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Nota Bene: A Orani (Nuoro) si tesseva una singolare stoffa con ordito di lino e canapa e trama di lana nera di pecora, mediante una tecnica ,diversa da quella dell'orbace, che dava una superficie lucida e quasi iridescente. Il tessuto era utilizzato per la gonna nuziale e festiva ed era detto ISCARRAMAGNU , con termine che deriva dal bizantino " scaramanion" riferito a preziosi abiti di corte. La medesima stoffa si ritrova in costumi popolari spagnoli.



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 D' annunzio e la miniera di Masua

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
cisto Inserito il - 18/02/2007 : 18:36:42
Le miniere del Sulcis Iglesiente sono sempre state in ogni epoca terra di conquista per le sue caratteristiche idrogeologiche è sopratutto per le loro richezze di minerali, molte persone hanno scritto di questa terra, Un certo Tangheroni ha descritto in modo a parer mio scientifico gli usi e costumi di questi posti di miniera Iglesiente appunto, intitolandone un libro "la città dell' argento". Ma come detto non è stato il solo a scrivere di città di miniere, mi è capitato di rileggere da poco un' articolo su un giornale, che riportava la visita che fece Gabriele D' annunzio alla miniera di Masua descrivendone in modo esemplare i tratti più significativi delle fatiche della gente di miniera, io mi sono preso la briga di riproporlo in questo forum sperando possa essere così come lo è stato per me molto .....interessante.

GABRIELE D'ANNUNZIO IN MINIERA A MASUA ILLUSTRA LA VITA PER "CRONACA BIZANTINA"


Non aveva neppure vent' anni, quando Gabriele D'Annunzio compì il suo primo viaggio in Sardegna e visitò la miniera di Masua. La finalità era di compiere una corrispondenza destinata al giornale "Cronaca Bizantina " col quale il grande letterato collaborava. Il lavoro risale al 1882. In esso traspare la condizione inumana della vita di miniera, di come vivevano le famiglie e con quale speranza potevano crescere i ragazzi, tutti denutriti e analfabeti.
Il verismo di Gabriele D'Annunzio, nella descrizione della vita dì miniera a Masua, lascia quasi col fiato sospeso, tante sono le atrocità cui il lavoratore, per ben dodici ore al giorno, deve sottostare: usciva da casa che il giorno non era ancora maturo, per rientrarvi quando il crepuscolo annunciava la notte



Miniera di Masua ( Porto Flavia) di Fronte Pan di Zucchero

Mentre scriviamo, il sole penetra a strisce nella veranda rossiccia e tormenta le pernici rinchiuse nella prigione di legno. Dalle aiuole di sotto viene un odore fresco di rose maggesi: poi, oltre le aiuole, il verdeggiamento selvatico delle montagne che si allungano verso il mare, le rocce biancastre, il pennacchio placido e candido che s'innalza dal fumaiolo nell'azzurro incontaminato. Anche il mare è azzurro, più cupo. Il Pane di zucchero stacca sul fondo nettamente come la prora di una immagine fregata sommersa; in quella solitudine petrosa gli avvoltoi dalla testa calva si accoppiano in amore, e i colombi svolazzano a stormi. Pure, c'è una infinita malinconia nell'aria. Giungono le voci indistinte dei lavoratori di sotto le tettoie, i battimenti monotoni dei crivelli; a tratti gli scoppi cupi delle mine giù nel ventre della montagna si propagano con un fremito sordo, un rombo lungo. Quegli scoppi ci avvisarono la vicinanza di Masua. Salivamo a cavallo su per la via polverosa incombente al mare, dopo aver lasciate in dietro le spalliere di fichidindia, le torrette fumiganti di Monteponi, la pozzanghere d'acqua argillosa pullulanti d'erbe alte, le casette bianche di Gonnesa rannicchiate al piede di un gran cono alpestre. Con che esultanza meravigliosa di azzurro, con che lampeggiare vivo di sole ci si apri dinanzi il mare dopo quel tedio faticoso di strada maestra!
L'acqua rompeva alla spiaggia chiara e solitaria; le montagne in lontananza si perdevano dalle tinte verdastre alle tenerezze turchinicce e villette; più in là, verso il seno di Masua, s'addentravano come una testa di coccodrillo mostruoso. Andavamo al trotto fitto delle cavalle, sentendoci in faccia l'alito fresco della brezza che ci agghiacciava il sudore nei pori. Ad ogni svolta una veduta nuova: zone di mare fiammeggianti tra le inquadrature taglienti delle rupi: profili di scogli delineati sul fondo argentino dell’ orizzonte; accavallamenti strani di boscaglie e di macchie vinte dal maestrale con uno stormire sonoro. Poi ecco i nuvoli bianchi di fumo salienti tra il verde, gli scoppi, i rumori metallici della miniera.
E' una conca di montagne erte e frastagliate: a destra tutto rocce, a sinistra tutta boscaglia. Il minerale giallastro ne copre qua e là le falde; qua e là arrampicate sul verde le capanne dei minatori sembrano mucchi di concime, tane di belve, confuse coi massi che sembrano gruppi di stalagmiti enormi.

