S' accabadora.
Stampato da: Forum Sardegna
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Stampato il: Oggi
Discussione:
Autore Discussione: Adelasia
Oggetto: S' accabadora.
Inserito il: 22/08/2006 23:02:50
Messaggio:
Nell’antica Grecia si chiamavano Moire, erano figlie della notte e padrone del destino, e filavano. A ogni filo corrispondeva una vita: quando decidevano di reciderlo era finita, giudizio insindacabile, né gli dei né alcuna corte d’appello dell’epoca poteva farci niente. (Per vie misteriose sono arrivate a Ottana, nel nuorese, con le vesti de “sas filonzanas”, ma di questo si parlerà un altro momento).
Nell’antica Roma cambiarono il nome, si chiamavano Parche: e filavano.
Nel mondo teutonico erano Norne: filavano anch’esse.
In Sardegna - dove non ci facciamo mancare niente, un tocco di originalità lo spalmiamo sempre, siamo molto più pratici e diciamo pane al pane e vino al vino- si chiamarono “accabadoras”: e “accabavano”! (Da non trascurare il gentile omaggio linguistico a quei spagnoli che per secoli ci hanno fatto dannare: acabàr = terminare, dare sul capo…..).
Eutanasia: referendum? Dibattiti? Tavole rotonde? Questione etica?? Ma quando mai, tempo perso, bla bla bla inutili, bizantinismi del nostro tempo…. Molto più pratici e fattivi i nostri avi, neanche tanto lontani: quando c’era una persona moribonda, molto più lì che qui, che non si decideva proprio a dipartire, sofferente per sé e per gli altri, un veloce consulto di famiglia e via, qualcuno furtivamente avvertiva un personaggio il cui ricordo (ammettiamolo) ci piace tanto rimuovere: “sa femina accabadora”.
La signora, presumo vestita di nero come credo bon ton suggerisse viste le circostanze, attendeva la notte, poi si recava a casa del moribondo. Il cerimoniale pare che imponesse un saluto particolare, poi i parenti con nonchalance uscivano dalla stanza del malcapitato dove la signora in nero, alias madame accabadora, eliminava “religiosamente” qualsiasi oggetto sacro, toglieva da sotto lo scialle l’arnese del mestiere, che consisteva in un mazzoccu (o mazzolu , mazzocca, chiamatelo come volete!) generalmente una specie di robusto martello di olivastro, si rimboccava le maniche, si avvicinava al ”paziente “, raccoglieva le forze e…voilà, un colpo secco ben assestato in testa e lo spediva all’altro mondo. Lo “accabava”, appunto. Indi, con molta naturalezza, richiamava i parenti, ai quali credo non desse condoglianze, anzi erano loro che ringraziavano, e usciva nella notte scura, senza neanche rilasciare uno straccio di fattura e tantomeno richiedere un compenso seppure in nero, gratificata per avere fatto ancora una volta, gratuitamente e disinteressatamente, il proprio dovere.
“L’ultima delle accabadoras” pare avesse esercitato fino al 1952. Per lunghi secoli le “feminas accabadoras” sarde “accabarono”; le ultime testimonianze ce le segnalano a Bosa, Orgosolo e Luras, quest’ultimo ridente e gentile paesino gallurese - secondo alcune fonti una delle cinque colonie etrusche nell'Isola, secondo altre più verosimilmente fondato da coloni ebrei deportati in Sardegna dall'Imperatore romano Tiberio - noto anche per i 4 splendidi dolmen tra i quali spicca il Ladas ( so quello che state che pensando, avendo a che fare con il vino..) e i famosissimi olivastri millenari, dove nell’interessante museo che testimonia la cultura tradizionale locale (www.museogalluras.it/) è in bell’evidenza proprio su “mazzuccu”, 40 centimetri di lunghezza e 20 di larghezza di robusto olivastro.
Per dovere di cronaca sottolineo che, nonostante le mie ricerche, non mi è stato possibile verificare se le "accabadoras" fossero libere professioniste iscritte ad apposito albo e quali fossero i requisiti per esercitare simili attività; contestualmente vi invito, qualora sentiate esclamare alle vostre spalle “accabalu !” o “accabala!”, di stare un po’ all’erta….non si sa mai!!!
Risposte:
Autore Risposta: Paradisola
Inserita il: 23/08/2006 10:43:18
Messaggio: C'è anche un libro dedicato all'argomento..
 Eutanasia ante litteram in Sardegna. Sa femmina accabadòra (A. Bucarelli L. Carlo) acquistabile qui: http://www.internetbookshop.it/ser/...IN4RNU3JXZQI
Autore Risposta: Fish
Inserita il: 13/10/2006 12:02:09
Messaggio: Vecchiette molto simpatiche... Ora capisco da dove deriva il rimprovero "Accabadda!", per dire a uno di smetterla... Inconsapevolmente, gli stavo augurando di essere "terminato"...  
Un uomo intelligente spesso si troverebbe in imbarazzo senza la compagnia di qualche sciocco!
Autore Risposta: Ela
Inserita il: 13/10/2006 16:09:15
Messaggio: Molti dicono che queste accabadoras erano frutto di un'antica leggenda:Ma molti studiosi di cose sarde hanno invece accertato che esistevano davvero:Una donna infatti aveva raccontato ad un vecchio prete dell'università si sassari questo episodio.Tenete conto che questo che riporto è stato scritto nel 60 e a signora riportava fatti accaduti alla sua nonna....quindi diciamo nel primo novecento...Comunque questa donna diceva che quando era ragazzina, la sua nonna, cadde gravemente ammalata :Il prete le diede l'estrema unzione e mentre usciva, la ragazzina vide sulla porta una donna vecchia vestita di nero che attendeva di essere chiamata per abbreviare le sue sofferenze ...Questa ne fu talmente terrorizzata che ebbe una crisi con abbondante traspirazione..fatto questo che ne provocò la completa guarigioneQuesto era scritto su un bollettino ed il dottore di chiamava Della Maria.. questo riferisce ancora che il Canonico Dottor Pietro Raimondo Calvisi noto cultore di cose sarde così riferiva:"Le confermo che a Bitti,intorno al 1906,sono stato testimone del seguente fatto:nei pressi della casa mia,un bimbo era in agonia da olre 3 giorni,quando si presentò alla madre del morente una vecchia dall'aspetto duro ed energico,alta e segaligna: La vecchia si offrì decisa,alla madre,per abbreviare l'agonia del piccolo sofferente:La madre non si stupì della cosa, ma rifiutò dicendo:"Cherzo que si guadagnet su Chelu" (Voglio che si guadagni il cielo)::Da queste parole ebbi la chiara conferma che la sinistra vecchia fosse una superstite "accabadora".
   C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
Autore Risposta: dany
Inserita il: 14/10/2006 16:29:55
Messaggio: Avete scritto cose veramente interessanti...complimenti ad Adelasia per l'ironia con la quale ha raccontato questo macabro personaggio della nostra storia.Numerose sono le varianti dei racconti circa il ruolo di questo personaggio...proprio in occasione del revival dell'argomento eutanasia( se avete fatto caso diventa argomento di moda ciclicamente)una mia amica di un paese dell'entroterra sardo mi ha raccontato che questa "signora" non era poi così cruenta ... le bastavano solo un fazzoletto e pochi secondi per compiere la sua opera...
dany
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 06/11/2006 17:40:40
Messaggio: Citazione: Messaggio inserito da Ela
Molti dicono che queste accabadoras erano frutto di un'antica leggenda:Ma molti studiosi di cose sarde hanno invece accertato che esistevano davvero:Una donna infatti aveva raccontato ad un vecchio prete dell'università si sassari questo episodio.Tenete conto che questo che riporto è stato scritto nel 60 e a signora riportava fatti accaduti alla sua nonna....quindi diciamo nel primo novecento...Comunque questa donna diceva che quando era ragazzina, la sua nonna, cadde gravemente ammalata :Il prete le diede l'estrema unzione e mentre usciva, la ragazzina vide sulla porta una donna vecchia vestita di nero che attendeva di essere chiamata per abbreviare le sue sofferenze ...Questa ne fu talmente terrorizzata che ebbe una crisi con abbondante traspirazione..fatto questo che ne provocò la completa guarigioneQuesto era scritto su un bollettino ed il dottore di chiamava Della Maria.. questo riferisce ancora che il Canonico Dottor Pietro Raimondo Calvisi noto cultore di cose sarde così riferiva:"Le confermo che a Bitti,intorno al 1906,sono stato testimone del seguente fatto:nei pressi della casa mia,un bimbo era in agonia da olre 3 giorni,quando si presentò alla madre del morente una vecchia dall'aspetto duro ed energico,alta e segaligna: La vecchia si offrì decisa,alla madre,per abbreviare l'agonia del piccolo sofferente:La madre non si stupì della cosa, ma rifiutò dicendo:"Cherzo que si guadagnet su Chelu" (Voglio che si guadagni il cielo)::Da queste parole ebbi la chiara conferma che la sinistra vecchia fosse una superstite "accabadora".
   C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
Ela!!! Hai riportato informazioni straordinarie che mi incuriosiscono moltissimo: mi sapresti dire, per cortesia, dove le hai reperite o come posso trovarle? Ho sentito parlare del can. Calvisi, uomo colto a arguto, sto cercando suoi testi, magari proverò in biblioteca. Conosci qualche titolo in particolare? Grazie alla tua "rimembranza" mi è venuta la voglia di saperne di più e ho chiesto lumi: mi è stato confermato quello che tu hai scritto su di lui.
