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Nota Bene: Siddi - è posto al confine della provincia di Cagliari, nella Marmilla. La Giara di Siddi è un interessante altopiano che offre numerose testimonianze preistoriche, prenuragiche e nuragiche: lungo il margine i ruderi di 17 nuraghi e la tomba dei giganti "Sa dom’e S’orcu". Siddi ha un territorio di 11 kmq, ed è a 184 metri sul mare. Nella parte alta ci sono i rilievi "Sa conca ‘e sa cresia", "Tresnuraxis" e "Sa fogaia", dove nascono le fonti "Sa mitza ‘e s’acqua salza", "Sa mitza de Franciscu" e "Sa mitza de Bareci", da cui scendono le acque verso la prosciugata palude di Sitzamus, villaggio abbandonato nel 1728 a causa di un saccheggio che costrinse i suoi abitanti a trasferirsi a Siddi e nei centri circostanti.



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 Omaggio all’Atene sarda: i Grandi Nuoresi.

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Adelasia Inserito il - 23/05/2007 : 00:25:14
Vorrei dare il mio primo contributo in questa nuova sezione omaggiando alcuni grandi personaggi della città di Nuoro, chiamata l’Atene sarda per la sua vocazione culturale. Non a modo mio, ma molto più degnamente rievocando con le struggenti pagine di Salvatore Cambosu alcuni dei suoi grandi figli.
Salvatore Cambosu, nato a Orotelli e deceduto a Nuoro, ha scritto pagine che, a mio parere, solo una forma di miopia mentale potrebbe costringerci a leggerle con indifferenza. Qui ne riporto qualcuna tratta da “Ricordo di Cosima”.

Cosima è Grazia Deledda, sua cugina.

<< Quel pomeriggio di luglio Cosima camminava lentissima sul sentiero di Valverde: parlava sottovoce dei colori della valle con un pittore che firmava con un ragno le sue tele e i suoi disegni. Solo si rammaricava di tanto in tanto non fosse con loro un poeta con gli occhi azzurri: il poeta poteva camminare a stento lungo il Corso lastricato, al braccio d’un amico; e talvolta avendo al fianco un giovane scultore che aveva dato vita a una madre dolorosa.

A una svolta ella chiese al fanciullo che cosa ne fosse stato di una casa lontana, dove egli era cresciuto, e che ella aveva conosciuto da ragazza: una di quelle case padronali piena d’abbondanza, di servi e di mendicanti. Quella casa era quasi un ricordo: era come sparita insieme con i grandi banditi e le epiche bardane, con gli amuleti e i fattucchieri, e i cercatori pazzi di tesori, e gli esodi migratori, e le diligenze lente e avventurose, e gli alibi raccomandati alla velocità dei cavalli.
Da poco era arrivato il fustagno, con le cotonine e le tele stampate. Rara la cambiale e la bancarotta, sacra la parola data.
A ogni ovile si poteva ricevere ancora pane e companatico e un posto accanto al fuoco, e la stuoia; ma già l’usanza era minacciata dall’avvento dei caseifici e dei treni.

Il fanciullo, timido e malinconico di natura, le rispose con uno sguardo, nel quale ella lesse forse un nascente rimpianto di un mondo che tramontava e lo consolò con una carezza e un sorriso di luna>>


In poche righe ecco evocati quei grandissimi artisti nuoresi che, quasi contemporaneamente, nel primo novecento, aprirono la Sardegna al resto del mondo: Grazia Deledda, dal sorriso di luna; Antonio Ballero, il pittore che firmava le tele con un ragno; Francesco Ciusa, lo scultore de “La madre dell’ucciso”, vincitore della biennale di Venezia nel 1907, a vent’anni.
Non ricordo se il poeta dagli occhi azzurri fosse Sebastiano Satta. Rammentando l’affetto e la grande stima che legava la Deledda al poeta dei “Canti barbaricini” mi piacerebbe tanto crederlo.