Donne di Miniera…… donne straordinarie

I MINATORI
All'alba, fra quei coni di frasche e di fango, c'è un brulicame umano. Escono quasi carponi dalle strette aperture, come Esquimesi di sotto il ghiaccio: sono uomini pieni di cenci e di sudiciume, dal viso terreo, con gli occhi arrossati nel tormento delle polvere, con i capelli incolti; sono donne macilenti, flosce, quasi istupidite dall'incubo di quella oscurità domestica pregna di miasmi, dalla caldura soffocante di tutta una notte; sono bimbi rachitici, col viso per lo più chiazzato di croste, con gli stinchi fiacchi, senza un lampo ilare nella pupilla, senza uno strillo di gioia in bocca, senza un impeto libero in cuore.
Gente per cui il senso della vita è angoscioso, costretta a estenuarsi i polmoni nell'aria attossicata delle gallerie, frangersi le braccia contro la pietra, a dormire poi sulla terra umida, senza strame, sotto le travi nere di fumo. Per quegli uomini la famiglia non ha gioie; dentro quelle tane ogni affetto intristisce; la mano levata ad accarezzare ricade stanca.
Escono dal buio della miniera, come ombre, e rientrano nel buio della casa, attraversando ebeti quel tratto di sole e di verde senza emettere più ampio il respiro. Il mattino intorno trionfa. Le nebbie torpide dileguano a poco a poco dal mare color acciaio; il Pane di zucchero emerge ignudo e fiammante di sole tra le volate di colombi selvatici. L’ altra parte della montagna, non ancora illustrata, si disegna sulla chiarità diafana del cielo con aggruppamenti fantastici di rocce che paiono rovine di mura ciclopiche e di pagode indiane, frantumi di grandi idoli egizii, squarci di bassorilievi babilonesi e il pennacchio seguita sempre placidamente candido a svolgersi dal fumaiolo, ad allungarsi nella purità dell'aria, segnando l'ombra fuggevole sul terreno. Sotto le tettoie ferve l'opera. Sulle estremità dei crivelli di legno saltellano, come automi, figure umane; e le travi si aprono e si chiudono come mandibole di alligatori, con uno stridore penoso di cardini arrugginiti.
Qualche donna, col capo coperto d’ uno straccio, sta seduta al sole, picchiando senza riposo il martello su pezzi di calamina; pare che la stanchezza non le vinca i polsi; ha gli occhi socchiusi, le labbra serrate, e picchia picchia picchia, stordita di quei colpi, stordita dal sole, quasi dimenticando di vivere. D'intorno le ondeggia la primavera, qualche fratta di fichidindia solleva faticosamente le foglie grasse; i mucchi di scorie luccicano come coni di carbon fossile, come obici di ferro frantumati. Ma che profonda tristezza cade col vespero su questa conca di monti e di mare!
Il lavorio esterno illanguidisce, gli stridori, i battimenti, i martellamenti, cessano a poco a poco; e gli operai si levano sulle gambe intorpidite. S'incontrano per le viottole ingombre di erbacce e di celidonie in fiore; sono volti pallidi, volti anneriti su cui spicca il bianco largo dell'occhio tra le orbite piene di sangue, volti da cui traspare la stanchezza delle membra e dell'anima. Non s'ode una canzone, non uno scoppio di risa: tra le capanne ricomincia il brulichio incerto; poi più nulla. Giù per la discesa cigola qualche carretto carico di calamina, verso il mare, lungo il fosso che contamina d'acqua giallastra l'onda salsa e spumante tra le scogliere. Il sole non si vede, nascosto dietro le rocce: ma un bagliore caldo di viola e di minio si diffonde per tutto l'orizzonte, e su quel bagliore il profilo del Pane di zucchero sfuma tra i vapori caldi. L’ isola di S. Pietro in lontananza naufraga lentamente. L’ acqua del mare non ha fragranza, si rompe contro gli scogli nerastri, verdognoli; e il mormorio si propaga per le spiagge solitarie, mentre una barcaccia carica di piombo naviga faticosamente a mezza vela.
Così fuori stagna la vita. In fondo alla montagna c'è un'altra vita, un'angoscia più tremenda di fatiche: la guerra degli uomini e delle pietre.