Ma soprattutto... mi sai dire qualcosa di più su Della Maria? Io ho qualche informazione di un certo Della Maria che, mi pare negli anni '50, mi risulta avere scritto alcuni preziosi articoli sulla maschere tradizionali della Sardegna, mi chiedo se si tratti della stessa persona... Non ho idea se il Della Maria che conosco io fosse medico... Grazie mille!
Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 06/11/2006 18:40:12
Messaggio: è da quando ho visto ,alla mostra di Macomer, proprio quel libro che indica Domenico che penso alla figura de s'Accabadora.. ieri ho visto in tv il museo etnografico di Luras e hanno mostrato il martello de s'accabadora... agghiacciante!!! Presumo quindi che sia esistita veramente Interessante approfondire l'argomento
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Autore Risposta: Ela
Inserita il: 06/11/2006 19:31:54
Messaggio: Citazione: Messaggio inserito da adelasia
Citazione: Mssaggio inserito da Ela
   C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
Ela!!! Hai riportato informazioni straordinarie che mi incuriosiscono moltissimo: mi sapresti dire, per cortesia, dove le hai reperite o come posso trovarle? Ho sentito parlare del can. Calvisi, uomo colto a arguto, sto cercando suoi testi, magari proverò in biblioteca. Conosci qualche titolo in particolare? Grazie alla tua "rimembranza" mi è venuta la voglia di saperne di più e ho chiesto lumi: mi è stato confermato quello che tu hai scritto su di lui.
Ma soprattutto... mi sai dire qualcosa di più su Della Maria? Io ho qualche informazione di un certo Della Maria che, mi pare negli anni '50, mi risulta avere scritto alcuni preziosi articoli sulla maschere tradizionali della Sardegna, mi chiedo se si tratti della stessa persona... Non ho idea se il Della Maria che conosco io fosse medico... Grazie mille!
Queste notizie io le ho prese dal librodi G.Cabiddu "Usi e costumi riti tradizioni popolari della Trexenta"edito dalla "Editrice Sarda Fossataro"del 1965:E' un libro molto interessante e ricco...naturalmente in vendita non lo trovi ...ma lo trovi in molte biblioteche della sardegna......Quì nel libro parla di un Dottor Giuseppe della Maria...Uno studio sulle "accabadoras" fu fatto anche dal francese Domenech e scrisse un libro "Pastori e Banditi,nel quale viene accertata la presenza di queste donne nel se.XVIII.questo libro fu tradotto dallo studioso,storico e scrittore Raimondo Carta Crispi eun passo di questo libro diceva" Non posso provare che questa usanza di uccidere i moribondi sia ancora in vigore in Sardegna,ma essa esistette almeno fino alla fine del secolo scorso (1800),come esiste ancora ai giorni nostri,nella Nuova Zelanda,ed in molte altre isole ell'oceania:L'hanno negato,lo so, ma poichè non c'è fumo senza fuoco,credo che i passi seguenti,che mi sono stati raccontati,spesse volte,abbiano qualche fondamento vero.Dopo aver curato i malati con tutta la devozione possibile,i sardi non potevano vedere,rassegnati,il prolungarsi della tortura dell'agonia,e per farla cessare al più presto,ricorevano all'ausilio delle "accabadoras"".....e quì riporta quelle storie che ho scritto l'altra volta.Ma ci sono ancora tante notizie..difficili da riportare quì
   C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 08/11/2006 17:37:45
Messaggio: Recensione del libro Eutanasia ante litteram in Sardegna. Sa femmina accabadòra
Stando all'ipotesi più accreditata, sas accabadoras erano le donne che intervenivano negli ultimi momenti di agonia inducendo i moribondi alla bona morte : una sorta di eutanasia ante litteram. Non si attribuisca all'aggettivo bona il significato di calma, amabile, propizia, bella o gradevole, bensì quello di utile, necessaria cioè ad alleviare un'estrema e altrimenti irrimediabile sofferenza. Indurre alla bona morte era considerato un atto pietoso ma al tempo steso egoistico, poichè neccessarioad "alleggerire" la vita di chi restava, soprattutto quando le condizioni economiche erano precarie.
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Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 08/11/2006 17:39:29
Messaggio: tratto da L'Unione Sarda del 10 marzo 2006
Fotografie e convegno sul rito di S'accabadora "Arrivava di notte ed entrava dalla porta principale. Accompagnata al capezzale del moribondo, pronunciava poche parole rivolte a Dio, mandava via tutti e, chiusa la porta della stanza, assestava un colpo di mazzoccu…”: è il mistero de S’accabadora, alla quale il circolo Grazia Deledda di Saronno (presidente Luciano Aru) dedica una giornata con un convegno ed una mostra fotografica alla fondazione Gianetti. Una figura che, racconta la tradizione, dava la morte ai malati, su richiesta dei familiari stanchi di veder soffrire i propri cari. La questione dell’eutanasia sarà al centro dell’incontro Il dovere di vivere, il diritto di morire? domani (sabato 11 marzo) alle 16. Parteciperanno Fabrizio Frattini (primario servizio di anestesia e rianimazione ospedale di Saronno), Carlo Capra (reparto di terapia intensiva), Mario Palmaro (docente di filosofia del diritto all’Università europea di Roma) e Vanni Lai (vice presidente Associazione italiana donatori organi zona di Alessandria). Maria Panzalis (vice presidente del circolo sardo) curerà la presentazione del libro Sa femmina accabadora. Eutanasia ante litteram in Sardegna, di Alessandro Bucarelli e Carlo Lubrano. Durante la stessa giornata verrà inaugurata la mostra fotografica Sa accabadora di Chiara Mulas
altre curiosità
quì c'è una foto del martello di cui parlavo
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Autore Risposta: Ela
Inserita il: 09/11/2006 13:49:11
Messaggio: Anche sul mio libro si parla di questa mazzocca,però si dice anche che spesso non erano solo i moribondi ad usufruire di questo bel trattamento,ma spesso anche i vecchi(sic!) dai 60 anni in su (se lo sente mio marito che ha quasi 60 anni e si sente un ragazzino!!!)usufruivano dello stesso trattamento: INFATTI UN PASSO DEL LIBRO DICE"lA SOPPRESSIONE DI PERSONE,AD INIZIATIVA PER LO PIù DI PARENTI,SI SAREBBE MANIFESTATA IN SARDEGNA IN DUE DISTINTE UNITà CHE,CON QUALCHE FREQUENZA,VENGONO VICEVERSA CONFUSE,E TALVOLTA ABBINATE:L'UCCISIONE DI VECCHI,PUR SANI E VIGOROSI, E L'ESTINZIONE DI MORIBONDI IN PREDA A RILEVANTI SOFFERENZE E PRIVI DI ALCUNA PROBABILITà DI SOPRAVVIVERE"
   C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
Autore Risposta: Nuragica
Inserita il: 09/11/2006 16:59:03
Messaggio: Anche nel romanzo "Edera" di Grazia Deledda, c'è il personaggio che funge da accabadora. Annesa, la serva che per amore di un uomo e della famiglia Cherchi(ormai indebitata) alla quale era molto legata Strangola il vecchio Ziu Zuà.. vi ricordate??
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... vegno del loco ove tornar disio
Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 09/11/2006 18:13:44
Messaggio: Citazione: Messaggio inserito da Ela
Anche sul mio libro si parla di questa mazzocca,però si dice anche che spesso non erano solo i moribondi ad usufruire di questo bel trattamento,ma spesso anche i vecchi(sic!) dai 60 anni in su (se lo sente mio marito che ha quasi 60 anni e si sente un ragazzino!!!)usufruivano dello stesso trattamento: INFATTI UN PASSO DEL LIBRO DICE"lA SOPPRESSIONE DI PERSONE,AD INIZIATIVA PER LO PIù DI PARENTI,SI SAREBBE MANIFESTATA IN SARDEGNA IN DUE DISTINTE UNITà CHE,CON QUALCHE FREQUENZA,VENGONO VICEVERSA CONFUSE,E TALVOLTA ABBINATE:L'UCCISIONE DI VECCHI,PUR SANI E VIGOROSI, E L'ESTINZIONE DI MORIBONDI IN PREDA A RILEVANTI SOFFERENZE E PRIVI DI ALCUNA PROBABILITà DI SOPRAVVIVERE"
   C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
     ripeto... è agghiacciante 
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Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 09/11/2006 18:23:01
Messaggio: Citazione: Messaggio inserito da Nuragica
Anche nel romanzo "Edera" di Grazia Deledda, c'è il personaggio che funge da accabadora. Annesa, la serva che per amore di un uomo e della famiglia Cherchi(ormai indebitata) alla quale era molto legata Strangola il vecchio Ziu Zuà.. vi ricordate??
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... vegno del loco ove tornar disio
se qualcuno volesse leggerlo (anche io tra l'altro )
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Autore Risposta: n/a
Inserita il: 10/11/2006 10:53:56
Messaggio: Ciao a tutti, nella tradizione Sarda, le Parche prendono le sembianze di un essere mitologico, che nn è s'Accabadora ma viene chiamata Sa Filonzana, una donna vestita di nero che tiene fra le mani un fuso e fila la lana: essa rappresenta il sottile filo della vita, che può essere spezzato in qualunque momento. Se ne trova una rappresentazione nel museo S'omo 'e sa Majarza a Bidonì, dedicato alla stregoneria. Per quanto riguarda S'accabadora, abbiamo pubblicato tre articoli che potete leggere ai seguenti indirizzi:
La terribile Accabadora http://www.contusu.it/index.php?opt...222&Itemid=2
Sa Accabadora, un altro spunto di rilfessione.. http://www.contusu.it/index.php?opt...223&Itemid=2
S'Accabbadora e Padre Vassallo http://www.contusu.it/index.php?opt...270&Itemid=2
Saludi e Trigu
Autore Risposta: Bakis
Inserita il: 10/11/2006 11:56:59
Messaggio: Complimenti per il sito,interessante e intrigante.
