Forum Sardegna
    Forum Sardegna

Forum Sardegna
 

    


Nota Bene: Nel castello giudicale di Sanluri è ospitato il Museo Risorgimentale “Duca d’Aosta”. Nelle varie sale sono esposti numerosi cimeli sia del periodo risorgimentale che dei due conflitti mondiali. E’ inoltre presente una collezione di ceroplastiche riproducenti cammei, medaglioni in cera d’api che viene ritenuta una delle più importanti e pregiate d’Europa.



 Tutti i Forum
 Cultura in Sardegna
 Frammenti di storia di Sardegna
 Itri Luglio 1911: La strage dei Sardi

Nota: Devi essere registrato per poter inserire un messaggio.
Per registrarti, clicca qui. La Registrazione è semplice e gratuita!

Larghezza finestra:
Nome Utente:
Password:
Modo:
Formato: GrassettoCorsivoSottolineatoBarrato Aggiungi Spoiler Allinea a  SinistraCentraAllinea a Destra Riga Orizzontale
Inserisci linkInserisci EmailInserisci suonoInserisci Mp3Inserisci pdfInserisci file multimediale Inserisci Immagine Inserisci CodiceInserisci CitazioneInserisci Lista
   
Video: Inserisci Google video Inserisci Youtube Inserisci Flash movie
Icona Messaggio:              
             
Messaggio:

  * Il codice HTML è OFF
* Il Codice Forum è ON

Faccine
Felice [:)] Davvero Felice [:D] Caldo [8D] Imbarazzato [:I]
Goloso [:P] Diavoletto [):] Occhiolino [;)] Clown [:o)]
Occhio Nero [B)] Palla Otto [8] Infelice [:(] Compiaciuto [8)]
Scioccato [:0] Arrabbiato [:(!] Morto [xx(] Assonnato [|)]
Bacio [:X] Approvazione [^] Disapprovazione [V] Domanda [?]
Seleziona altre faccine

 
 
 
 

V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
DedaloNur Inserito il - 26/04/2009 : 09:39:44
Era il 1911, anno in cui molti sardi riponevano nell’emigrazione la speranza di una vita migliore, la quale palpitava, fiduciosa e intrepida, sul posto di lavoro. Tuttavia, nel luglio di quell’anno per quattrocento figli della Sardegna, il sogno si frantumò nel suolo italico in una realtà di persecuzione e d’orrore. Essere sardo e per questo pagarne il prezzo, subirne il razzismo di persona, sperimentarlo sulla propria pelle fu un’esperienza, purtroppo, di molti di questi miei conterranei.