Lavori di miniera, guardare le scarpe e ….tutto il resto dell’ abbigliamento da lavoro

VISITA IN GALLERIA



Interno armature in legno

Entrammo, guidati dall'ingegnere Scarsella, un ingegnere ospitale, cortese, artista come pochi ingegneri sono. La luce gialla delle lucerne che ci oscillavano in mano stentava a diffondersi per quel tenebrore umido e denso: vincevano le tenebre. E per quella oscurità fredda e taciturna, pregna di un odore di terra bagnata, noi andavamo andavamo, con quelle lucerne in mano, tenendoci in mezzo alle rotaie per non ruinare in qualche frana; con un respiro scarso per non sentire il miasmo dell’ acqua fangosa; con la testa chinata, per non urtane nelle travi che puntellavano la volta di granito, Non si vedeva nulla; le muraglie nere respingevano le ombre dei corpi umani; la melma stagnante fra le rotaie respingeva i riflessi della luce. Era una durezza per tutto, una durezza di macigno nero inflessibile ed indomabile. Solamente, ogni tanto, passavano gli sbuffi tiepidi del vapore e gli echi delle voci umane, che parevano un gracidare di corvi, o una caduta di sassi.. .Qua e là, per la tenebra rotta, in un cavo della roccia, tra le macchine mosse da un fremito inconsapevole, stavano delle ombre umane. Alcune spinte innanzi, con le gambe affondate tra i sassi, percontenti disperatamente, altre erte tra il vapore, immobili.
Intanto le secchie piene di minerale scendevano e salivano dai pozzi, e le carrucole stridevano lamentose. Incominciammo a scendere le scale: ottanta metri di scale a pioli in certi pozzi angusti, ove il respiro mozzo scoppiava come un singhiozzo.... Finalmente giungemmo in fondo, al livello Calvi: una spelonca tetra, con certe nicchie nere che paiono gole di mostri spalancate, con certi macigni spezzati che paiono mucchi d'ossa calcinate, con un frammento perenne di sassi, con uno scroscio esterno di terriccio smosso. I minatori stanno lì saldi contro il macigno duro,e percuotono e percuotono i cunei coi martelli. Questa sinfonia di venticinque martelli rimbomba sonoramente nella spelonca ..I minatori stanno lì saldi contro il macigno, a combattere: la battaglia è rude. Il granito resiste impassibile come un catafratto antico... Quando riuscimmo all'aria aperta libera, e la luce del sole vittoriosa ci risplendè negli occhi, e risentimmo sulla faccia gli aliti delle brezze marine, un senso di nausea e di ribrezzo ci vinse.... Uscimmo.
Sciami d'uomini e di donne mangiavano, sdraiati tra i mucchi di minerale, accovacciati per i fossi, ammucchiati tra i cardi, nell'arsura. Parevano bestie affamate. Mangiavano con una voracità feroce, cacciandosi in bocca i mazzi di lattuga fresca, stritolando i tozzi di pane nero. Alcuni stavano seduti, rotando intorno gli occhi rossi, come per paura di un ladro; altri se ne stavano allungati, col cranio sulla terra ardente, in una noncuranza di pazzi, in una insolenza di moribondi.. .Nelle capanne mangiavano le famiglie. Chi può ridire lo spasimo di questi pasti conquistati con dodici ore di fatiche orrende, conquistati a forza contro le asprezze delle pietra ribelle, contro l'inerzia inflessibile del metallo.
Chi lo può ridire ?.............