Autore Risposta: n/a
Inserita il: 10/11/2006 14:46:43
Messaggio: Grazie mille.. facciamo quel che si può 
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 10/11/2006 21:41:10
Messaggio: Citazione: Messaggio inserito da www.contusu.it
Ciao a tutti, nella tradizione Sarda, le Parche prendono le sembianze di un essere mitologico, che nn è s'Accabadora ma viene chiamata Sa Filonzana
Vero. Questa similitudine l'avevo riportata all'apertura del post ("Nell’antica Grecia si chiamavano Moire, erano figlie della notte e padrone del destino, e filavano... Per vie misteriose sono arrivate a Ottana, nel nuorese, con le vesti de “sas filonzanas”, ma di questo si parlerà un altro momento. Nell’antica Roma cambiarono il nome, si chiamavano Parche")
L'argomento è così intrigante che merita un post ad hoc.
Ottima l’informazione sul museo, anche se io suggerirei di andare a vedere sa filonzana proprio a Ottana dove alla vigilia di sant'Antonio abate, all'imbrunire, quando il falò in onore del santo illumina la piazza e il ritmo de "s'affuente" (strumento anch'esso misteriosissimo) decreta l'inizio del periodo carnevalesco, "sa filonzana" (che in realtà è un uomo) fa la sua prima comparsa annuale con i "boes" e i "merdules", secondo il mio modo di vedere le maschere più straordinarie e suggestive della Sardegna.
La nera figura, con il suo inseparabile fuso, inquieta anche perchè padrona della vita altrui, che può recidere alla stregua del filo che tesse.
Solo per questo l'ho accostata e l'accosto, in qualche modo, all'"accabadora": in senso letterario, per così dire, non scientifico.
Autore Risposta: Monteferru
Inserita il: 11/11/2006 10:02:30
Messaggio: somo curioso di chiedere informazioni alla mia nonna che 90 anni per le prossime vacanze Natalizie. Poi riferirò, sicuramente nè saprà qualcosa.
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 13/11/2006 21:18:17
Messaggio: Sarebbe davvero interessante acquisire informazioni inedite e dirette...
Intanto, per rimanere in esercizio, rivediamo quello che scrive il bittese Natalino Piras sulle nostre gentili e indaffarate gentildonne nel primo capitolo del libro "Brujas- Storie di streghe", testo che alcuni mesi fa Agresti segnalò nell'apposito forum (diamo a Cesare quello che è di Cesare ): <<..........Coga è “l’accabadora”, sempre dallo spagnolo “acabar”, mettere fine. L’accabadora non è bruja in quanto il suo ruolo è se non istituzionalizzato perlomeno accettato. Nella società antica dei sardi arrivata fin alle soglie dell’Ottocento, accabadora era colei che doveva finire un malato terminale, sofferente. Una delle ultime accabadoras “aveva grandi mani brune come di chi le usa per lavorare anche fuori casa”. Il suo strumento da lavoro consisteva in “un pesante martello di legno, lucido per l’uso. Non era altro che un ramo di olivastro secco, tagliato ai lati di un ramo più piccolo che fungeva da manico”. L’atto dell’accabadora che abbatterà il martello sulla testa di un vecchio è un atto da bruja, però necessario. L’accabadora ha come un ruolo sacerdotale, nell’utilizzo del suo strumento di morte che è il ribaltamento del malleus maleficarum, il martello delle streghe, il primo testo canonico usato dagli inquisitori, pubblicato nel 1486 e usato dai due domenicani tedeschi Heinrich Kramer e Jacob Sprenger. Il malleus funzionò anche in Sardegna. Ancora perdura nel lessico il “colpire a libro” degli esorcisti. Altre accabadoras non usavano il martello, ma un acuminato spillone. Questo della morte necessaria per togliere dal mondo i vecchi inutili è un elemento insito nella storia e nel mito dei sardi. In anticoriu, i vecchi che non servivano più venivano accompagnati dai figli sino a un baratro e qui precipitati. Oppure gli si faceva bere del veleno ottenuto pestando radici d’euforbia, lo stesso che serviva ai pescatori di frodo per avvelenare le acque. I vecchi bevevano il veleno e il loro volto si torceva in un ghigno, un sorriso tragico, da agnello scannato, il riso della melagrana aperta, il riso sardonico.>>
Della serie: da Timeo in poi.
Autore Risposta: n/a
Inserita il: 15/11/2006 15:15:20
Messaggio: Ci sono diverse leggende legate all'uccisione dei vecchi.. una di queste, presa da agugliastra.it dice che...
“Babbai” significa “babbo”, nonno, vecchio ed “Eca” significa "entrata" o "uscita" da o verso un sentiero campestre. Babbaieca significa quindi uscita del nonno, del vecchio. A Gairo è il toponimo di un sentiero che finisce in un precipizio nel quale in età preistorica venivano spinti i vecchi dai propri figli, perché erano reputati improduttivi, semplicemente ingombranti. Si trovava nei pressi del ponte sul rio Pardu, ad un migliaio di metri dall'abitato. La leggenda racconta la fine di quella usanza colma di ingratitudine barbara.Un vecchio chiese ai figli che lo spingevano verso quel baratro che gli permettessero di riposarsi alquanto perché era stanco. “Anch'io, disse, in questo sasso lasciai sedere mio padre, quando lo conducevamo a Sa Babbaieca”. I figli acconsentirono alla estrema richiesta e mentre guardavano il babbo seduto, accasciato, furono terrorizzati al pensiero che un giorno anch'essi sarebbero stati condotti, per quel sentiero al baratro tragico. Si guardarono negli occhi e ciascuno lesse nel volto degli altri il proprio terrore. Per scampare anch'essi a quella sorte inumana e crudele decisero di riportare a casa il vecchio padre e lo tennero nascosto agli occhi dei tutori di quel macabro rito. Da quel giorno il benessere riempì la loro dimora, suscitando la sorpresa di tutti i compaesani, curiosi di conoscerne le cause. Scoprirono poi che quel benessere era dovuto ai saggi consigli che il vecchio nascosto dava ai propri figli, che il vecchio quindi per la sua saggezza era utilissimo ai giovani e decisero di conservare poi vivi i genitori finché Dio non li chiamava a sé. Quell'uso crudele viene tuttora ricordato nelle imprecazioni che gli adirati lanciano contro chi dà loro fastidio: "Ancu ti 'nci ettinti in Sa Babbaieca" (Che possano gettarti nella Babbaìeca).
Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 15/11/2006 15:33:57
Messaggio: Gino... un nick meno link sarebbe stato più carino
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Autore Risposta: Ammutadori
Inserita il: 15/11/2006 16:06:08
Messaggio: Vero, fatto !!!!
Autore Risposta: Nuragica
Inserita il: 15/11/2006 17:11:40
Messaggio: Ciao Ammutadori ex Contusupuntoit?? Beni torrau!! S'ammutadori è il collega de s'accabadora??
Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 15/11/2006 17:22:56
Messaggio: Citazione: Messaggio inserito da Ammutadori
Vero, fatto !!!!
Perfetto curiosità: che cos'è s'Ammutadori??
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Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 17/11/2006 17:16:30
Messaggio: Ciao a tutti, sono venuta a conoscenza di questo bellissimo forum inserendo la parola accabadora nel motore di ricerca. Sto facendo la tesi di laurea su sa femina accabadora e ho bisogno di un pò di bibliografia che rigurda s'accabadora e l'etnografia sarda in generale. Qualcuno di voi è disposto ad aiutarmi? Grazie
Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 17/11/2006 17:34:04
Messaggio: Ciao Annixedda, hai già consultato il libro di Bucarelli e Lubrano??
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Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 17/11/2006 17:38:19
Messaggio: si, è stata la prima cosa che ho letto sull'argomento e che mi ha convinta a prendere sul serio l'idea di farci la tesi di laurea. purtroppo non riesco a trovare altro di recente sulla sardegna e sull'accabadora
Autore Risposta: Nuragica
Inserita il: 17/11/2006 17:45:06
Messaggio: Ciao Annixeddda benvenuta!! Ero convinta fossi una reduce della vecchia chat Talk talk.. invece leggendo i tuoi messaggi non puoi essere lei.. troppo giovane!! 
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... vegno del loco ove tornar disio
Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 17/11/2006 17:56:09
Messaggio: presumo che avrai già fatto un ricerca approfondita nelle varie biblioteche.... mmm ardua impresa
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Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 17/11/2006 18:00:19
Messaggio: purtroppo non sono in sardegna... e qui a bologna, libri non se ne trovano
Autore Risposta: Agresti
Inserita il: 17/11/2006 18:02:58
Messaggio: Curioso.... sei sarda comunque?!!
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Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 17/11/2006 18:07:21
Messaggio: mmmmmm no.... non sono sarda...
