome, penso che anche il tirso fosse navigabile con imbarcazioni a basso pescaggio (stile chiatta)e nei periodi di piena!

In periodo nuragico ricordo inoltre che i nuraghi erano fatti di pietra e legno, lavorato, a mio parere anche a incastri!

Per quanto riguarda gli alberi da 20 metri è un pò problematico, sempre che in Sardegna non esistessero alberi ad alto fusto che oggi non ci sono!







Modificato da - MirkoZaru in data 14/03/2008 19:29:05

  Firma di MirkoZaru 
Nulla è più pericoloso di un uomo con un idea, se è l'unica che riesce a concepire.

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Oristano  ~ Città: Oristano  ~  Messaggi: 1349  ~  Membro dal: 31/12/2007  ~  Ultima visita: 21/06/2013 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 14/03/2008 : 20:04:10  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Il più antico documento archeologico, che dimostri la capacità umana di costruire natanti, che io sappia, risale al Paleolitico Superiore, prima di 8000 a. C. Consiste in una costa (per una barca di pelli), intagliata in corno di renna, rinvenuta a Husum, sul Mare del Nord, non lontano dalla foce dell’Elba. Alcune pitture rupestri Scandinave attestano l’uso comune di tali navigli, adatti più ad una pesca costiera, che al mare aperto. Risale al VI millennio a.C. un modello di barca reperito nel Kuwait, insieme a bitume per calafatare: si tratta di una delle navi che commerciavano tra Magan (Mesopotamia) e la valle dell’Indo.
Piuttosto che con le pelli, le prime traversate del Mediterraneo furono tentate, più probabilmente, con imbarcazioni di canne. Tra il VII ed il VI millennio, quando le popolazioni contadine del Neolitico si sostituirono a quelle dei cacciatori raccoglitori del Paleo e Mesolitico, dettero forma ad una navigazione commerciale ormai abituale.
Prima singoli tronchi scavati con fuoco o pietra (navi monoxile), e poi natanti composti di più pezzi di legno lavorato, viaggiarono dal Peloponneso (grotta di Franchti) all’isola di Milo, assai distante, per procacciarsi l’ossidiana (non quella sarda, in questo caso).
Sappiamo che i cercatori si spinsero fino nell’ovest del Mediterraneo, a cercare la selce dell’Anglona e l’ossidiana di Monte Arci, per poi toccare tutte le altre coste, che fossero degne d’interesse.
Forse è proprio questa la cornice in cui avvenne la seconda popolazione della Sardegna. Questo è il quadro di riferimento che io mi prefiguro, partendo dal punto di vista che la navigazione (e le arti correlate ed ancillari ad essa) non nacque in Sardegna, ma vi giunse con una popolazione motivata al viaggio, che si mescolò in varia misura a quella preesistente.
(Tralascio la navigazione precedente, non Occidentale, che non ci riguarda in questo caso e che precede quella del Mediterraneo di circa 30.000 anni).

Quindi si potrebbero formulare ipotesi di inizio attività marinara comprese tra il 7° - 6° millennio ed il bronzo antico, credo. Siete d'accordo?







  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

altamarea

Nuovo Utente


Inserito il - 16/03/2008 : 11:26:24  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di altamarea Invia a altamarea un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
X Mirko Zaru: le querce sono una famiglia di oltre 200 specie nel mondo, hanno un'altezza che varia tra i 18 e i 30 metri con un diametro tra 1,2 e 1,8m ; il pino ha meno specie, il più comune è il pino silvestre che raggiunge l'altezza di 40m e un diametro tra 0,6 e 0,9m.
Le navi commerciali dell'antichità ritrovate hanno tutte una lunghezza tra i 15 e i 25m con una media intorno ai 20m, ciao






 Regione Puglia  ~ Prov.: Bari  ~  Messaggi: 24  ~  Membro dal: 05/03/2008  ~  Ultima visita: 02/02/2014 Torna all'inizio della Pagina

Pier Paolo Saba
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 16/03/2008 : 11:28:10  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Pier Paolo Saba Invia a Pier Paolo Saba un Messaggio Privato  Rispondi Quotando

maurizio feo ha scritto:

Il più antico documento archeologico, che dimostri la capacità umana di costruire natanti, che io sappia, risale al Paleolitico Superiore, prima di 8000 a. C. Consiste in una costa (per una barca di pelli), intagliata in corno di renna, rinvenuta a Husum, sul Mare del Nord, non lontano dalla foce dell’Elba. Alcune pitture rupestri Scandinave attestano l’uso comune di tali navigli, adatti più ad una pesca costiera, che al mare aperto. Risale al VI millennio a.C. un modello di barca reperito nel Kuwait, insieme a bitume per calafatare: si tratta di una delle navi che commerciavano tra Magan (Mesopotamia) e la valle dell’Indo.
Piuttosto che con le pelli, le prime traversate del Mediterraneo furono tentate, più probabilmente, con imbarcazioni di canne. Tra il VII ed il VI millennio, quando le popolazioni contadine del Neolitico si sostituirono a quelle dei cacciatori raccoglitori del Paleo e Mesolitico, dettero forma ad una navigazione commerciale ormai abituale.
Prima singoli tronchi scavati con fuoco o pietra (navi monoxile), e poi natanti composti di più pezzi di legno lavorato, viaggiarono dal Peloponneso (grotta di Franchti) all’isola di Milo, assai distante, per procacciarsi l’ossidiana (non quella sarda, in questo caso).
Sappiamo che i cercatori si spinsero fino nell’ovest del Mediterraneo, a cercare la selce dell’Anglona e l’ossidiana di Monte Arci, per poi toccare tutte le altre coste, che fossero degne d’interesse.
Forse è proprio questa la cornice in cui avvenne la seconda popolazione della Sardegna. Questo è il quadro di riferimento che io mi prefiguro, partendo dal punto di vista che la navigazione (e le arti correlate ed ancillari ad essa) non nacque in Sardegna, ma vi giunse con una popolazione motivata al viaggio, che si mescolò in varia misura a quella preesistente.
(Tralascio la navigazione precedente, non Occidentale, che non ci riguarda in questo caso e che precede quella del Mediterraneo di circa 30.000 anni).

Quindi si potrebbero formulare ipotesi di inizio attività marinara comprese tra il 7° - 6° millennio ed il bronzo antico, credo. Siete d'accordo?


Buongiorno Maurizio feo, ben ritrovato con questo post sulla navigazione…. Davvero non immagina quanto mi faccia piacere questo intervento, soprattutto nell’ultima parte che riporto:

“”-Forse è proprio questa la cornice in cui avvenne la seconda popolazione della Sardegna. Questo è il quadro di riferimento che io mi prefiguro, partendo dal punto di vista che la navigazione (e le arti correlate ed ancillari ad essa) non nacque in Sardegna, ma vi giunse con una popolazione motivata al viaggio, che si mescolò in varia misura a quella preesistente.
(Tralascio la navigazione precedente, non Occidentale, che non ci riguarda in questo caso e che precede quella del Mediterraneo di circa 30.000 anni).-
Quindi si potrebbero formulare ipotesi di inizio attività marinara comprese tra il 7° - 6° millennio ed il bronzo antico, credo. Siete d'accordo?””

L’interrogativo finale dove si propone la navigazione intorno al 7°/ 6°, secondo il mio parere, andrebbe retrocessa di almeno un millennio, e addirittura oltre…. Dico questo sulla base dei metodi usati in Italia dalle scienze archeologiche che, purtroppo (sic!) non si avvalgono di tutte le moderne tecnologie scientifiche già in uso nella maggior parte del mondo. Un gran vero peccato dal momento che, con la scusa della mancanza di fondi per la ricerca, si crogiolano nel proprio brodo oramai saturo sino alla cristallizzazione. Mi domando infatti, perché non si tengano in considerazione gli studi effettuati dagli colleghi nel resto del mondo, studi che potrebbero essere posti in comparazione e dai quali si potrebbero estrarre dati ed informazioni fin ora impensate e per questo tanto osteggiate. Guai a chiunque si proponga di esporre una tesi che svincoli appena dai canoni preconcetti. Chiunque si azzardi verrà messo alla berlina in attesa di essere “bruciato” innanzi agli occhi dell’intera comunità scientifica.. Atteggiamento, questo, aberrante ed arrogante tale che certamente non permetterà l’avanzamento degli studi archeologici.

Tutto questo mi amareggia e mi sconforta profondamente soprattutto nel momento che mi accingo alla pubblicazione del mio libro, del quale ho fatto accenno nei post precedenti, in cui tento di spiegare chi erano queste genti che giunsero allora nel Mediterraneo e da dove provenissero.

Le teorie esposte trovano una serie di affinità in quelle esposte dal collega A.Mangolini che nello stesso testo (scritto a due mani) dimostra anche se in via del tutto ipotetica che, civiltà avanzate scientificamente e tecnologicamente preesistevano in altri periodi definiti impossibili.

Per sua stessa ammissione: (Tralascio la navigazione precedente, non Occidentale, che non ci riguarda in questo caso e che precede quella del Mediterraneo di circa 30.000 anni). in questa espressione , conferma che altre genti navigassero 30.000 anni prima senza spiegarsi poi, da dove provenissero e dove approdarono….. E’ mia ferma convinzione, che essi, siano stati il favoleggiato popolo Atlantideo che, un bel giorno, giunsero nella Tirrenide …..
Successe allora, alla fine del Wurmiano, tra i 18.000 ed i 15.000 anni fa. Il resto della storia la si legge scorrevolmente nel libro descritto di cui vado orgogliosamente fiero. Ipotesi che non si discostano affatto da una possibile realtà storica. Una formula consolidata in cui “Ipse Dixit”, tende a negare tutto quanto non sia stato detto e scritto da loro che, imperterriti, spesso negano persino l’evidenza più lampante.