Erano anni di progresso tecnologico in cui la ferrovia ne rispecchiava il mito, attraversandone l’Italia. A costruire le migliaia di chilometri di linee ferroviarie, altrettante migliaia di braccia. E fu così che circa mille sardi, quasi tutti minatori del sud Sardegna, furono impiegati per la costruzione della linea Roma – Napoli. Assumere sardi era allora conveniente, poiché lavoravano sodo, in cambio, a parità di mansione, di un salario inferiore a quello degli operai continentali, loro colleghi. Quattrocento operai isolani, furono, quindi, stanziati temporaneamente nel comune di Itri, all’epoca in provincia di Caserta e oggi di Latina, ossia nella cosiddetta: «Terra di lavoro». Gli abitanti di Itri, però, fomentati e spalleggiati indirettamente dai mass – media italiani che descrivevano i sardi come una «razza inferiore e delinquente per natura», sollevavano pregiudizi razzisti contro i sardi. A servirsi di questa opinione diffusa e consolidata in una costante tensione sociale fu la camorra, nel momento in cui la sua autorità fu sconfitta dagli involontari rappresentanti del Popolo Sardo, la quale riuscì a trasformare tale convinzione in sentimento di odio sanguinario antisardo. L’organizzazione criminale, alla quale interessava solo il denaro, che ruolo e quali interessi poteva nutrire in questo scontro di culture? La risposta è semplice e nello stesso tempo terrificante: ai lavoratori sardi si voleva imporre il cosiddetto «pizzo». Ma alla camorra, che assumeva la posizione del «padrone», si contrapponeva il netto rifiuto, pacifico ma fermo, di quei baldi lavoratori di pagare. Questa decisione fu presa, sia per l’innata fierezza della cultura «De s’omine», sia per la matura coscienza dei diritti loro spettanti, anche se non ancora conquistati, in quanto lavoratori. I criminali, quindi, per scongiurare il contagio di tale rivoluzione, puntarono sugli anzidetti sentimenti degli itrani (cosi si fanno chiamare gli itriesi) per cacciare i sardi da «Terra di lavoro». La furia fanatica razzista, organizzata minuziosamente, si compì tragicamente nei giorni di mercoledì e giovedì 12 e 13 luglio del 1911. Al grido: «Morte ai sardegnoli», i miei antenati furono, per quei due giorni, le prede indifese della «caccia al sardo». Nel primo giorno un gruppo di operai fu insultato e provocato nella piazza dell’Incoronazione, l’epicentro della storia. Al grido «Fuori i sardegnoli», la parola d’ordine per richiamare gli itrani in quel luogo, a centinaia accorsero armati, attaccando da ogni parte i nostri conterranei inermi. In una ridda di sorpresa, di urla, anche le autorità locali aprivano il fuoco promettendo immunità ai compaesani, non di meno fecero i carabinieri, i quali spararono sui sardi in fuga. Quel giorno, il selciato italico s’impregnò del primo sangue dei martiri trucidati barbaramente. Gli operai scampati alla persecuzione xenofoba si rifugiarono intanto nelle campagne circostanti. L’indomani, i lavoratori rientrarono nel paese per raccogliere i loro fratelli caduti come soldati in guerra, ma la «fratellanza operaia», «la pietà cristiana», si evidenziarono utopiche mete. Entrarono nell’abitato e nuovamente divampò la triste sinfonia di morte col grido di battaglia: «Fuori i sardegnoli». Gli itrani convergendo in massa, passarono prima in una bottega, nella quale si distribuivano armi per l’occasione. Qui si avvertiva: «Prendete le armi e uccidete i sardi». La seconda giornata di caccia all’«animale sardo» era aperta! Gli itrani, ancora accecati dall’odio razzista e non contenti del sangue già versato, si scagliarono nuovamente contro i lavoratori sardi inermi e, con più raziocinio criminale del giorno prima, ancora ammazzarono. In queste due giornate furono massacrate una decina di persone, tutte sarde. Il numero esatto delle vittime non si venne mai a sapere, poiché gli itrani trafugarono numerosi cadaveri e feriti moribondi per nascondere il numero esatto delle vittime. Alcuni operai sequestrati subirono la tortura e una sessantina furono i feriti, di cui, diversi, molto gravi, perirono in seguito. Molti sardi scampati alla strage furono arrestati con la falsa accusa di essere rissosi. Mentre, altri, per la stessa accusa, furono espulsi da quella «terra del lavoro» e rispediti in Sardegna. Pagarono caro il prezzo della loro provenienza e cultura, ma la camorra, da quei fieri sardi, non vide neppure un soldo. Per questi fatti non un itriano fu punito. E il grave avvenimento fu subito occultato. L’avvocato Guido Aroca scrisse: «Se alcunché di simile si fosse verificato ai danni siciliani o romagnoli, l’Italia tutta sarebbe oggi in fiamme». Dopo quei giorni dolorosi, i sardi, per il tornaconto bellico italiano del ’15 ’18, diventeranno la «razza guerriera ed eroica» che salvò le sorti dell’Italia.