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 19/11/2006 11:08:34
Messaggio: | Annixedda ha scritto:
Ciao a tutti, sono venuta a conoscenza di questo bellissimo forum inserendo la parola accabadora nel motore di ricerca. Sto facendo la tesi di laurea su sa femina accabadora e ho bisogno di un pò di bibliografia che rigurda s'accabadora e l'etnografia sarda in generale. Qualcuno di voi è disposto ad aiutarmi? Grazie
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Ciao, benvenuta: tesi accattivante, complimenti, chi è il relatore? Oltre i testi già citati nel post, posso riepilogarne alcuni che trattano dell’accabadora: Angius -Casalis “Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati di SM. Il re di Sardegna” (nella parte relativa a Bosa) Della Marmora” Viaggio in Sardegna” del 1839 Smith W.”Relazione sull’isola di Sardegna” del 1828 (cap. dedicato agli abitanti della Sardegna, con particolare riferimento alle usanze della Barbagia) “Viaggiatori dell’800 in Sardegna” curato da A. Boscolo, che riporta estretti di Domenec, R. Tennant ecc… Bottiglioni G. “Leggende e tradizioni di Sardegna” del 1922 Alziator F.” Il folklore sardo” 1957 Liori Antonangelo “Demoni, miti e riti magici della Sardegna del 1992 “Le tradizioni popolari della Sardegna” Giampaolo Caredda del 1993 “Cara Barbagia sul filo della memoria” di Madrigalis M. del 2000
Sull’accabadora ha scritto tra gli altri Gianluca Nicoletti (l’ex straordinario e vulcanico conduttore di Golem, che Oristano ricorda per essere un fautore della “Zorrata” nonché membro della surreale “Accademia Perduta del Giudicato d’Arborea”), facilmente reperibile in internet nel sito appunto sul golem e pubblicato su “La stampa” del 1.5.2005, che cita tra l’altro la giornalista di Videolina Egidiangela Sechi, la quale risulta avere approfondito l’argomento, e un curioso fumetto edito da Bonelli. Dell’accabadora ne scrive anche “Il messaggero sardo” di gennaio 2004, riportando una testimonianza diretta in quel di Cuglieri. Uno sguardo potresti darlo ai testi di Dolores Turchi, studiosa delle tradizioni sarda, nella quale troverai comunque materiale interessante. Come ho già scritto nel post, consiglio la visita al museo di Luras, anche per gli agganci che potresti trovare: ti citano la figura dell’accabadora anche se vai a vedere gli olivastri millenari (guide competenti e disponibili). Se poi vuoi sbizzarrirti con intrecci originali, tra accabadora, coga, filonzana, attitadora (anche se un po’ arditi… e quindi senza troppi voli pindarici che rischierebbero di portarti fuori pista e con il beneplacito del relatore) non hai che da ….pescare! In bocca al lupo!
Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 19/11/2006 17:37:28
Messaggio: Grazie Adelasia, sei stata molto gentile! Il mio relatore è il prof. Ivo Quaranta dell'univeristà di Bologna (io studio a Bologna) e mi è sembrato molto interessato all'argomento , infatti sono contentissima! Mi possono tornare utili tutte le informazioni sulla morte e sul lutto vissuti in Sardegna e immagino che sui libri che mi hai indicati ci sarà qualcosa... Mi metto subito alla ricerca dei libri! Grazie ancora!
Autore Risposta: Monteferru
Inserita il: 10/01/2007 21:59:58
Messaggio: -------------------------------------------------------------------------------- Durante le vacanze Natalizie, ho chiesto ad un mio zio anziano e alla mia vecchia nonnina se sapessero qualcosa relativa a S'Accabadora. Entrambi, all'inizio non ricordavano niente e dopo qualche mio accenno sull'argomento hanno cominciato a ricordare qualcosa e di aver sentito parlare quando erano piccoli di questa pratica che diversamente a quello scritto negli altri post relativi ad altre zone della Sardegna, in Ogliastra (Ulassai e Tertenia), per accompagnare a miglior vita le persone molto sofferenti e quindi in fase terminale, veniva posto dietro il loro capo e quindi al posto del cuscino, unu Juali (trave di legno sagomata utilizzata per giungere i buoi al carro o altro attrezzo agricolo a traino).
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 10/01/2007 23:11:07
Messaggio: Davvero grazie, Monteferru! Avevi scritto :
<<sono curioso di chiedere informazioni alla mia nonna che 90 anni per le prossime vacanze Natalizie. Poi riferirò, sicuramente ne saprà qualcosa>> e sei stato di parola. Il contributo ci illustra una ....tecnica del settore a me sconosciuta.
Più che all' accabadora mi fa pensare a terminator... Come sarebbe la storia de "su juali???!??
Autore Risposta: Ammutadori
Inserita il: 11/01/2007 09:41:47
Messaggio: Per quanto riguarda il giogo di buoi riporto un pezzo di articolo molto interessante.....
"Il sacrestano la prende alla larga, poi finalmente dopo un lungo giro tra magia e folklore, ci arriva. Si va in cantina e finalmente saltano fuori due esemplari di “giuale”. Il giogo che Egidiangela mi aveva descritto come elemento clou dei suoi studi. Era considerato un oggetto quasi sacro, chi lo rubava veniva giudicato peggio che un omicida, aveva tolto a una famiglia il più importante strumento di lavoro. Chi aveva una lunga agonia si pensava in crisi di coscienza per quel tipo di delitto e quindi per farlo finalmente morire in pace occorreva passare un giogo sul suo corpo. Poco dopo il rito pare che se ne andasse sereno. Michelangelo non si fa più pregare: “L’ ultimo su giuale è stato fatto a un uomo che conoscevo bene negli anni 80, lo avevano trovato ferito in campagna l’avevano vegliato per otto notti in agonia, fino a che qualcuno disse che se non moriva forse aveva rubato un giogo…” Il rituale chi lo sa non lo dice, poi non ne parlano volentieri, hanno paura, ma il giogo sterminatore incombe nelle dicerie del paese: “Noi si sa che il giogo che sta in tale casa è stato messo a quella tal persona. Porta il nome di chi ha accompagnato alla morte.” La malizia dell’interesse per un’eredità ha il sopravvento sulla sacralità di questa tradizione, ammessa e rinnegata allo stesso tempo, in un episodio di eutanasia interessata che qui tutti conoscono: “Una quarantina d’ anni fa in una casa non lontana da qui era arrivato un ospite - racconta ancora Michelangelo sotto il ritratto di un abate servo di Dio al centro del suo salottino mistico - era un signore della provincia di Sassari, compare d’olio santo di un nostro paesano. Aveva un carro, una casetta, stava bene, non era nemmeno vecchio, ho trovato il suo atto di morte nell’ archivio parrocchiale. Non era loro parente, ma aveva tenuto un figlio a cresima. Arriva qui che era già moribondo. Poco dopo in tutto il paese sa che è morto, si chiamava Ziu Flore. Suonarono le campane a morto e l’avevano composto sul tavolo all’ingresso di casa, ma i bambini si accorgono che respirava ancora. Viene il medico condotto accende un fiammifero sotto le narici, respirava davvero! Il dottore lo fa riportare a letto e sgrida la famiglia, chiede se sono impazziti quello è ancora vivo. La padrona di casa però aveva una sorella che cacciava i denti, faceva la levatrice e …le altre cose. Dopo una mezz’ora le campane suonarono nuovamente a morto. Questa volta, dopo il passaggio dell’accabadora si era sicuri che non avrebbe più respirato.” Michelagelo muove i due gioghi di famiglia, mi spiega il rituale; al malato veniva passato il giogo lentamente sulle gambe, sul petto, si recitavano le formule che dovevano alleviare la sua coscienza dal fardello pesante del giogo rubato che gli impediva di morire in pace. Alla fine gli veniva sollevato il capo e il giogo gli veniva passato dietro alla nuca da due assistenti che lo reggevano agli estremi. Pare che, finalmente rappacificato con gli antichi codici, la vittima morisse di li a poco. Certo che nella simulazione è sin troppo chiaro che, in quella circostanza e su una persona già soffrente e debole, un colpo ben assestato di quella trave sagomata, di legno massiccio e ben pesante, su una vertebra del collo sarebbe scuramente da considerarsi fatale. "
Saludi e Trigu http://www.contusu.it
Autore Risposta: Monteferru
Inserita il: 12/01/2007 19:23:35
Messaggio: Ottimo articolo Ammuttadori, ieri ho letto alcuni articoli del tuo sito alcuni un pò forti da leggere ma purtroppo furono realtà.
Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 12/01/2007 19:35:44
Messaggio: E' bellissimo e interessantissimo questo articolo Ammutadori! Da dove proviene? se posso chiederlo ovviamente!
Autore Risposta: Monteferru
Inserita il: 12/01/2007 19:45:06
Messaggio: Annixedda, dopo la tua tesi provvederai a farcela conoscere vero????? sono sicuro che più di un partecipante sarebbe contento di leggerla.
Maurizio
Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 12/01/2007 19:47:36
Messaggio: ovvio che ve la farò avere!!! anzi: mi dovrete anche aiutare durante la stesura! saprete ogni passo che farò!
Autore Risposta: Petru2007
Inserita il: 14/01/2007 22:17:03
Messaggio: A proposito di giogo di buoi (juali) espongo brevemente un mia esperienza personale, premettendo che dalle mie parti, così come credo in tutta la Sardegna, gli attrezzi usati per il lavoro di tutti i giorni erano considerati sacri: si pensi alle numerose manifestazioni in occasione della festa di sant'Isidoro, quando i contadini portavano a far benedire gli animali e gli attrezzi di uso comune. Il solo mancare di rispetto verso questi oggetti avrebbe causato una brutta morte. Quando l'agonia del moribondo si prolungava in maniera abnorme si diceva che tale individuo nella sua vita, aveva danneggiato, o peggio ancora, distrutto un giogo o qualcosa di simile. Il rituale per alleviarne le sofferenze consisteva nel preparare un modellino dell'oggetto e collocarlo nel letto di morte, ovviamente ad insaputa del destinatario del sortilegio. Ed ora il fatto: una decina d'anni fa mi ritrovai ad assistere un parente che stava per esalare l'ultimo respiro. L'agonia si prolungava ed il pover'uomo ormai in coma da diverse ore soffriva in maniera incredibile. Ad un certo punto alcune persone anziane si guardarono in faccia e decisero che si doveva fare qualcosa per alleviare il morituro. Senza perdere tempo in lunghi discorsi a qualcuno venne l'idea di provare il vecchio sistema. Uno di loro uscì fuori dell'abitazione, ne rientrò tenendo in mano un pezzetto di legno che, con un coltello, intagliò velocemente dandogli la forma di un juali, che fu collocato sotto la federa del letto dove giaceva il moribondo. Passarono pochissimi secondi, ed il vecchio rese l'anima a Dio. Con alcuni dei presenti ci guardammo in faccia, senza parlare, sorpresi per l'epilogo della vicenda. Premesso che io non credo al soprannaturale o qualsiasi tipo di fenomeno metafisico, però quello volta rimasi perplesso; ancora oggi a distanza di diversi anni, quando incontro qualcuno dei presenti all'avvenimento non si può fare a meno di ricordare ciò.
