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Nota Bene: La Tomba I o Tomba dei Vasi Tetrapodi di Santu Pedru, nella strada provinciale tra Alghero e Uri , e' il primo ipogeo preistorico Sardo ed il primo del Mediterraneo ad aver restituito una "stratigrafia". Cioè una successionedi strati di riempimento intatti che ne attestano diversi momenti di uso. La tomba , preceduta da un lungo corridoio scoperto, ha un'anticella semicircolare, una grande cella centrale sostenuta da pilastri scavati nella trachite e varie celle secondarie . La cella principale presenta corna taurine scolpite ed una finta porta.
Sino alla scoperte di questo bellissimo monumento , databile alla cultura prenuragica di Ozieri ( 3200 a.C.) , si riteneva che queste grandi tombe fossero nuragiche e fossero contemporanee agli etruschi. La denominazione dell'ipogeo si deve alle grandi ciotole a quattro piedi , della cultura del Vaso Campaniforme , che restitui', i "vasi tetraposi" appunto.



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Ciccio80

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Inserito il - 01/06/2009 : 19:13:15  Link diretto a questa discussione  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Ciccio80 Invia a Ciccio80 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Cari amici,
vorrei proporvi integralmente un mio editoriale apparso su una rivista on line che purtroppo ora non esiste più. Sono delle considerazioni, precedute da un breve excursus storico, sulla vicenda delle ferrovie in Sardegna. In calce all'articolo (visto che risale a un anno e mezzo fa) vi sono degli aggiornamenti. Buona lettura!

Le ferrovie in Sardegna: dalle stelle alle stalle

La storia delle ferrovie sarde è lunga e tortuosa, quasi quanto il tracciato dei suoi binari. Una storia che ha conosciuto momenti di splendore, ma anche di decadenza per mancanza di investimenti adeguati.
Il grande intellettuale Carlo Cattaneo fu uno dei primi a credere nella bontà del progetto. Negli anni ’60 dell’800 egli studiò a fondo tutte le potenzialità delle strade ferrate in Sardegna. Con tanto entusiasmo e un metodo di lavoro assolutamente straordinario, era convinto che le ferrovie avrebbero potuto rompere l’isolamento tra i centri sardi, dando vita alla circolazione delle merci, delle idee e delle persone. Un progetto lungimirante dunque, che tuttavia decollò in ritardo, ancora una volta, manco a dirlo, a causa degli interessi della classe dirigente sarda e per la travagliata questione degli ademprivi. Gli ademprivi (cioè tutti quei terreni di uso comune generalmente facenti parte del demanio e utilizzati dalla collettività), furono un grosso ostacolo. Si pensò di vendere questo immenso patrimonio, dato in gestione a una società inglese che avrebbe dovuto realizzare le strade ferrate. Ma la società in questione dovette scontrarsi con le popolazioni locali che non intendevano rinunciare a questi privilegi di origine antichissima (epoca romana) e con i notabili di quelle zone. Sorsero sì tante beghe legali che il progetto si bloccò e si discusse persino sulla natura giuridica dell’ademprivio.
Nonostante questi intoppi, alla fine dell’800 le ferrovie in Sardegna decollarono. Fu un’autentica rivoluzione e nuovi tratti venivano via via aggiunti. Tant’è che durante i primi decenni del novecento era possibile raggiungere pressoché tutte le parti principali dell’Isola in treno, con una rete ferroviaria tra le più lunghe d’Italia. Vennero anche aperte tante linee minori, le cosiddette “ferrovie in concessione”.
Merci e persone si spostavano da un capo all’altro della Sardegna grazie a questo imponente gigante d’acciaio che sbuffava vapore.
Poi arrivò la seconda guerra mondiale e con essa il dopoguerra. Ma le ferrovie sarde cominciavano già ad accusare i primi sintomi di malattia. La rete, pur essendo efficiente, utilizzava ancora locomotori a vapore, mentre in gran parte d’Italia si cominciavano ad utilizzare non solo quelli diesel, ma addirittura quelli elettrici.
Arrivò anche il dopoguerra e il declino si fece sentire, soprattutto nelle reti minori, alcune delle quali cominciarono a venir chiuse, sostituite dalle corriere. L’unica rete tutto sommato efficiente negli anni ’50 e ’60 rimase quella delle F.S.
Si aprivano buie prospettive per le reti minori. Era in voga la mentalità, tra la classe dirigente regionale, che ormai le reti minori fossero diventate lente e quindi poco competitive e non sarebbe stato conveniente investire nel loro rinnovamento. Un modo come un altro per dire: “sono malate, lasciamole morire lentamente”.
Così vennero soppresse corse, linee (come quella Carbonia – Calasetta) e il materiale rotabile rimase lo stesso che ritroviamo ancora oggi nelle poche linee minori rimaste attive.
La gloriosa vicenda delle ferrovie sarde stava conoscendo, negli anni ’70 e ’80, il punto più basso della propria storia. Intanto anche le F.S. erano diventate antiquate, con vecchi locomotori diesel degli anni ’60, tutt’ora in circolazione.
Il resto è storia recente. Qual è allora la situazione odierna? Per quel che riguarda le reti minori, dove non sono state chiuse e sostituite dalle corriere, o sono rimasti i vecchi treni (veri e propri pezzi da museo) che di conseguenza viaggiano quasi vuoti, oppure si è provveduto a convertire le suddette linee in linee turistiche. Vi invito a “provare” la linea Macomer – Nuoro, a scartamento ridotto, praticamente un salto nel passato, anche se è in progetto (si spera) un rinnovo totale di essa.
Le F.S. dal canto loro, pare che stiano, a passo di lumaca, modernizzando il loro apparato. Per esempio col raddoppio della linea S. Gavino – Cagliari, anche se si tratta di un’opera “dimezzata”, perché il raddoppio della linea andrebbe effettuato almeno fino ad Oristano, se non a Sassari. Il binario unico – ce ne siamo quasi scordati – è un’altra caratteristica delle nostre ferrovie, che raddoppia i tempi di attesa.
Inoltre sono stati acquistati i treni “Minuetto”, molto comodi e funzionali, ma ancora poco presenti sulla rete (a quanto pare in servizio solo sulla tratta Decimomannu – Cagliari). E intanto si chiudono stazioni, si licenzia personale e si aumentano i prezzi dei biglietti a fronte di un servizio pietoso.
Qual è il bilancio e quali sono le prospettive per il futuro? Ancora una volta la situazione non è rosea. Si sta facendo troppo poco per rilanciare le ferrovie sarde. E ancora una volta ripetiamo che è la domanda che crea l’offerta. La Sardegna è un’isola molto grande e certe zone sono difficili da raggiungere. E’ un’isola con più di un milione e mezzo di abitanti senza contare i turisti che vengono a trascorrervi le vacanze.
Una moderna rete ferroviaria sarebbe una mossa vincente. In particolare una rete che collegasse tutte le province o le località turistiche in poco tempo. Un grande investimento dunque, che alla lunga sarebbe remunerativo in termini di guadagni e posti di lavoro. Anche il traffico merci ne trarrebbe giovamento. La situazione oggi è al collasso. Quasi tutto il traffico merci passa per la statale 131, che, sebbene sia in corso di allargamento (a singhiozzo..), non può contenere l’elevato numero di tir che vi transitano. Provate a guidare tra Cagliari e Sassari e vi accorgerete di quanti autotreni vi circolino, rendendo più pericoloso il tracciato.
La Sardegna pare voglia andare contro le tendenze in atto in Europa: se nel cuore del vecchio continente (nord Italia compreso) si sta investendo molto nelle ferrovie, anche per il traffico merci, per decongestionare le strade, qui in Sardegna succede il contrario.
Molti dicono che non sia conveniente investire nelle ferrovie in Sardegna perché “tanto il treno non lo prende nessuno”. Errore madornale: se nessuno prende il treno è perché la rete, i tempi di percorrenza e il materiale rotabile è a dir poco pietoso. Con servizi efficienti e competitivi, il discorso cambierebbe. E poi i pendolari ci sono comunque, già per rispetto nei loro confronti sarebbe opportuno migliorare i servizi. Non si sta dicendo di fare altre migliaia di km di nuovi tratti ferroviari, sarebbe sufficiente modernizzare quelli esistenti o modificarne, toglierne e aggiungerne dei nuovi.
Chissà che direbbe oggi Carlo Cattaneo se potesse vedere la situazione delle ferrovie sarde. Di certo non ne sarebbe entusiasta.
Ma la storia delle infrastrutture sarde è storia di fatiche, intoppi, sofferenze e povertà: “un immenso deposito di fatiche”, per utilizzare un’espressione dello stesso Cattaneo. Una storia tormentata, che fa della Sardegna una vera e propria Cenerentola dei trasporti.