Il sacrificio dei miei antenati non ha avuto giustizia e in continente si sostiene ancora che «I sardegnoli se la son cercata». A distanza di anni da quei fatti, la forma mentis ferocemente antisarda è stata dichiarata lucidamente dallo stesso «Stato di diritto» italiano, nel momento in cui, con tracotanza, istituzionalizzò il proprio pregiudizio e razzismo contro i sardi (e solo contro i sardi) emigrati in s’Italia, con una schedatura poliziesca di uomini, donne, vecchi e bambini. La registrazione ebbe inizio nel 1984, all’insaputa degli stessi sardi, con la regione Lazio per poi essere estesa ad altre regioni fino ad una data incerta degli anni ’90. Frantz Fanon aveva pienamente ragione: «Un Paese colonialista è un Paese razzista!». I sardi, per un complesso di colpa indotto da anni di colonizzazione culturale, accettarono passivamente di essere considerati, nel loro insieme e capillarmente, potenziali criminali.
fonte :
http://www.sotziulimbasarda.net/mag...ttorisar.htm

articolo di Manlio Brigaglia:
http://www.regione.sardegna.it/mess...uglio_21.pdf

questi link offrono una qualche giustificazione e appiglio alla strage. Per atti che sono del tutto ingustificabili sopratutto quando sono animati dall'odio razziale e dagli interessi camorristici

http://www.laportella.net/staff/pin...premessa.htm
http://www.laportella.net/storia/au...di/index.htm

ricordare questi fatti può risultare scomodo < perchè mai ricordare questi fatti se non per dividere, o addirittura chieder vendetta?> Però a Itri ricordano e scrivono libri per fornirsi una qualche giustificazione di quei fatti.
http://it.wikipedia.org/wiki/Itri

Noi sardi invece dobbiamo dimenticare?

15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
DedaloNur Inserito il - 24/10/2012 : 16:08:02
....crea un post su Montresta, mi interessa! da poco, (vista la curiosità che m'hai destato,) pare sia uscito un libro che tenta di far lumi sulla vicenda
Adelasia Inserito il - 19/10/2012 : 22:32:43
DedaloNur ha scritto:



http://lanuovasardegna.gelocal.it/r...ra-1.5422136

SASSARI. Il ricordo è a volte un esercizio difficile e doloroso.

Sui fatti di Itri Budruni ha scritto un documentatissimo libro: “I giorni del massacro/ Itri, 1911: la camorra contro gli operai sardi”, prefazione di Gian Antonio Stella, editore Carlo Delfino.

Insomma, ricordarsi sempre di ricordare.


mettiamo agli atti anche questo articolo de La Nuova...


Dici bene: agli atti, non in archivio.
Adelasia Inserito il - 19/10/2012 : 22:28:22
DedaloNur ha scritto:

i greci di Montresta?


Già, quelli che fondarono Montresta, dove anche quest’anno (a settembre) si è realizzato l’evento “Nostos- Giornate di Festa e di Memoria: Montresta e i Greci”.
(Nostos, se non ricordo male, in lingua greca significa ritorno.)

Scriveva il "Dizionario corografico dell’Italia" nel 1868:
Nel 1750 vi si stabilì una colonia di greci, ma in meno di un secolo essi vennero quasi tutti spenti ….” Proprio cosi’, adoperando una terminologia che risentiva del romanticismo appena spento anch’esso, ma efficacissima e terribile: tutti spenti.
Dai sardi.

Anche questa storia merita un post tutto suo…
DedaloNur Inserito il - 19/10/2012 : 00:22:47
i greci di Montresta?

http://lanuovasardegna.gelocal.it/r...ra-1.5422136

SASSARI. Il ricordo è a volte un esercizio difficile e doloroso. Perché costringe a ripercorrere tormentati sentieri del passato nei quali ruoli e ragioni, paesaggi umani e derive dei sentimenti, paure profonde e incandescenti torrenti di violenza hanno contribuito a costruire quel sedimento comune sul quale è costruito il nostro presente. Perciò ricordare può anche significare guardare dentro l'abisso che è in noi. E allora si preferisce dimenticare, rimuovere, cancellare.