Autore Risposta: Ammutadori
Inserita il: 15/01/2007 15:24:47
Messaggio: Bel racconto Petru  vi posto tutto l'articolo..... Egidiangela Secchi, la giornalista di Videolina, ha fatto una tesi sulle pratiche tradizionali sarde.. magari Annixedda può contattarla...
La terribile Accabadora
L'Accabadora (ucciditrice) non era un'assassina, perchè uccideva solo per scopi umanitari. Il termine indicava la persona addetta a facilitare il trapasso ai moribondi. In Barbagia questo compito era affidato alle donne, in Campidano agli uomini, i quali venivano quindi chiamati Accabadoris.
In rete è difficilissimo trovare informazioni riguardanti questa figura leggendaria relativa alla tradizione sarda. L'unico documento che ho trovato è tratto da un articolo apparso sulla stampa.
"La porta si apre e il moribondo dal suo letto d’agonia vede entrare la femmina accabadora. Lei è “l’accoppatrice”, tanto per rendere comprensibile il termine. È vestita di nero e una delle sue gonne è sollevata a coprirle il viso. E’ arrivata l’ ora. Lui da quel momento sa che l’abbraccio che avrà da quella donna sarà l’ ultimo della sua vita. C’ è un tempo remoto, che sopravvive nelle memorie anche recenti degli abitanti della Sardegna, in cui tutto questo è assolutamente plausibile.
Ad inseguire il filo delle prove documentali o a sviscerare le etimologie c’è da diventar matti. Accabadora dallo spagnolo acabar, terminare o ancor più dal sardo accabaddare può significare incrociare le mani al morto, o ancora mettere a cavallo e quindi far partire. Guai a chi, con esili competenze di antropologia imparaticcia, si avventura, come me, nei misteri millenari della Sardegna. Qui ogni storia, diceria, formula magica, canzone o parola, si muta e viene interpretata diversamente spostandosi anche solo di cento metri. Dirò solamente che nessuno mi ha negato di aver sentito parlare di una professionista della morte. Una donna capace di risolvere i casi disperati, soffocando, strangolando, spaccando il cranio o l’ osso del collo, a seconda delle latitudini ove operasse.
Alessandro Bucarelli, Medico Legale e antropologo criminale dell’ Università di Sassari ha studiato molto e scritto altrettanto sulle accabadoras. A modo loro queste donne conoscevano perfettamente l’ anatomia umana, erano “praticas”, levatrici curatrici e anche capaci di uccidere con metodo e precisione: “Ne parlano ovunque, non può essere un mito, una fantasia dovuta all’ isolamento. Gli ultimi episodi certificati che si conoscono sono due. Uno a Luras nel 1929 e uno Orgosolo nel 1952. A Luras, in Gallura, l’ ostetrica del paese accabbò un uomo di 70anni. La donna però non fu condannata, il caso fu archiviato. I carabinieri, il Procuratore del Regno di Tempio Pausania e la Chiesa furono concordi che si trattò di un gesto umanitario.”
Oltre i casi documentati, moltissimi sono quelli affidati alla trasmissione orale e alle memorie di famiglia. Molti ricordano un nonno o bisnonno che comunque ha avuto a che fare con la vecchia nerovestita, tra i meno vecchi c’ è chi come Egidiangela Sechi ha voluto approfondire sul campo. Ha dedicato una parte della propria tesi di laurea sull’ eutanasia a mezzo di un giogo da buoi, questa pare fosse pratica usuale a Sindia, suo paese natale nel Nuorese: “avevo preparato un questionario sui rituali legati alla morte e l’avevo sottoposto a decine di donne anziane del posto, poi è saltata fuori a storia del giogo e ho dovuto ricominciare da capo inserendo una nuova domanda sulle accabadoras, tutte sapevano, ma non me ne avevano parlato semplicemente perché non glielo avevo chiesto”.
Con grazia e levità Egidiangela mi istilla il dubbio che al suo paese, attraverso il giustificativo di un rito purificatore, in passato fosse facile che al moribondo si desse anche un aiutino più concreto per passar a miglior vita. L’appuntamento con l’esperto di queste cose è davanti alla chiesa. Mi basta scambiare le prime parole con Michelangelo del Rio, il sacrestano del defunto parroco di Sindia, per capire che da quelle parti la morte è ancora profondamente intrisa con il quotidiano. Noi metropolitani, rifletto, ci liberiamo di ogni pensiero oltre la vita in quelle discariche di rifiuti umani a perdere che sono le moderne periferie-cimitero. Indifferenti agglomerati che sono identici alle periferie di ancora viventi. A Sindia, al contrario, fino agli anni 80 era possibile affittare prefiche professioniste specializzate in lamentazioni funebri a soggetto. Le “attittadoras” nutrivano il morto in partenza con le loro lacrime. Erano “allattatrici” perché solo chi sa dare la tetta a un bimbo per nutrirlo, è capace della dolcezza estrema di un trapasso assistito. Ancora mi si racconta di teschi sottratti al vecchio cimitero per seppellirli all’ entrata dell’ ovile, maniera efficace per fermare la moria del bestiame: “poi comunque lo rimettevano al posto suo”. Mi si spiega come si apparecchia la tavola per la cena ai propri defunti tra il primo e il due novembre, quando le campane suonano a morto per tutta la notte senza fermarsi mai.
Io voglio saper delle accabadoras. Il sacrestano la prende alla larga, poi finalmente dopo un lungo giro tra magia e folklore, ci arriva. Si va in cantina e finalmente saltano fuori due esemplari di “giuale”. Il giogo che Egidiangela mi aveva descritto come elemento clou dei suoi studi. Era considerato un oggetto quasi sacro, chi lo rubava veniva giudicato peggio che un omicida, aveva tolto a una famiglia il più importante strumento di lavoro. Chi aveva una lunga agonia si pensava in crisi di coscienza per quel tipo di delitto e quindi per farlo finalmente morire in pace occorreva passare un giogo sul suo corpo. Poco dopo il rito pare che se ne andasse sereno. Michelangelo non si fa più pregare: “L’ ultimo su giuale è stato fatto a un uomo che conoscevo bene negli anni 80, lo avevano trovato ferito in campagna l’avevano vegliato per otto notti in agonia, fino a che qualcuno disse che se non moriva forse aveva rubato un giogo…” Il rituale chi lo sa non lo dice, poi non ne parlano volentieri, hanno paura, ma il giogo sterminatore incombe nelle dicerie del paese: “Noi si sa che il giogo che sta in tale casa è stato messo a quella tal persona. Porta il nome di chi ha accompagnato alla morte.” La malizia dell’interesse per un’eredità ha il sopravvento sulla sacralità di questa tradizione, ammessa e rinnegata allo stesso tempo, in un episodio di eutanasia interessata che qui tutti conoscono: “Una quarantina d’ anni fa in una casa non lontana da qui era arrivato un ospite - racconta ancora Michelangelo sotto il ritratto di un abate servo di Dio al centro del suo salottino mistico - era un signore della provincia di Sassari, compare d’olio santo di un nostro paesano. Aveva un carro, una casetta, stava bene, non era nemmeno vecchio, ho trovato il suo atto di morte nell’ archivio parrocchiale. Non era loro parente, ma aveva tenuto un figlio a cresima. Arriva qui che era già moribondo. Poco dopo in tutto il paese sa che è morto, si chiamava Ziu Flore. Suonarono le campane a morto e l’avevano composto sul tavolo all’ingresso di casa, ma i bambini si accorgono che respirava ancora. Viene il medico condotto accende un fiammifero sotto le narici, respirava davvero! Il dottore lo fa riportare a letto e sgrida la famiglia, chiede se sono impazziti quello è ancora vivo. La padrona di casa però aveva una sorella che cacciava i denti, faceva la levatrice e …le altre cose. Dopo una mezz’ora le campane suonarono nuovamente a morto. Questa volta, dopo il passaggio dell’accabadora si era sicuri che non avrebbe più respirato.”
Michelagelo muove i due gioghi di famiglia, mi spiega il rituale; al malato veniva passato il giogo lentamente sulle gambe, sul petto, si recitavano le formule che dovevano alleviare la sua coscienza dal fardello pesante del giogo rubato che gli impediva di morire in pace. Alla fine gli veniva sollevato il capo e il giogo gli veniva passato dietro alla nuca da due assistenti che lo reggevano agli estremi. Pare che, finalmente rappacificato con gli antichi codici, la vittima morisse di li a poco. Certo che nella simulazione è sin troppo chiaro che, in quella circostanza e su una persona già soffrente e debole, un colpo ben assestato di quella trave sagomata, di legno massiccio e ben pesante, su una vertebra del collo sarebbe scuramente da considerarsi fatale.