Minatore che prepara i fori per le mine



Un magazzino di distribuzione (Foto d' epoca) ...Io la trovo straordinaria, che ne dite ???



15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
cisto Inserito il - 21/02/2007 : 20:48:10
I potenti mezzi di trasporto e illuminazione (Chiamate candele a carburo)




A mare (qualcuno che ci andava ) viaggiava con con l' alta velocità



Quì, già si stava bene almeno era fuori...........



altro che TAV



un ultima immagine di miniera, certo che lavoro ragazzi da matti e comunque posto quest' ultima per non annoiare

Adelasia Inserito il - 20/02/2007 : 19:59:40
Vorrei contribuire al post confrontando le pagine di D'Annunzio con quelle dello scrittore siciliano Elio Vittorini, che quando vinse il premio "Diario di viaggio in Sardegna", con il testo che avrebbe poi avuto il titolo di “Sardegna come un'infanzia”, aveva più o meno la stessa età nella quale D’Annunzio scrisse il reportage sulle miniere.

Correva il 1932, era quindi trascorso mezzo secolo dalla descrizione di D’Annunzio riportata da Cisto.
Ecco come Vittorini vede le miniere di Iglesias, descritte nel capitolo xxx: sostanzialmente stesso affresco di disperazione e fatica.

<<Ma a Iglesias dove i sardi lavorano nelle miniere, non ho visto più gioia, né ruminio. Ho visto il nulla della fatica quotidiana.
Fatica che serve a un tozzo di pane che serve alla fatica. Come di schiavi in una cava cartaginese.
Visitando la fonderia era con tetra disperazione che diavoli nudi fino alla cintola rimescolavano dentro i calderone del piombo liquido. Uno ha sollevato su di noi il suo cucchiaione colmo di una gelatina rovente e per un attimo ho sentito passare nell’aria tutta la sua voglia d’inferno di farlo frullare e inzaccherarcene la faccia>>

Cambia l’autore e lo stile, ma non mi pare che le condizioni dei minatori abbiano suscitato impressioni sostanzialmente diverse.
paola Inserito il - 20/02/2007 : 16:19:15
è vero dany, pensiamo anche a chi e emigrato e lavorava nelle miniere all'estero...

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paolas
dany Inserito il - 20/02/2007 : 15:50:30
Caro Oscar il fatto che quella foto sia esposta nella bibblioteca comunale di Gonnesa non è garanzia che si tratti di una miniera gonnesina, infatti la foto è arciconosciuta e diffusa nella nostra zona.Qualche anno fa era in un calendario che promuoveva la città di Iglesias e la sua storia . Sempre la stessa foto la puoi ammirare al museo del Minerario in via roma.Ha ragione Cisto:che importanza può avere dove sia stata scattata la foto?Rispecchia comunque una realtà storica vissuta dai nostri avi.Pensa che quando mio padre ha visto la mostra fotografica mineraria era commosso e tra le foto cercava un volto femminile a lui caro e conosciuto.Mia nonna infatti era una cernitrice dall'età di 8 anni e solo quando da sposata rimase incinta del suo primogenito abbandonò un lavoro duro e massacrante. Ma a quei temppi i lavori umil erano assegnati alle donne e bambini perchè più agili , potevano raggiungere punti stretti ed impervi ,passare nei cunicoli meglio di un adulto.Parlarne oggi sembra strano,prevale la tristezza,ma sono fatti realmente accaduti.Che importa se a S.Giovanni Miniera o a Masua ?





dany
meurreddu Inserito il - 20/02/2007 : 10:39:01
no sai cisto perchè ti dico che quella foto è di gonnesa ? perchè tempo fà l'unione sarda ha pubblicato delle foto di ogini paese .. è per gonnesa ne ha pubblicato 8 .. tra cui .. questa .. cmq .. poi ne parlerò piìù avanti meglio delle miniere e della vita in miniera .. parlerò oltretutto dei motti del 1906 di gonnesa e di quelli del 1904 di bugerru ..