Accade così che nella storia, quella ufficiale, ci siano dei vuoti che si è scelto di non riempire. Vuoti che però, a volte, possono essere colmati grazie alla curiosità intellettuale e alla passione civile di alcuni ricercatori. Così come è stato per il massacro di Itri, avvenuto il 13 luglio del 1911. Esattamente 101 anni fa.

E' stato un ricercatore algherese, Antonio Budruni, lavorando alla ricostruzione della cronologia del terzo volume dell'enciclopedia La Sardegna, a imbattersi in una notizia sconosciuta, ignorata perfino dagli istituti di Storia delle università. «Fu il professor Manlio Brigaglia – dice Budruni – a chiedermi allora di scrivere un articolo sulla strage dei sardi a Itri sulla rivista Ichnusa. Così, la notizia di quei tragici avvenimenti, che era rimasta sepolta per circa 75 anni, fu conosciuta dai lettori del numero dieci della rivista, uscita nel giugno 1986».

Ma ecco i fatti. Itri è una cittadina tra Gaeta e Formia, patria del leggendario brigante Fra Diavolo, diventato poi colonnello dell'esercito borbonico.Nel 1911 occorrevano sudore e braccia per la costruzione del quinto tronco della ferrovia Roma-Napoli. Venne così reclutato un migliaio di lavoratori sardi. Si trattava di uomini provenienti un po' da tutta la Sardegna, ma quasi tutti erano passati nell'inferno delle miniere del Sulcis. Molti fuggivano dalle campagne, da una vita senza speranza. All'inizio dell'estate del 1911 circa 500 sardi lavoravano in un cantiere a pochi chilometri da Itri, in una zona che, per ironia del destino è chiamata “Terra di lavoro”. Gli itriani guardavano con ostilità e sospetto quella umanità dolente che sopportava orari impossibili e viveva in condizioni estreme. Erano anni in cui i sardi erano perseguitati dai pregiudizi alimentati da una classe dirigente che ricorreva perfino alle teorie pseuoscientifiche di Lombroso e di Niceforo. Basti pensare cosa aveva scritto dei sardi il responsabile della cancelleria sabauda Joseph De Maistre: «Sono più selvaggi dei selvaggi perché il selvaggio non conosce la luce, il sardo la odia... Razza refrattaria a tutti i sentimenti, a tutti i gusti e a tutti i talenti che onorano l'umanità».

E quei “selvaggi” avevano un'altra colpa: con il loro orgoglio e la loro dignità non rispettavano la “legge del pizzo” imposta dalla camorra. E furono gruppi camorristici a soffiare l'odio su quel clima già teso, coinvolgendo in un sentimento di rancore collettivo e di odioso razzismo anche le autorità locali. Tutto fa pensare a un complotto, a un'aggressione programmata. La tragedia scoppia il 12 luglio quando un lavoratore sardo viene provocato (e ferito) nella piazza di Itri. E' come una scintilla che fa divampare l'incendio di follia e di violenza. Centinaia di itriani si riversano armati nella piazza Incoronazione e assalgono i sardi al grido: «Morte ai sardegnoli». E' un linciaggio. Intervengono anche i carabinieri, ma sparano sui sardi. La caccia riprende l'indomani con inaudita violenza. Alla fine i morti saranno 8 e 60 i feriti. C'è poi la tragica beffa: alcuni sardi vengono arrestati e altri espulsi. Nel processo sui fatti di Itri, che si celebrerà a Napoli nel 1914, un avvocato sosterrà l'incredibile tesi della «legittima difesa di una folla».

«La Nuova Sardegna – dice Budruni -, diretta allora da Medardo Riccio, condusse una campagna appassionata per far emergere la verità e denunciare i pregiudizi verso i sardi. I suoi giornalisti andarono a Itri, incontrarono i lavoratori sardi, raccolsero le loro testimonianze. Fu un lavoro di grande professionalità e civiltà».