Ora siamo in Gallura, Pier Giacomo Pala direttore del museo etnografico di Luras ha impiegato 12 anni per ritrovare l’ unico esemplare di “su mazzolu”, l’ attrezzo in legno nodoso e selvatico di olivastro che da quelle parti la femmina accabadora usava per sfondare il cranio ai suoi pazienti: “Era il 1981, l’accabadora lo aveva nascosto in un muretto a secco vicino a un vecchio stazzo che una volta era stato la casa sua. Un vecchio mi aveva parlato di quella donna, ma non si ricordava il nome, ho fatto tutte le ricerche possibili sulle levatrici che operavano a Luras fino a prima dell’ultima guerra e alla fine ho capito di chi si trattasse.” Il dottor Pala sostiene che il suo mazzolo sterminatore, di cui va molto fiero, sia senz’altro l’ultimo ancora in giro. E’ immortalato in tutte le foto del museo. Bello, anche lui pesante, di legno lucido che sembra ferro. Lo espongono in un simpatico diorama, è appoggiato sul cuscino del lettone di una tipica camera gallurese. Il letto, il cuscino, su mazzolu… e l’ accabadora aveva tutto quello che le serviva per la sua utile bisogna.
E’ in Barbagia, nella Sardegna più restia all’ onta della civilizzazione, che l’accabadora ha un modo di operare che la rende ancora più vicina a una madre. E’ a Orgosolo, che il professor Bucarelli ci aveva detto, negli anni 50 ancora qualcuno apriva le porte di casa all’accabadora, qui è figura di mitologie dimenticate, quando operava era come se volesse risucchiare la vittima attraverso la matrice che l’ha generata. A Desulo c’ è un proverbio: “Canno lompia est s’ ora, benit s’accabadora” Quando è il momento lei arriva: “Se qualcuno era malato e soffriva molto la famiglia chiamava questa donna che andava e lo strangolava, la pagavano cinque litri di grano o come potevano- è la trascrizione del racconto di Maria Fiori classe 1902. E’ morta nel 96, ma è stata una delle poche testimoni dirette del rito. L’ accabadora non era benvoluta, ma neppure odiata, nessuno comunque la frequentava perché ammazzava la gente. Era indispensabile perché non c’ erano le medicine per non far soffrire.” E dai ricordi di chi vive da quelle parti sembra che la sterminatrice di moribondi abbia lasciato quasi un fondo di nostalgia per come compiva quell’atto estremo suscitando terrore ed erotismo incollati assieme. La donna si accovacciava dietro al capezzale e stringeva la testa del morente tra le sue gambe. Lo accarezzava e cominciava a cullarlo come fosse un bambino. Gli cantava la stessa ninna nanna che lui si sarà sentito cantare dalla propria madre, quando finalmente l’agonizzante torna infante lei lo uccide con la forma più sensuale di strangolamento. Se non basta lo soffoca con un cuscino.
Antonangelo Liori, nativo di Desulo, ha ricostruito storie di simili abbracci letali in anni di ricerca in Barbagia e più in generale nell’area del Nuorese. Ha variamente scritto su demoni, miti e riti della Sardegna: “Ho interrogato una signora di Belvì, molto anziana morta un paio di anni fa, mi ha raccontato di queste donne che uccidevano per mestiere. In particolare mi ha parlato di un’ accabadora nota a tutti come il corvo, perché vedova. Quando questa nel 1922 si prese tra le gambe il figlio di un certo Antioco, con cui la sua famiglia era in lotta per una vecchia faida, la signora compose una canzoncina per ricordare l’evento. ”I versi sono crudi e intrisi di sete di vendetta: “su figiu 'e antiogu mortu in coa 'e crobu tinni etto 'e fogu de fogu tinne etto e a s'Iferru t'imbetto”. "il figlio di Antioco è morto nel grembo del corvo, ti ricoprirò di fuoco, di fuoco di ricopro, e ti aspetto all'inferno”. Catena di sangue eterna e spietata che nemmeno la sterminatrice riesce a spezzare. L’ odio non ammette attenuanti, alla donna sarà sembrata una morte troppo invidiabile, quando ha visto l’accabadora che strozzava quel nemico di famiglia stringendolo tra le cosce."
Gianluca Nicoletti (La Stampa 1/maggio/2005)
Saludi e Trigu http://www.contusu.it
Autore Risposta: Monteferru
Inserita il: 15/01/2007 16:04:52
Messaggio: Ammuttadori, hai steso buona parte della tesi di annixedda.
saluti Maurizio
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 15/01/2007 16:35:29
Messaggio: | adelasia ha scritto:
Sull’accabadora ha scritto tra gli altri Gianluca Nicoletti, l’ex straordinario e vulcanico conduttore di Golem, facilmente reperibile in internet nel sito appunto sul golem e pubblicato su “La stampa” del 1.5.2005, che cita tra l’altro la giornalista di Videolina Egidiangela Sechi, la quale risulta avere approfondito l’argomento...
Come ho già scritto nel post, consiglio la visita al museo di Luras, anche per gli agganci che potresti trovare...
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Eh, Annixedda Annixedda, se tu fossi stata un po' più attenta a quanto ti segnaliamo non avresti neanche fatto quelle domanda ad Ammutadori... Quello che ti riporto è infatti una parte di quanto ti avevo suggerito in questo post nel lontano novembre...
Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 15/01/2007 20:05:17
Messaggio: Sì adelasia, hai ragione.. però io purtroppo non riesco a dedicare ancora moltissimo tempo alla tesi, anzi adesso quasi nulla: sto ancora facendo esami e sono solo stressata... Appena avrò veramente del tempo libero leggerò con molta più attenzione questo post e anche quello creato qualche tempo fa da me.. Per adesso riesco a farlo solo saltuariamente.. Però devo dire che mi siete davvero di grande aiuto! Grazie di tutto cuore!!
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 03/10/2007 20:55:14
Messaggio: Niente di nuovo su s’accabadora, solo una divertente curiosità delle serie: come unire felicemente tradizioni popolari, archeologia e…. architettura. 
Evidentemente confidando nella fortuna (o sfidandola, dipende dai punti di vista ) che, a dispetto della nomea, pare abbia portato nel caso specifico questa figura, qualche anno fa è stato pubblicato un testo che credo abbia riscosso un apprezzabile successo nel suo settore.
Si tratta di “Accabadora. Tecnologia delle costruzioni nuragiche”, di Franco Laner (docente di Tecnologia dell'architettura presso l'Istituto universitario di architettura di Venezia) edito dalla prestigiosa casa editrice “Franco Angeli”.
Sentite come ci si arrampica sugli specchi, a dire il vero molto abilmente, nella scheda del volume che si può leggere proprio nel sito della Franco Angeli:
<< Accabadora è parola attualmente quasi sconosciuta in Sardegna, significa accoppatrice, finitrice. Compito delle accabadoras era dunque di donare la buona morte agli individui soggetti a lunga e dolorosa agonia. Eutanasia dunque. Eutanasia, in questo caso di molte, troppe, teorie sulle costruzioni nuragiche che nonostante la loro inconsistenza logica, storica e soprattutto costruttiva, non muoiono.
Il libro si occupa essenzialmente della costruzione dei nuraghi, pozzi e fonti, tombe di giganti... Ma è possibile occuparsi di atti tecnici senza conoscere gli atti mentali che li hanno provocati? È possibile distinguere il risultato di una pietra sopra un'altra pietra dal pensiero che le ha poste in opera?
Una cultura si esprime anche attraverso il suo ambiente costruito, così come dall'ambiente costruito si può risalire alla cultura che lo ha espresso anche se non è ora facile far parlare le pietre. Le varie interpretazioni che le pietre dei monumenti nuragici hanno finora suggerito sono assai modeste, a cominciare dalle teorie che assegnano ai nuraghi - nonostante la risibilità degli assunti - funzione militare, provocando a catena distorsioni e fuorvianze, mortificando non solo nuovi studi e acquisizioni, ma soprattutto la stessa cultura storica sarda.
Accabadora soprattutto di ciò che non è sostenibile sul piano costruttivo, sulle tecniche e concezioni delle strutture, dove si perpetuano luoghi comuni e affermazioni acritiche, proprie di chi non ha il senso del grave e non percepisce l'incessante lotta e i contrasti artificialmente apposti affinché le pietre non tornino a terra. Nelle costruzioni nuragiche sono congelate tecnologie costruttive assai raffinate, nonostante la rozzezza del materiale, che, disvelate, ci fanno apparire il Nuragico come un gigante.
Insomma troppe cose non convincono. È necessario ricominciare su altre basi. La prima è sicuramente quella di allargare il recinto degli scavi agli studiosi di altre discipline, non solo a parole o per atteggiamento. Il recinto degli scavi dovrebbe diventare il crocevia delle discipline della natura e dello spirito. Dovrebbero, in esso, trovar sintesi il pensiero e la materia. Solo così il mondo nuragico ci potrà, verosimilmente, appartenere.>>
Autore Risposta: Nuragica
Inserita il: 03/10/2007 21:05:56
Messaggio: Simpatico abbinamento, peccato che s'accabadora non possa intervenire cun su mazzuccu per porre fine alle tante teorie sulle costruzioni nuragiche. 
_________________________________________________
... vegno del loco ove tornar disio
Autore Risposta: shadow
Inserita il: 20/10/2007 13:09:37
Messaggio: | Nuragica ha scritto:
Simpatico abbinamento, peccato che s'accabadora non possa intervenire cun su mazzuccu per porre fine alle tante teorie sulle costruzioni nuragiche. 
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concordo!!
"..bisognerebbe fare sempre sogni grandiosi...e con la faccia verso il cielo..viaggi avventurosi.."