cisto Inserito il - 20/02/2007 : 10:18:22
meureddu ha scritto:

Messaggio di cisto


Donne di Miniera…… donne straordinarie




queste foto riguarda una miniera di gonnesa .... ne sono sicuro .. è esposta in biblioteca comunale insieme a tente altre foto di gonnesa ....





ancora ???.... Oscar ma ti pare che sia una cosa importante se è o no di masua o ...Iglesias ???? siete a 5 Km mi pare, e comunque questa foto è di San Giovanni Miniera, non mi vorrai dire che è di gonnesa???

so bene che Norman è di Gonnesa, con la Villa Stefani,
ma la miniera di San Giovanni, dove è stata scattata la foto, è di Iglesias insieme a Bindua (Frazione di Iglesias)

come tutte le miniere fra le più importanti d' Europa Monteponi -Monteagruxiau Buggerru nell' Iglesiente ci sono decine di Miniere dismesse (ora tutte) e a Gonnesa ce ne sono alcune (non so se seddas Moddizzi è in territtorio di Gonnesa per esempio mi pare di no), Gonnesa è al centro di un bacino minerario importante, e speriamo che possa sfruttare a pieno le capacità turistiche anche dal versante dell' archeologia mineraria cosa che mi pare sia stata messa a repentaaglio con lo scioglimento del progetto più importante che era il parco geominerario, e come al solito questo territtorio dovrà così come detto da D' Annunzio fare i conti con la durezza .....della roccia (Calcarea, e non granitica come diceva)

e comunque se anche la foto non fosse stata di Gonnesa vedrai ...saremmo sopravvissuti (E' una battuta)

lo so che vuoi promuovere Gonnesa e la cosa ti fà onore, fra l' altro la zona piace pure a me, e te l'ho detto più di una volta, le foto che hai postato prima sono straordinarie, ma che differenza fà, se sono di una miniera, anzichè di un' altra? il lavoro era faticoso uguale, ci sono miniere in tutta la Sardegna, funtana raminosa a Gadoni, c'è l' Argentario ad Alghero, ci sono le miniere della Rimisa, la miniera di talco ad Orani, e tante altre certamente il bacino minerario più importante è l' Iglesiente, fra cui le miniere di Gonnesa facevano parte. Stiamo parlando delle miniere di Materiali ferroso. Piombo e zinco, escludendo quelli carboniferi, perchè anche quì il bacino dell' Iglesiente è molto grande, la Carbosulcis e una miniera in attività con Monte Sini e Seruci il cui territorio ricade a cavallo di tre comuni quello di Carbonia, Gonnesa , e Portoscuso.
meurreddu Inserito il - 20/02/2007 : 01:16:47
Messaggio di cisto


Donne di Miniera…… donne straordinarie




queste foto riguarda una miniera di gonnesa .... ne sono sicuro .. è esposta in biblioteca comunale insieme a tente altre foto di gonnesa ....


meurreddu Inserito il - 19/02/2007 : 11:02:45
cisto per farmi perdonare ti posto un pò di foto .. (scusa ancora )

cernitrici ...



stazzione del treno ..


ingurtosu ... foto di gruppo ..


monteponi pozzo vittorio emanuele ... e pozzo sella


interno miniera ..


ingresso miniera ..


portovesme


trasporti ...


miniera di seddas moditzi (gonnesa )


miniera di seddas moditzi (gonnesa )


terras collu ( villaggio minierario )


miniera di terras collu


gonnesa - stazzione treno


perdonato ?laprossima volta leggo meglio ..



meurreddu Inserito il - 19/02/2007 : 10:15:59
cisto lo sò che le casette sono di porto pglia .. però lapoesia era per gonnesa .. è il comune che ha deciso di mettere le case di porto paglia .. cmq chiedo scusa .. nn avevo letto letto tutto ieri .. ^_^ '...