Sui fatti di Itri Budruni ha scritto un documentatissimo libro: “I giorni del massacro/ Itri, 1911: la camorra contro gli operai sardi”, prefazione di Gian Antonio Stella, editore Carlo Delfino. È il frutto di un difficile e meticoloso lavoro di ricerca e soprattutto di una passione civile fondata sulla convinzione che per conoscere davvero se stessi è determinante conoscere il proprio passato. Insomma, ricordarsi sempre di ricordare.

mettiamo agli atti anche questo articolo de La Nuova...
Adelasia Inserito il - 15/04/2012 : 17:12:26
Aggiungo anche questo, per sgombrare il campo da considerazioni che potrebbero in qualche modo trarre dalla vicenda la conferma della tendenza a un certo "vittimismo" sardo, che nella presentazione del saggio non è mai emersa, anzi: è venuta fuori la storia dei greci di Montresta.

Due analoghe, tristi storie di ostilità e di massacri nei confronti di chi arriva da fuori...

Adelasia Inserito il - 15/04/2012 : 16:47:35
DedaloNur ha scritto:

Ovvero nella conferenza che hai seguito qualcuno, gli ha fatto presente le contro argomentazioni degli Itrani al suo studio?



Sì, all'autore è stato chiesto cosa ne pensasse delle argomentazioni degli itriani riproposte da Pecchia, e se tra loro due ci fosse mai stato un contatto.
Budruni ha risposto negativamente; ho avuto l'impressione che neanche si preoccupi di smentire più di tanto tesi non supportate da quella documentazione che, sempre più consistente e inequivocabile, egli continua ad acquisire e che conferma la sua ricostruzione dei fatti.
DedaloNur Inserito il - 10/04/2012 : 21:31:09
se venisse un po più a Nord, magari ci andrei pure io. m'interesserebbe, ovviamente impegni permettendo.. è un periodaccio.

però ho una curiosità. a me è parso che lo studioso di Itri quasi stesse imbastendo una polemica a distanza con Budruni. Se non erro, il tizio di Itri diceva che Bufruni dava un quadro non obiettivo della vicenda. per caso Budruni ha risposto a queste critiche ed obiezioni? Ovvero nella conferenza che hai seguito qualcuno, gli ha fatto presente le contro argomentazioni degli Itrani al suo studio?

perchè m'nteressava la risposta
Adelasia Inserito il - 10/04/2012 : 21:21:54
Sarebbe un bis, Dedalo: un bis che non disdegno, tutt'altro...
Il libro è stato già presentato in alcuni Comuni dai quali provenivano concittadini coinvolti nel massacro: Bidonì, Ottana, Atzara. Naturalmente ci sono andata.
Professor Budruni è un serio e appassionato studioso che considera tuttora in intinere il suo lavoro; per questo motivo continua a fare ricerche presso i Comuni coinvolti e ad acquisire tutta le testimonianze e la documentazione necessarie perchè non venga più messa in discussione quella che è stata, inequivocabilmente, una strage studiata e perpretata nei confronti di sardi che avevano come unica colpa quella di aver cercato lavoro fuori dall'isola e di non essersi piegati alla camorra.
DedaloNur Inserito il - 10/04/2012 : 20:20:03
io ancora non sono riuscito a leggere il libro. ci andrai Adelasia?
Adelasia Inserito il - 10/04/2012 : 20:14:17
Domani prof. Budruni presenterà il suo libro a Nuoro (Biblioteca Satta ore 18).
DedaloNur Inserito il - 01/11/2011 : 12:37:05
Adelasia ha scritto:
Stavo regalando a Itri, che pare disponga solo di una "spiaggia di ciottoli", perfino il conio di "cittadina sul mare". Un po' troppo, mi pare

poco male, tra un non troppo è Natale... sempre che l'Italia ci arrivi, sembra l'Armageddon

attendo altre info...io non potrò leggere quel libro per molto tempo mi sa, sono oberato da altro
cià!
Adelasia Inserito il - 01/11/2011 : 09:50:18
Dedalo, anch'io ero rimasta perplessa, dopo aver fatto le tue stesse ricerche....Una spiegazione c'è: la mia interpretazione, errata, di un passaggio della prefazione; stamattina, più lucida, l'ho riletto con attenzione.