P.S.
A distanza di meno di due anni possiamo aggiungere qualche ulteriore dato e riflessione. I treni “Minuetto” circolano in un’aerea più estesa, non più limitati alla tratta Cagliari-Decimomannu. Sono inoltre stati ordinati dalla Spagna dei pendolini diesel che dovrebbero accorciare sensibilmente i tempi di percorrenza tra Cagliari, Sassari e Olbia. Treni moderni e funzionali, per i quali tuttavia occorrerà attendere qualche anno.
Si nota soprattutto la lentezza nel realizzare queste infrastrutture, per non parlare dell'acquisizione del materiale rotabile. Ogni Giunta regionale, al di là del colore politico, lavora al progetto di ammodernamento a fasi alterne, con tempi biblici.
A titolo di integrazione, accenno anche al tentativo di elettrificazione della rete ferroviaria sarda. Fino a qualche anno fa, viaggiatori che si apprestavano ad andare a Cagliari in treno, avrebbero notato i fili dell'alta tensione sovrastare la linea a partire da Sanluri. Ebbene, si trattava di un progetto iniziato negli anni '80, che avrebbe previsto l'introduzione di materiale rotabile elettrico. Progetto, inutile dirlo, arenatosi. Morale della favola: in Sardegna anche i treni dell'immediato futuro resteranno diesel. E questo è un handicap, considerato il prezzo del carburante nonché le ripercussioni a livello ambientale.
Per chi volesse approfondire e conoscere quante e quali erano le ferrovie della Sardegna, si consiglia il seguente link: http://www.ferrovieabbandonate.it/ferrovie.html






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