15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Paradisola Inserito il - 03/10/2013 : 09:58:23
Ma Francesco Ciusa vinse alla Biennale o no?
http://www.gentedisardegna.it/topic...PIC_ID=19406
Adelasia Inserito il - 14/11/2008 : 01:13:56
Per il secondo anno consecutivo, Nuoro in questo mese di novembre sta omaggiando i suoi figli illustri con un'iniziativa che ha avuto una certa attenzione da parte dei mass media (La Nuova Sardegna, l'Unione Sarda, Tg3) e che trovo particolarmente interessante e originale: "Viaggio letterario in cimitero", ossia sei "viaggi" che, partendo da quella chiesa della Solitudine nella quale riposa Grazia Deledda, raggiungono il vicino cimitero di Sa 'e Manca.

Qui sono previste diverse soste in corrispondenza delle tombe di quei grandi indimenticabili quali Sebastiano Satta, Romano Ruiu, Dino Giacobbe, Antonio Ballero, Raffaele Calamida, Salvatore Cambosu, Giacinto Satta, Salvatore Mannironi, Mario Ciusa Romagna, Gonario Pinna, Pietro Mastino a altri... nel corso delle quali gli attori dell' Associazione culturale “I segni delle radici" , ispirandosi al capolavoro di Salvatore Satta "Il giorno del giudizio" (che tanto è legato da Sa 'e manca), leggono commuoventi pagine accompagnati dal suono struggente di un violino.
Marialuisa Inserito il - 11/02/2008 : 14:46:37
Fino al 26 febbraio, a Firenze nei locali della Limonaia di Palazzo Medici Riccardi (sede della Provincia di Firenze; Via Cavour 3) , la mostra Francesco Ciusa: gli anni delle Biennali (1907-1928)”, ideata dalla FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia )per conoscere così le opere dello scultore sardo (Nuoro,1883 - Cagliari, 1949), che cent’anni fa, alla Biennale di Venezia del 1907, con il gesso La madre dell’ucciso, vinse il primo premio.
Mediante questa esposizione, l’artista nuorese è ritornato simbolicamente nella città che lo vide allievo dell’Accademia di Belle Arti tra il 1899 e il 1903.
Fra i suoi maestri ci furono Domenico Trentacoste, Giovanni Fattori e Adolfo de Carolis.
Questo soggiorno di studio permise a Ciusa di conoscere e frequentare Lorenzo Viani, Plinio Lomellini, Moses Levy, Libero Andreotti, Enrico Sacchetti.
" Ciusa è un artista straordinario e tutto da riscoprire – hanno spiegato le curatrici – perché la forza che trasmettono le sue opere ha qualcosa che va oltre i particolari della materia e riesce a interiorizzare e pietrificare il dolore, come ne La madre dell’ucciso, ispirata alla vita vera di una donna della Barbagia."
Ma La madre dell’ucciso rappresenta solo l’inizio di un percorso ricco e articolato, che vede l’artista muoversi sullo scenario nazionale e internazionale, con esiti di notevole qualità.
Sono in esposizione undici sculture, una serie delle quali appartenenti al ciclio I Cainiti, , tra cui anche la Madre dell’Ucciso , nella versione in gesso della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Palermo prestata per l’occasione.

La mostra sarà aperta al pubblico fino al 26 febbraio dalle ore 09.00 alle 19.00, escluso il mercoledì.
Per informazioni: Palazzo Medici Riccardi, via Cavour 3 tel. 055.2760340, oppure Ufficio Informazioni Turistiche APT Firenze, tel. 055 290832/3.

Adelasia Inserito il - 09/09/2007 : 23:25:34
Curiosi intrecci: Sebastiano Satta era legato a Grazia Deledda da rapporti di sincera stima reciproca; il brillante Gonario Pinna, che come scrive furfuraju fu suo estimatore e seguace, conosceva bene la scrittrice e si distinse tra l'altro quale convinto fautore della traslazione della sua salma (che riposava nel Verano, a Roma) nella chiesa della Solitudine, ai piedi del Redentore.
Se non ricordo male tempo fa lessi un gustoso ritratto che Gonario Pinna fece della Deledda, che a sua volta scrisse una novella per il padre del penalista, già difensore del fratello.
Mi piacerebbe ritrovare quelle pagine....
furfuraju Inserito il - 06/09/2007 : 16:54:49
Un altro grande nuorese, continuatore (in qualche modo) della tradizione forense e letteraria di Sebastiano Satta è l'avvocato Gonario Pinna.

http://www.sardegnacultura.it/j/v/2...36&visb=&t=1

Raccomando caldamente la lettura dei suoi libri.