Cordialmente. P. Paolo Saba







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 Regione Sardegna  ~ Prov.: Sassari  ~ Città: Olbia  ~  Messaggi: 518  ~  Membro dal: 17/09/2007  ~  Ultima visita: 05/11/2010 Torna all'inizio della Pagina

kigula

Moderatore



Inserito il - 16/03/2008 : 17:03:06  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di kigula Invia a kigula un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Se vi interessa qualcosa sullo studio delle imbarcazioni nuragiche vedete:

M. Bonino, Tipi navali della Sardegna nuragica, in atti del Convegno Etruria e Sardegna centro-settentrionale tra l’età del Bronzo finale e l’arcaismo, Pisa-Roma 2002, pp. 523-535.

Contu E., Considerazioni sulle barchette votive in età nuragica, in AAVV, La Sardegna nel mondo Mediterraneo, Sassari 1978

Depalmas A., Le navicelle di bronzo della Sardegna nuragica, 2005






 Regione Estero  ~ Città: Cordoba  ~  Messaggi: 1738  ~  Membro dal: 07/05/2007  ~  Ultima visita: 15/01/2014 Torna all'inizio della Pagina

altamarea

Nuovo Utente


Inserito il - 16/03/2008 : 21:36:09  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di altamarea Invia a altamarea un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Maurizio:
concordo sulla data di inizio della navigazione tra il VII e il VI millennio a.C. inizialmente costiera; nella grotta dell'Argolide oltre all'ossidiana di Milo sono state trovate anche lische di tonno che gli isolani pescavano al largo.
Questo e altri interessi come il trasporto di pomice, pietre per macina, marmo ecc. , determinarono un notevole traffico di barche tra le Cicladi e nel corso dei millenni successivi queste evolsero verso la navigazione d'altura.
All'inizio erano solo a remi, poi si aggiunse la vela, ma mancavano della coperta.
La civiltà cretese nel suo espandersi invece di crearsi una propria flotta, incaricò gli isolani cicladici di svolgere il traffico per loro e questi con le loro capacità e intuizioni, per andare sempre più lontano ( Cipro, Palestina, Egitto) dotarono i loro scafi della coperta rendendoli più robusti e sicuri alle intemperie.
Dopo questo balzo tecnico aggiunsero frequentando le sponde orientali del Mediterraneo, un altro tecnicismo: l'utilizzo della pece ( questa è ancora diponibile sulle rive del Mar Morto, sponda Giordana, allo stato quasi puro) riscaldandola, la spalmavano nei " comenti" del fasciame ( unione tra le tavole) diminuendo così l'infiltrazione dell'acqua, ma non eliminandola del tutto.
Potendo rimanere in mare per molti più giorni, volsero i loro interessi anche a Occidente allora sconosciuto, poichè con la scoperta della metallurgia la richiesta di metalli divenne un'attività primaria.
Impiegarono del tempo per conoscere il territorio del sud Italia, Sicilia e Sardegna e con la scoperta dei minerali sardi, iniziò per il Mediterraneo il primo vero grande periodo di contatti internazionali con relativi traffici.
E' l'adeguamento della nave allo scopo cui è destinata a determinarne l'evoluzione tecnica.
Uno storico dell'antichità definì gli isolani (e non solo cicladici) persone dotate di doppia capacità rispetto ai ... continentali!
P.S. Maurizio per i disegni mi sto attrezzando.






 Regione Puglia  ~ Prov.: Bari  ~  Messaggi: 24  ~  Membro dal: 05/03/2008  ~  Ultima visita: 02/02/2014 Torna all'inizio della Pagina

.machiavelli.

Utente Senior


Inserito il - 27/03/2008 : 12:31:30  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di .machiavelli. Invia a .machiavelli. un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Accidenti che argomento interessante...e che tesi affascinanti! Solo oggi, frugando nel forum, ho trovato questo argomento e parteciperò volentieri. Ho letto tutto d'un fiato e, volutamente, non ho memorizzato gli interventi...ma credo non abbiate affrontato un punto chiave: la trasformazione delle abitudini di vita durante il passaggio tra le fasi caccia-raccolta e agricoltura. La navigazione avveniva a tappe (per l'acqua potabile soprattutto) e vista la velocità non superiore ai 3 nodi (quindi max 70 nodi al giorno) si potrebbe tracciare una mappa delle località più visitate (scoprendo le sorgenti). Sicuramente i primi insediamenti costieri prevedevano luoghi al riparo, con acqua potabile, con vie di accesso verso l'interno per le esplorazioni commerciali e con popolazioni disposte a mercanteggiare (perchè la guerra è sempre dannosa per ambo le parti).
A più tardi...ora c'è un profumino di sugo che mi attrae verso un'altra stanza...
Ciao da Zio Mack.