Autore Risposta: Mansardo
Inserita il: 03/12/2008 10:12:00
Messaggio: Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte.
Ho lasciato il vecchio mulino per la tua estrema ninna nanna, per il tuo posto vuoto a tavola, passando attraverso tagli di occhi girati dall’altra parte, saluti negati da imposte socchiuse, rosari mormorati dietro le finestre.
L’olio è versato, il vento freddo fa oscillare le corde delle campane impazienti. Eccomi, sono il fiore che hai sognato. Chiudete le tende, smorzate il lume.
Andiamo, le nebbie ci aspettano.
Autore Risposta: Mansardo
Inserita il: 14/12/2008 10:21:20
Messaggio: | Ammutadori ha scritto:
Bel racconto Petru  vi posto tutto l'articolo..... Egidiangela Secchi, la giornalista di Videolina, ha fatto una tesi sulle pratiche tradizionali sarde.. magari Annixedda può contattarla...
La terribile Accabadora
L'Accabadora (ucciditrice) non era un'assassina, perchè uccideva solo per scopi umanitari. Il termine indicava la persona addetta a facilitare il trapasso ai moribondi.... ... Gianluca Nicoletti (La Stampa 1/maggio/2005) |
Trovato l'articolo! Però continua e parla anche di un fumetto sull'argomento. Riporto: "Damphir e la vecchia accabadora. La femmina accabadora è protagonista di uno dei fumetti più trendy del momento. Smazzola a volontà nell’ avventura del numero 59 di Dampyr uscita a febbraio e intitolata appunto “Le Terminatrici”. L’ album del mitico editore Sergio Bonelli è illustrato da Majo, il soggetto e la sceneggiatura sono di Mauro Boselli, che da quanto scrive in una prefazione, è stato ispirato a raccontare della nera terminatrice dopo una conversazione, avuta a Capoterra un paio di anni fa, con un conoscitore di tradizioni sarde, il professor Gavino Maieli."
Per chi volesse leggere tutto l'articolo il link è: http://golem.ilcannocchiale.it/2005...natrice.html
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 07/02/2009 18:01:34
Messaggio: | Mansardo ha scritto:
Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte. .......................................................... ........................................................... Andiamo, le nebbie ci aspettano. [ |
Mi erano sfuggite queste intense e struggenti righe, intrise di malinconia e di pietà.
Autore Risposta: Mansardo
Inserita il: 25/02/2009 15:25:24
Messaggio: | Adelasia ha scritto:
| Mansardo ha scritto:
Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte. .......................................................... ........................................................... Andiamo, le nebbie ci aspettano. [ |
Mi erano sfuggite queste intense e struggenti righe, intrise di malinconia e di pietà.
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Grazie Adelasia. Dopo aver letto (qui e altrove) diversi contributi sull'accabadora, ho provato a immaginare il lato umano di una persona chiamata a compiere un atto così estremo e terribile.
Autore Risposta: Mansardo
Inserita il: 27/05/2009 15:27:32
Messaggio: Dall'Unione Sarda di oggi.
Esce il nuovo romanzo della scrittrice di Cabras edito da Einaudi «L'eutanasia non c'entra, soprattutto non c'entra la solitudine» Michela Murgia, la mia accabadora
Figura chiave di un codice accettato e rispettato nella Sardegna arcaica, sa femmina accabadora è ora la protagonista di un romanzo intenso e inquietante scritto da una giovane scrittrice sarda, Michela Murgia. Edito da Einaudi (164 pagine, 18 euro) S'Accabadora, da oggi in libreria, racconta la storia di una vecchia signora senza figli, tzia Bonaria, che ospita in casa una bambina. Maria è una figlia d'anima, accolta nella casa col consenso dei genitori naturali, e fuori dalle maglie della burocrazia. La bimba crescendo nota strane assenze notturne della donna finché non scopre che la madre adottiva è una accabadora. Questa consapevolezza creerà una frattura che si comporrà solo al momento della morte della madre. E qui Maria, di fronte alle sofferenze della donna sperimenterà sulla propria pelle il dramma dell'agonia, della fine lungamente attesa e sempre invocata come una liberazione. E si troverà di fronte a un inquietante dilemma.
«Il finale è volutamente double face», spiega la scrittrice di Cabras, autrice di altri due libri, uno dei quali è diventato il film di Virzì Tutta la vita davanti . Maria esprime la volontà di compiere un certo rito, ma quando si avvicina al letto per mettere in atto i suoi propositi è già avvenuto qualcosa....
Lei ha pensato di fare di Maria la continuatrice di una tradizione, ma poi ha pensato che era meglio presentare una Sardegna avviata del tutto verso la modernità. «È vero, anche perché mentre scrivevo il finale si compiva la vicenda Englaro. Non volevo prendere una posizione precisa. Inizialmente avevo pensato al passaggio del testimone, ma ripensandoci m'è sembrato troppo facile. Sembrava una soluzione del problema rimanere a su cunnottu, perché la tradizione giustifica tutto. Non è così. Problemi nuovi impongono soluzioni nuove. E un romanzo non è una sentenza, non è un trattato, non è un libro sull'eutanasia».
Perché questo argomento? «In realtà per me la scelta centrale era la maternità, non l'eutanasia. Anche perché non credo che l'eutanasia e l'accabadora abbiano qualcosa in comune. Intanto per una differenza enorme di contesto. L'accabadura, se si sviluppa (ma molti antropologi non sono d'accordo sulla sua esistenza) sorge in un contesto di fortissimi legami comunitari. L'eutanasia è esattamente il contrario: è una espressione della nostra personale solitudine, del nostro essere abbandonati a noi stessi o alle nostre famiglie. Il paragone non regge».
Ma il lettore lo farà. «Lo farà, anche per una certa propensione alla semplificazione. Leggiamo per analogia anche le cose che analoghe non sarebbero. Io volevo parlare della maternità in tutte le sue facce, anche quella più oscura, perché l'accabadora nella tradizione era anche sollevadora: levatrice. Aiutava a nascere e a morire. Il titolo iniziale del libro era “L'ultima madre”: leggere quell'atto estremo di pietà come una delle sfumature possibili della maternità».
La pratica dell'accabadora era diffusa in tutta la Sardegna? «Dolores Turchi ha localizzato il fenomeno della accabadura in posti circoscritti e l'ultimo caso dimostrabile risale almeno a 200 anni fa. Già nell'Ottocento i viaggiatori la raccontavano come una leggenda. Il fenomeno non era così diffuso, tant'è che in Campidano non esiste nemmeno la parola».
E lei oggi come valuta questa pratica? «Credo che fosse una risposta a un problema contingente. In una società contadina avere in casa una persona bisognosa di assistenza continua voleva dire braccia sottratte a una economia di sussistenza. Era una delle soluzioni possibili. Non mi sento di dare giudizi morali».
Esiste ancora in Sardegna la moda dei “fillus de anima”? «Io sono una figlia dell'anima. Ho dedicato il libro alle mie due madri».
Autore Risposta: Nevathrad
Inserita il: 02/06/2009 19:29:31
Messaggio: | Mansardo ha scritto:
Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte.
Ho lasciato il vecchio mulino per la tua estrema ninna nanna, per il tuo posto vuoto a tavola, passando attraverso tagli di occhi girati dall’altra parte, saluti negati da imposte socchiuse, rosari mormorati dietro le finestre.
L’olio è versato, il vento freddo fa oscillare le corde delle campane impazienti. Eccomi, sono il fiore che hai sognato. Chiudete le tende, smorzate il lume.
Andiamo, le nebbie ci aspettano.
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Ma che bella Mansardo! Una dolenzia che prende allo stomaco, parole discrete e proprio per questo potenti, struggenti, evocative!
Autore Risposta: 204costiera
Inserita il: 02/06/2009 20:10:36
Messaggio: salve a tutti..mio padre cultore di storia e tradizioni sassaresi, tra le sue commedie ha pubblicato proprio una intitolata L'ACCABADORA...appena riesco posterò il dipinto dell'artista luca noce di Sassari che raffigura una accabbadora...
Autore Risposta: Mansardo
Inserita il: 04/06/2009 07:20:44
Messaggio: | Nevathrad ha scritto:
| Mansardo ha scritto:
Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte.
Ho lasciato il vecchio mulino per la tua estrema ninna nanna, per il tuo posto vuoto a tavola, passando attraverso tagli di occhi girati dall’altra parte, saluti negati da imposte socchiuse, rosari mormorati dietro le finestre.
L’olio è versato, il vento freddo fa oscillare le corde delle campane impazienti. Eccomi, sono il fiore che hai sognato. Chiudete le tende, smorzate il lume.
Andiamo, le nebbie ci aspettano.
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Ma che bella Mansardo! Una dolenzia che prende allo stomaco, parole discrete e proprio per questo potenti, struggenti, evocative!
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Grazie Nevathrad. Sei sempre molto gentile.
@ 204costiera Aspetto con molta curiosità il dipinto.
Autore Risposta: Flore
Inserita il: 04/06/2009 13:06:11
Messaggio: Ho trovato anche questo :-) http://www.accabadora.net/
Autore Risposta: Flore
Inserita il: 09/06/2009 08:44:50
Messaggio: Volevo segnalarvi che il libro di Michela Murgia è stato segnalato come 'talento del mese' nei negozi Fnac di tutta Italia.