_____________________
coltivo una rosa bianca...
furfuraju Inserito il - 30/08/2007 : 07:14:18
Poiché non ho trovato in rete una biografia di Sebastiano Satta che soddisfacesse alle mie curiosità (i nomi della madre e della moglie), l’ho ricopiata di sana pianta da una vecchia antologia (“Narratori di Sardegna” a cura di Giuseppe Dessì e Nicola Tanda – Mursia, 1965):

Nacque a Nuoro il 21 maggio 1867 dall’avvocato Antonio e da Raimonda Gungui. Studiò a Nuoro e frequentò il Liceo e l’Università a Sassari dove si laureò in giurisprudenza nel 1894, dopo aver fatto a Bologna il servizio militare. Fu in questa occasione che ebbe modo di ascoltare il Carducci che insegnava allora in quella Università. Non aveva ancora vent’anni quando incominciò a scrivere sui giornali. Scriveva capicronaca per la “Nuova Sardegna”, pubblicava poesie per “La Vita Sarda” di Cagliari e per “Nella Terra dei Nuraghe” di Sassari. Alla fine del 1893 fondò con Gastone Chiesi l’”Isola” di intonazione repubblicana che ebbe però vita breve, cessò le pubblicazioni al 55° numero nel 1894. Tornato a Nuoro vi esercitò l’avvocatura ed ebbe fama di valente penalista ed oratore fecondo ed irruento. A trentasette anni sposò *** da cui ebbe due figli: Biblina e Vindice. Nel 1910 per interessamento degli amici furono pubblicati i “Canti Barbaricini” che gli procurarono notorietà anche fuori dell’Isola. Era il periodo in cui in Sardegna si venivano organizzando le prime lotte sindacali e il Satta si schierò, conforme alle sue idee socialiste, dalla parte che aveva avuto i morti di Buggerru.
Intanto gli era morta la piccola Biblina lasciando un profondo dolore nell’animo e nella lirica del poeta. Colpito da paralisi nel marzo del 1908 si vide ridotte le sue possibilità di movimento ed impedita la parola. Trascorse gli ultimi anni confortato dall’amore dei suoi e dalla stima degli amici. Morì il 29 novembre del 1914.


*** Lasciamo un pò di suspense per chi non ha ancora letto i romanzi di Marcello Fois.

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coltivo una rosa bianca...
diego Inserito il - 24/08/2007 : 14:33:58
E' molto interessante, chi continua?
Adelasia Inserito il - 04/07/2007 : 21:15:42
<<Sebbene fossero già le cinque del mattino nel grazioso paesello di Mamoiada si dormiva ancora della grossa>>
Altri tempi, quelli nel quale il mattino aveva l’oro in bocca, verrebbe da dire….

E’ così che inizia “Don Zua” di ANTONIO BALLERO, quel grande pittore nuorese che, prima di pennellare gli incanti della Sardegna, aveva esordito nell’arte della scrittura.

Radici algheresi da parte del padre, nacque nel 1864 a Nuoro, perfettamente inserito in quelle generazione mitica, forse irripetibile, che tanto regalò alla città barbaricina, a quei tempi appena elevata al rango di città e di sede vescovile, che assisteva in quegli anni a uno straordinario intreccio di grandi menti e grandi arti.

Benestante, Antonio Ballero compì gli studi classici a Cagliari; è appena ventenne quando pubblicò il romanzo “Don Zua”, seguito da saggi e novelle e collaborazioni su riviste e giornali. Intanto cercava se stesso e guardava … guardava e assorbiva: le campagne sarde, le feste, i colori, la gente, i paesaggi, le tradizioni popolari.

Iniziò a dipingerle, trovando così la sua strada maestra.