 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 1141  ~  Membro dal: 20/03/2008  ~  Ultima visita: 11/11/2013 Torna all'inizio della Pagina

kigula

Moderatore



Inserito il - 27/03/2008 : 16:50:04  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di kigula Invia a kigula un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ho trovato un altro bel libro che ancora non avevo letto "Mare Sardum" di A. Mastino, P.G. Spanu, R. Zucca. Il tema è quello dei mercati e scambi marittimi della Sardegna antica.
Tocca un po' anche la civiltà nuragica nonostante si concentri più sulla fase storica e ci sono molti apporti interessanti.
C'è qualcosa che interessa la mia ricerca, soprattutto sulle rotte antiche, ma c'è anche qualcosina sulle navi. La parte della navigazione nuragica è vista sotto un occhio filofenicio ma credo che si possano estrapolare tante cose utili. E' anche aggiornato coi ritrovamenti nuragici della penisola iberica (alcuni).
Dategli un'occhiata.






 Regione Estero  ~ Città: Cordoba  ~  Messaggi: 1738  ~  Membro dal: 07/05/2007  ~  Ultima visita: 15/01/2014 Torna all'inizio della Pagina

kigula

Moderatore



Inserito il - 27/03/2008 : 17:00:16  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di kigula Invia a kigula un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ricordo che ai tempi della tesi di laurea mi lessi bene la parte dell'Odissea in cui Ulisse si costruisce una barca, credo che sia utile per vedere un po' come di tecnologia navale antica, sebbene sia da prendere con cautela per la cronologia come tutte le fonti antiche.
Interessanti anche gli studi sulla navigazione antica di Michel Gras.
Sulle antiche tecnologie navali ci sono molti studi al Nord Europa, soprattutto in Danimarca e Svezia, molto interessanti!






 Regione Estero  ~ Città: Cordoba  ~  Messaggi: 1738  ~  Membro dal: 07/05/2007  ~  Ultima visita: 15/01/2014 Torna all'inizio della Pagina

kigula

Moderatore



Inserito il - 27/03/2008 : 17:11:20  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di kigula Invia a kigula un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
altamarea ha scritto:

Dopo questo balzo tecnico aggiunsero frequentando le sponde orientali del Mediterraneo, un altro tecnicismo: l'utilizzo della pece ( questa è ancora diponibile sulle rive del Mar Morto, sponda Giordana, allo stato quasi puro) riscaldandola, la spalmavano nei " comenti" del fasciame ( unione tra le tavole) diminuendo così l'infiltrazione dell'acqua, ma non eliminandola del tutto.


Concordo pienamente, proprio per questo nell'Iliade e nell'Odissea si parla delle "nere navi" per via del colore della pece (probabilmente mescolata ad altre sostanze per renderla più isolante) che copriva parte della carena.






 Regione Estero  ~ Città: Cordoba  ~  Messaggi: 1738  ~  Membro dal: 07/05/2007  ~  Ultima visita: 15/01/2014 Torna all'inizio della Pagina

.machiavelli.

Utente Senior


Inserito il - 28/03/2008 : 08:28:06  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di .machiavelli. Invia a .machiavelli. un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Nella mia tesi ho proposto, vista la mancanza di pece in Sardegna, che per le navi sarde si utilizzassero delle resine. L'aspetto delle navi potrebbe essere stato differente da quello nero delle orientali. Sono ancora alla ricerca di qualcuno che mi illumini sul tipo di legno utilizzato per le parti nobili delle imbarcazioni. Dubito fortemente che in Sardegna ci fossero alberi di alto fusto (tipo i cedri del Libano utilizzati poi dai fenici) ma non possiamo escludere il pino mediterraneo o la quercia. D'altro canto le imbarcazioni più grandi potevano essere costruite con materiali provenienti dai commerci...chissà. Sappiamo che nel Mediterraneo circolavano merci, uomini e tecnologie e probabilmente i commerci erano più sviluppati di ciò che immaginiamo. Il mare era un'autostrada...abbastanza sicura (pirati dell'epoca esclusi) e viaggiando sottocosta ci si arricchiva velocemente con gli scambi. Tuttavia le alleanze dovevano essere ben salde per evitare le aggressioni delle popolazioni che, non disponendo di risorse interessanti, erano costrette a procurarsi con la forza ciò di cui necessitavano.
Ciao da Zio Mack.






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