Adelasia Inserito il - 19/02/2007 : 00:13:40
Non conoscevo il bellissimo reportage di D’Annunzio sulle miniere.... e sono stupita nel trovarvi tra le righe una sensibilità fortunatamente lontana dalla abituale pomposità celebrativa e dalla retorica del cosiddetto “vate”che mi era sembrato, nei suoi scritti sulla Sardegna, insensibile alle problematiche dell’isola (come tra l’altro aveva sottolineato, pur giustificandolo,Salvatore Cambosu) tutto preso dalla celebrazione del Nepente olianese e dalla visione del “pastore come fauno di bronzo” (sigh) di “ Sa spendula” -ammesso e non concesso che in quella poesia ci abbia messo qualcosa di suo- e da un’immagine dell’isola bucolica e incontaminata.
Né più né meno come certi turisti di oggi, che chiedono solo delle spiagge più belle e rincorrono la Sardegna dei loro sogni….

E invece, grazie al pezzo che riporta Cisto, mi ritrovo a ripensare sorpresa a un altro D’Annunzio che, con la sua indubbia grande penna descrive, quasi partecipandovi (lui, il signore del mito del superuomo!) l’inumanità delle condizioni di quella gente il cui “senso della vita è angoscioso”, senza gioie, di quegli uomini così stanchi da non riuscire a fare una carezza, di quelle donne che quasi dimenticano di vivere...Tutto questo mentre il mattino “trionfa”, le celidonie sono in fiore, il mare è azzurro, “il Pane di zucchero emerge ignudo e fiammante di sole tra le volate di colombi selvatici”: sembra dare uno schiaffo, il contrasto tra la serenità e la poesia del paesaggio di quell’angolo di Sardegna e le condizioni senza poesia e senza speranza di chi ci viveva.
Di quel “brulicame” che a me pare di vedere e di sentire tutte le volte che mi ritrovo a percorrere quelle zone minerarie, spesso deserte per chilometri, dove la vegetazione nasconde sempre di più, soffocandoli, ruderi di archeologia mineraria e i ricordi di quelle vite difficili.


cisto Inserito il - 19/02/2007 : 00:12:54
Ancora posto alcune foto che ritraggono il lavoro delle "Donne di Miniera"

Cernitrice (sceglieva fra le pietre )



Vagliatrici (sceglievano le pietre che passavano fra i vagli)




infine all' esterno, sembrano delle formiche lavoratrici






Barbaricina Inserito il - 18/02/2007 : 23:16:51

visto Pan di Zucchero...se non sbaglio si intravvede un pezzettino anche dove caricano il materiale a mano....

vero....non mi ricordavo che la guida ci aveva raccontato che il materiale veniva trasportato a Carloforte...con un costo...diciamo..elevato...e poi con il piroscafo il costo del trasporto era calato...ma sicuramente il minatore non ne traeva vantaggio.....purtroppo....
cisto Inserito il - 18/02/2007 : 23:05:30
brava Barbaricina la prima foto è relativa alle cosidette "Bilancelle" erano barconi in legno a vela latina, che per la maggior parte partivano da carloforte e trasportavano il materiale, la foto invece dove si vede il piroscafo, caricava da come si vede direttamente da porto flavia, vedi che dietro c' è pan di zucchero???
cisto Inserito il - 18/02/2007 : 23:01:44
meureddu ha scritto:

belle foto .. anche se nn credo che siano tutte della miniera do masua .. cmq d'annunzio ha scritto anche qualche cosa su gonnesa



Immagine:

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meureddu, se leggi tutto l' art. anzichè solo il titolo, ti accorgi che è lo stesso articolo, con le cose che hai postato tu poi nella tua foto, come puoi vedere, le case bianche sono quelle relative al villaggio di porto paglia, e non di gonnesa, e ge si biri
Barbaricina Inserito il - 18/02/2007 : 22:41:32

queste foto le ho fatte all'interno della miniera...fotografando....fotografie che erano esposte....

prima gli uomini trasportavano così il materiale per caricare i battelli......


poi è arrivata...la modernità....


...il rullo che trasporta il materiale....(non si vede benissimo....riflette il neon sul vetro...)


...un pò di materiale usato dai minatori....





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