Venne a contatto con i suoi grandi concittadini, per la Deledda illustrò alcune opere narrative.
E come la Deledda varcò il mare; visitò musei, conobbe grandi artisti, si inserì nei circuiti artistici ottenendo i primi riconoscimenti e gratificazioni, partecipò a numerose mostre in diverse città dell’isola e della penisola, perfettamente inserito nello spirito del suo tempo …. Chi dice che i barbaricini sono chiusi, poco aperti al mondo ???? Ballero intrecciò profonde amicizie: ricordate Giuseppe Pellizza da Volpedo, quello del famoso quadro “Il quarto stato”, in cui il popolo che esce dal buio e avanza verso la luce pare bucare la tela, divenuto quadro-simbolo? Era un grande amico di Ballero.

Come amico lo era era Eduardo Chicharro, uno dei pittori costumbristi spagnoli il cui ricordo riecheggia nel paese di Atzara, che aveva ospitato nel primo novecento quegli artisti iberici abbagliati dai colori e dalle magie dell’interno dell’isola e che paiono rivivere nel museo “Antonio Ortiz Echagüe" , scommessa vinta da un orgoglioso paese posato tra le dolci colline del Mandrolisai di poco più di 1300 abitanti, che inconsapevolmente ha riconfermato la sua fama e la sua vocazione dando i natali a uno dei più grandi pittori sardi, Antonio Corriga, direttore del museo.

Solo nel 1914 il nostro Antonio Ballero, autodidatta nel campo della pittura, si diplomò presso l’Accademia Linguistica di Belle Arti di Genova; da allora insegnerà a Sassari , mentre il suo nome nel campo dell’arte si consolidava definitivamente e otteneva lusinghieri riconoscimenti.

Alcuni anni dopo il diploma si sposò con una giovane artista di Faenza, tal Ofelia Verzellini, che conobbe grazie ad alcune raccomandazioni della Deledda: non che la grande scrittrice fungesse da paraninfa... intese solo raccomandare una giovane di belle speranze presso un affermato pittore.
Ben 30 anni di differenza tra i coniugi ma, a dispetto delle presumibili malelingue, un’intesa perfetta.
Si penserà che, guarda caso, è la donna a essere più giovane, quindi facile il sodalizio, si immagina la sottomissione ecc. ecc. …niente di più errato: per par condicio si provi a leggere la storia di Salvador Dalì e signora (la famosa Galatea, quella delle…sfere) , per capire quali sorci verdi pare avesse fatto vedere Gala al più giovane, famoso e spiritato marito ( che era pure il secondo…).

Ma torniamo ad Antonio Ballero, che al di là del tempo pare continui a scrutare, occhialuto e serioso, dal suo “Autoritratto al sole”, e a incantare con i suoi dipinti a olio che immortalano personaggi, colori, montagne, momenti di Sardegna: “La fattucchiera”, “Sa ria”, “L’appello di marzo”,”La benedizione dei campi”, “I gabbiani” ( che in realtà raffigura suore vincenziane, con le caratteristiche cuffie che fanno pensare alle ali di quei bianchi uccelli), con le sue chine acquerellate che raffigurano la lavorazione del pane carasau e la vendemmia e quelle magnifiche su carta che fissano il pastore di Orune e la ragazza di Bono, il consigliere comunale di Ovodda, Tatana che attende, Rosaria…..

Morì a Sassari, Antonio Ballero, nel 1932, ma sarà la sua città natale che ne accoglierà le spoglie e che custodisce orgogliosa diverse opere ospitate nel Palazzo Municipale, nella Camera di Commercio e soprattutto nel MAN, quel prestigioso Museo d’Arte della Provincia di Nuoro diventato in pochi anni uno straordinario faro culturale per l’intera Sardegna, quasi un omaggio ai trascorsi fasti del capoluogo barbaricino, quasi un augurio affinché si scuota definitivamente dal suo sonnecchioso torpore.
Adelasia Inserito il - 04/07/2007 : 21:04:54
E dopo la Grazia...come non evocare il grande pittore Antonio Ballero???
Adelasia Inserito il - 27/05/2007 : 12:19:15
Mi preme ricordare che Grazia Deledda era stata egregiamente opportunamente omaggiata da Agresti nella sezione autori
( http://www.gentedisardegna.it/topic...OPIC_ID=1201 )

Diciamo che qui la rievochiamo perché si parla di grandi personaggi nuoresi, dunque…. come si fa a non evocare la Grazia???
Adelasia Inserito il - 27/05/2007 : 12:15:10
Ricordiamoli almeno brevemente, questi grandi personaggi che evoca Salvatore Cambosu, iniziando dalla signora dal sorriso di luna: sua cugina Grazia Deledda, figlia di Giovanni Antonio e di Francesca Cambosu.