Autore Risposta: Flore
Inserita il: 11/11/2009 10:51:54
Messaggio: Vista l'attinenza, lo segnalo qua, eventualemnte i moderatori provvederanno allo spostamento anzi, chiedo se possibile, di lasciarlo in evidenza per qualche giorno. Grazie e .... aspettiamo con piacere chi vorrà intervenire Grazie
Sabato 21 novembre 2009 alle ore 21.00 presso l'Auditorium Mussini Viale Libertà - Vigevano Il Circolo Culturale Sardo "S'emigradu" organizza
Spettacolo finalista al Teatro Festival Italia - Nuove Sensibilità- 2007 di Napoli
atto unico di Susanna Mameli
liberamente ispirato a "Les Bonnes" di J. Genet
con Rita Atzeri e Carla Orrù scene e costumi Marco Nateri contributo video Emanuela Cau regia Susanna Mameli produzione AnfiTeatroSud
Note di regia
Siamo nella tana de s'accabbadora, una serva, la sua serva che, mentre sistema e rassetta la stanza raccontai fatti della padrona. Attraverso il filtro dei pettegolezzi e dell'amore-odio della serva verso la sua padrona, ecco levarsi l'immagine castigata di Antonia, ora come levadora, ora come incantadora, e infine accabbadora. Levatrice, donna delle medicine, donna che pone fine alle sofferenze dei moribondi, ma anche figura crepuscolare solitaria, sfuggente e schiva. Si sa che da fanciulla fu abbandonata sull'altare sotto lo sguardo armato dei fedeli, si dice di come i fiori le si appassirono in volto, si racconta di come nessuno osò fermarla e della mano pietosa che fece cigolare la porta della chiesa, consegnandola alla luce divorante del mezzogiorno. Insomma il cielo bisogna guadagnarselo, e Antonia si fa serva e missionaria degli uomini in terra, affaticandosi a fare quello che nessuno vuole o ha il coraggio e la forza di fare: aiutare a nascere e morire. La "serva" e la "padrona" si, cavano i peccati dall'anima con crudele affetto, uno a uno fino a che la serva, rivela il gioco orrendo, implora Antonia - sua sorella, di liberarla dalla sofferenza che la corrompe dentro, le chiede di operare il suo ufficio sulla carne dolce e di sorella. Chiede la Pietà che Antonia ha sempre reso altrove. Ma per Antonia, questa volta, è diverso.
Immagine:
 21,46 KB
Autore Risposta: Torton
Inserita il: 16/01/2010 14:41:15
Messaggio: So che a luras cè un Museo intitolato alla Femmina Agabbadora, molto bello, consiglio a tutti..
Autore Risposta: Barbaricina
Inserita il: 16/01/2010 15:18:21
Messaggio: Torton... permettimi di dire che a Luras c'è il Museo Etnografico, che ha anche in custodia l’ultimo malteddhu (come specifica il sito)... ma non è improntato sulla figura de s'accabbadora ... 
Autore Risposta: claudia.marrocu
Inserita il: 19/01/2010 13:30:43
Messaggio: La scrittrice Michela Murgia presenterà il suo romanzo "ACCABADORA" edito da Einaudi e vincitore del premio Dessì mercoledì 20 gennaio 2010 dalle 18.00 alle 20.00 al Centro Comunale AREA 3 in Via Carpaccio 14/16 a Cagliari. La presentazione sarà curata da Alessandra Menesini e prevede letture di brani tratti dal libro e un confronto con l'autrice su storie antiche, della tradizione e contemporaneamente molto attuali. L'ingresso è libero :)
Autore Risposta: claudia.marrocu
Inserita il: 19/01/2010 14:03:18
Messaggio: Salve a tutti! ho scelto come argomento della tesi di laurea della specialistica il tema della morte, pratiche e rappresentazioni nel passato e in particolare parlerò delle tradizioni sarde. Ho fatto delle interviste ma ad un campione di anziani di Cagliari che hanno ben poche radici con le tradizioni, solo vaghi ricordi di storie non vissute direttamente! volevo un aiuto perché per ora ho un po' di bibliografia ma avrei bisogno proprio di qualche testo specifico sulle tradizioni sarde legate alla morte. Vi ringrazio! ciao :)
Autore Risposta: Nuragica
Inserita il: 19/01/2010 15:59:45
Messaggio: | claudia.marrocu ha scritto:
Salve a tutti! ho scelto come argomento della tesi di laurea della specialistica il tema della morte, pratiche e rappresentazioni nel passato e in particolare parlerò delle tradizioni sarde. Ho fatto delle interviste ma ad un campione di anziani di Cagliari che hanno ben poche radici con le tradizioni, solo vaghi ricordi di storie non vissute direttamente! volevo un aiuto perché per ora ho un po' di bibliografia ma avrei bisogno proprio di qualche testo specifico sulle tradizioni sarde legate alla morte. Vi ringrazio! ciao :)
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Ciao Claudia, in attesa che ti arrivino altri aiuti da persone competenti , ti consiglio di dare uno sguardo a questo topic http://www.gentedisardegna.it/topic...&whichpage=1
Autore Risposta: musthayoni
Inserita il: 19/01/2010 16:11:26
Messaggio: | claudia.marrocu ha scritto:
Salve a tutti! ho scelto come argomento della tesi di laurea della specialistica il tema della morte, pratiche e rappresentazioni nel passato e in particolare parlerò delle tradizioni sarde. Ho fatto delle interviste ma ad un campione di anziani di Cagliari che hanno ben poche radici con le tradizioni, solo vaghi ricordi di storie non vissute direttamente! volevo un aiuto perché per ora ho un po' di bibliografia ma avrei bisogno proprio di qualche testo specifico sulle tradizioni sarde legate alla morte. Vi ringrazio! ciao :)
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.. ciao .. per ora ti segnalo questi testi:
G. Cabiddu ... Usi, costumi , riti e tradizioni popolari della Trexenta .. (Editrice Sarda Fossataro)
F. Poggi .. Usi natalizi, nuziali e funebri della Sardegna .. (Arnaldo Forni Editore)
M. M. Satta .. Riso e pianto nella cultura popolare (feste e tradizioni) - (L'Asfodelo Editoe) D. Turchi ... Ho visto agire s'accabadora .. (Edizioni Iris)
F. Alziator .. Il folclore sardo ... (Libreia Editrice Dessì )
E. Demartino ... Morte e pianto rituale - Dal lamento funebre antico al pianto di Maria Bollati Boringhieri)
Autore Risposta: claudia.marrocu
Inserita il: 01/02/2010 15:30:26
Messaggio: Grazie Mille Musthayoni per avermi consigliato questi libri sicuramente mi saranno utili!ora cerco di recuperarli!
Autore Risposta: Annixedda
Inserita il: 01/03/2010 12:38:37
Messaggio: Ciao Cluadia, io ho fatto una tesi molto simile alla tua. Se posso, mi permetto di cnsigliarti qualche libro preso dalla bibliografia della mia tesi. Oltre a tutti quelli che già ti ha consigliato Musthayoni, posso consigliarti: - Bucarelli A. e Lubrano C., "Eutanaia ante litteram in Sardegna, sa femmina accabbadora. Usi, costumi e tradizioni attorno alla morte in Sardegna, Cagliari, Scuola Sarda Editrice, 2003 - Bresciani Antonio, Dei costumi dell'isola di Sardegna comparati cogli antichissimi popoli orientali, Napoli, 1850 - Deledda Grazia, Tradizioni popolari di sardegna, a cura di Dolores Turchi, Roma, Newton Compton Editori, 1996 - Di Nola Alfonso M., La nera signora. Antropologia della morte e del lutto, Roma, Newton Compton Editori, 1995 - Mulas Andrea, La puntura della rimembranza. I luoghi, le figure, le parole e i riti della morte nella cultura tradizionale della Sardegna, Arnoldo Forni Editore, 1997 - Mulas Andrea, "Quando viene la memoria...". Credenze e rituali funebri nella cultura popolare della Gallura (Sardegna), Arnaldo Forni Editore, 1990
Spesso sono ripetitivi, ma a me sono stati molto d'aiuto, spero anche per te. Ciao!
Autore Risposta: Adelasia
Inserita il: 07/03/2011 21:56:51
Messaggio: Aggiorno il post: Pier Giacomo Pala, il direttore di Galluras - museo etnografico di Luras che abbiamo più volte citato-, sostiene che le ultime tracce di un'accabadora (o aggabadora, per dirla in lurese) risalgono al 2003, anno nel quale un sacerdote, che sostituiva un suo collega in un paese vicino a Bosa, avrebbe raccolto la confessione di un'anziana donna definitasi appunto "femina accabadora".
Autore Risposta: tiu memmere
Inserita il: 07/03/2011 23:26:16
Messaggio: una delle ultime apparizioni dell'agabbadora pare sia stata nel mio paese CUGLIERI....ma ho visto che avete gia' affrontato l'argomento in precedenti discussioni in maniera esaustiva oggi se ne è persa quasi la memoria secondo me "grazie" anche all'abbondante presenza della chiesa (conventi basilica e seminario) che tendeva ad occultare le precedenti usanze imponendo le sue pratiche.Nonostante cio' tuttora il giorno di san Giovanni si va di notte dalla chiesa alla fontana che porta il mio nome(tiu memmere)distante circa 1 km fuori paese senza proferire parola a chiunque s'incontri ...nemmeno il saluto...si beve e si ritorna indietro sempre zitti fino alla chiesa.La particolarità che riguarda l'argomento è che non si deve camminare in mezzo alla strada perchè vi camminano le anime dei defunti e delle donne morte in parto che vanno alla fontana a lavare i panni dei loro bimbi....mi scuso se sono uscito un po' fuori tema ma volevo dare un idea di come anche di cose ormai dimenticate si possa trovare traccia in pratiche tuttora esistenti e di come la morte fosse considerata un elemento della vita stessa e non come un punto d'arrivo.in tal modo si puo' considerare in una luce diversa anche l'attività de s'AGABBADORA.
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