Scrive Budruni: << Itri dista solo 12 km da Gaeta, cittadina sul mare, antica capitale del Regno di Napoli ed ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie. Nell'intreccio spesso imprevidibile della storia degli uomini, in quella cittadina sul mare nacque, nel 1860, Francesco Gramsci, trasferitosi successivamente in Sardegna....>>
Donc...mea culpa. L'autore si riferiva a Gaeta, e non a Itri.
Stavo regalando a Itri, che pare disponga solo di una "spiaggia di ciottoli", perfino il conio di "cittadina sul mare". Un po' troppo, mi pare
DedaloNur Inserito il - 01/11/2011 : 08:36:23
Adelasia ha scritto:
la prima impressione è che il saggio, scevro da orpelli e da inopportuni voli pindarici, scavi nella storia con il supporto di una vasta e puntuale documentazione.

ottima notizia


Già l'introduzione mi ha arricchito di curiosità collaterali: a Itri nacque Francesco Gramsci, il padre di Antonio, il quale parrebbe non abbia mai fatto menzione della strage, a differenza del fratello maggiore Gennaro che fu uno dei firmatari della convocazione di un comizio di protesta contro il massacro.


Itri?

http://partitodelsud.blogspot.com/2...gramsci.html

in effetti siamo nelle vicinanze qui si parla di terra del lavoro, e di Gaeta

Atto di nascita di Francesco Gramsci, padre di Antonio
Atto di nascita di Francesco Gramsci, padre di Antonio Gramsci.

L'anno mille ottocento sessanta il dì sei di marzo, alle ore nove antimeridiane, avanti di noi Raffaele Ianni, sindaco ed uffiziale dello stato civile di Gaeta, provincia di Terra di Lavoro, è comparsa Raffaela Amato di Gaeta, figlia di Luigi, di anni trentanove, di professione ostetrica, domiciliata ivi, in strada San Tommaso quale ci ha presentato un maschio secondo che abbiamo ocularmente riconosciuto, ed ha dichiarato è nato dalla signora Teresa Gonzalez legittima moglie di Don gennaro Gramsci di Gaeta e dal signor Don gennaro Gramsc i di anni cinquantadue, di professione Capitano della Gendarmeria domiciliato a Cosenza nel giorno sei del suddetto mese alle ore due antipomeridiane nella casa di Don Giuseppe Gonzalez èadre della Puerpera.
La stessa inoltra ha dichiarato di dare al neonato il nome di Francesco, Alfonso, Erasmo, Giustino. La presentazione e dichiarazione anzidetta si è fatta alla presenza di Don Giovanni Perez di Napoli di Professione Primo tenente di Artiglieria, regnicolo domiciliato in Gaeta e di Don Nicola Nazano di Gaeta di professione proprietario terriero domiciliato ivi, testimoni intervenuti al presente atto e da esso si.ra Amato Raffaela. Il presente atto è stato da letto al dichiarante e ai testimoni ed indi da noi firmato. Il sindaco Raffaele Ianni


Adelasia Inserito il - 31/10/2011 : 23:32:03
Ho di fronte a me il libro, al quale ho già dato quello sguardo generale che si concede ai testi che si intende leggere con una "discreta impazienza", per dirla alla Jomaru: la prima impressione è che il saggio, scevro da orpelli e da inopportuni voli pindarici, scavi nella storia con il supporto di una vasta e puntuale documentazione.

Già l'introduzione mi ha arricchito di curiosità collaterali: a Itri nacque Francesco Gramsci, il padre di Antonio, il quale parrebbe non abbia mai fatto menzione della strage, a differenza del fratello maggiore Gennaro che fu uno dei firmatari della convocazione di un comizio di protesta contro il massacro.
DedaloNur Inserito il - 17/10/2011 : 18:17:43
manco io son riuscitoa trovarlo...

Herniasurgery.it | Snitz.it | Crediti Snitz Forums 2000