Aveva 17 anni, era il 1898, quando riuscì a far pubblicare dei racconti su alcune riviste, lei che scriveva dalla lontanissima Sardegna e che aveva divorato libri da autodidatta: da Omero ai romanzieri russi, dalla Bibbia al Manzoni.
La immagino all’ombra delle querce del Monte Ortobene a ruminare libri e tramonti.
Il suo primo racconto? Tutto un… poema: “Sangue sardo”. Titolo truculento e trama altrettanto …però le portò fortuna , visto che fu il primo di tanti, fino ad incontrare con “La via del male” l’attenzione di Luigi Capuana, che intravvide nella giovane scrittrice “il concetto giusto dell’arte narrativa”. Qualche anno prima era riuscita a far pubblicare il suo primo romanzo “Fior di Sardegna”; più ottimista rispetto al sangue. Almeno nel titolo.

Le distanze dalla penisola si accorciarono per Grazia, sia dal punto di vista letterario sia da quello fisico, visto che si trasferì a Roma dopo essersi sposata con Palmiro Malesani, funzionario del Ministeri delle Finanze conosciuto a Cagliari.
Si era da poco affacciato il ‘900.
A Roma non fece vita mondana, ma placo’ parte della sua sete di conoscenza venendo a contatto con grandi menti culturali italiane. Le si aprì una stagione di anni sereni con la nascita di due figli ( anche qui…tutto un programma il nome del primogenito, Sardus; l’altro era Franz, mah! L’avrà scelto il marito per par condicio) e una media di due pubblicazioni all’anno : da Elias Portolu a Cenere, da Colombi e sparvieri" a "Canne al vento", da "Marianna Sirca" , a "L'incendio nell'uliveto" , da "La madre" a “Il Dio dei viventi".

E’ il 1926 l’anno del Nobel per la letteratura: colmava 20 anni di digiuno nazionale; dopo di lei il deserto per tutte le altre altra scrittrici italiane, eppure sono trascorsi più di 80 anni da quella data.
Cosa avrà provato, questa piccola grande sarda, quando illustri uomini le si inchinavano di fronte …e quando dopo un viaggio massacrante vide Stoccolma, così lontana dalla sua Nuoro che grazie a lei il mondo imparava a conoscere.
Al di là delle sincere congratulazioni e ammirazioni, delle invidie e di qualche pezzo giornalistico svedese un po’ velenoso, mi piace immaginarla fiera di aver riscattato in qualche modo il proprio paese “così mal conosciuto e denigrato al di là dei nostri malinconici mari”, come ebbe a scrivere.

Dopo l’assegnazione dei Nobel i suoi libri vennero pubblicati un po’ dovunque: in Inghilterra la prefazione de “La madre” venne curata da una nostra conoscenza, D. H. Lawrence, quello di Lady Chatterley e soprattutto di “Mare e Sardegna”, sei settimane di lavoro per raccontare con poesia i suoi nove giorni in Sardegna con la sua Frida, nel gennaio 1921.
Intanto Grazia Deledda continuava a scrivere, forse con un po’ di stanchezza… o forse era semplicemente appagata, chissà… Si spegnerà 10 anni dopo, nell’anno del suo ultimo romanzo compiuto "La chiesa della solitudine": su quella chiesa che ne accoglie le spoglie, mentre l'altra chiesetta da lei amata, in cima al monte Ortobene, pare gridare vendetta per tutte le vicissitudini di questi ultimi anni.

Se la tenacia avesse un volto credo sarebbe quello della Deledda, che portava nella sua impalcatura mentale la forza delle donne barbaricine, della Sardegna.

Sotto questo punto di vista anche Vittorio Alfieri, quello del “volli, sempre volli, fortissimamente volli” secondo me le faceva un baffo.
sardosempre Inserito il - 24/05/2007 : 14:44:49
sardosempre ha scritto:

io ho avuto l'occasione di girare nuoro per bene per la notte bianca di agsto dell'anno scorso....una meravilgia....li si respira veramente l'aria della cultura sarda....i piu grandi artisti e letterati sardi sono nati e cresciuti li....ed ogni loro opera parla di nuoro,della vita arcaica della barbagia .. grazia deledda, nonstante si trasferisca a roma perche l'isola non riconosceva la sua arte (in primis la famiglia...che si era scandalizzata quando deledda aveva ricevuto ricompensa economica per i suoi primi scritti) nelle sue opere descrive con minuzia i luoghi della sua infanzia. francesco ciusa rappresenta con struggente tragicita´il dolore della madre che piange la morte del figlio. ballero ritrae la veglia funebre con struggente lirismo...
azz devochiudere...continuero appena posso

insomma nuoro nei primi anni del 900 pappresenta la capitale della cultura sarda...una cultura matura, non commerciale come in molte altre citta´ in cui l'arte e la letteratura era merce di scambio, uno strumento per essere alla moda.
ancora oggi lo splendore del passato si puo rivivee in molti musei della citta´.....quello di francesco ciusa per esempio....oppure la casa museo di grazia deledda nel quartire di santu predu...li sono stati ricostruiti fedelmente ( in base alle descrizioni ne romanzo "cosima") tutti gli ambienti della casa....addirittura in una sala e`stato ricostruito il salone della residenza romana.(c'e`un particolare molto interessante: sul tavolo del salone vi sono due statuine del tavolara, che si possono scorgere anche in una famosa foto dche ritrae la scrittrice ormai gia anziana)..altro museo interessantissimo e' il man....il museo di arte moderna...in cui si possono ammirere varie mostre temporanee noche opere dell'artista di ulassai maria lai.
altra tappa obbligata e`la pizza sebastiano satta, opera dello scultore di orani nivola.....alla grnadezza deimassi granitici delll'otobene, di contrappongono i dettagli delle sculture che l'artista poggia sulla roccia.
non si puo poi non visitare la chiesetta della solitudine...nella quale si puo ammirare il portale bronzeo opera di tavolara.
come dire....nuoro e`stata e continua ad essere l'atene sarda.
Baroniesa Inserito il - 24/05/2007 : 01:06:03
Si, saremo pazienti, ma non farci aspettare troppo è un argomento molto piacevole, di quelli che rilassano e fanno gioire la mente

http://www.hobby.diablogando.it/mai...?blogid=1177
Adelasia Inserito il - 23/05/2007 : 22:18:35
sardosempre ha scritto:
[ .. grazia deledda, nonstante si trasferisca a roma perche l'isola non riconosceva la sua arte (in primis la famiglia...che si era scandalizzata quando deledda aveva ricevuto ricompensa economica per i suoi primi scritti) nelle sue opere descrive con minuzia i luoghi della sua infanzia. francesco ciusa rappresenta con struggente tragicita´il dolore della madre che piange la morte del figlio. ballero ritrae la veglia funebre con struggente lirismo...
azz devochiudere...continuero appena posso


E noi aspetteremo pazienti....
sardosempre Inserito il - 23/05/2007 : 19:08:38
io ho avuto l'occasione di girare nuoro per bene per la notte bianca di agsto dell'anno scorso....una meravilgia....li si respira veramente l'aria della cultura sarda....i piu grandi artisti e letterati sardi sono nati e cresciuti li....ed ogni loro opera parla di nuoro,della vita arcaica della barbagia .. grazia deledda, nonstante si trasferisca a roma perche l'isola non riconosceva la sua arte (in primis la famiglia...che si era scandalizzata quando deledda aveva ricevuto ricompensa economica per i suoi primi scritti) nelle sue opere descrive con minuzia i luoghi della sua infanzia. francesco ciusa rappresenta con struggente tragicita´il dolore della madre che piange la morte del figlio. ballero ritrae la veglia funebre con struggente lirismo...
azz devochiudere...continuero appena posso

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